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21 marzo 2015 6 21 /03 /marzo /2015 13:09

di Ninnj Di Stefano Busà

LETTERA IN VERSI: Il gatto certosino - Bomba carta

Giudizio critico su Pardini estratto dal lavoro esegetico di Giangoia e Porro Andriuoli
(a cura di Ninnj Di Stefano Busà)

Un bel lavoro quello effettuato sulla poetica di Nazario Pardini da parte di Rosa Elisa Giangoia e Liliana Porro Andriuoli. I due critici molto preparati e intellettualmente all'altezza di rilevare il talento dove si trovi, mettono in risalto un excursus di molte sue sillogi, in cui viene evidenziata la validità del linguaggio pardiniano, la sua grande abilità nel comporre sonetti, la sua godibile e poetica sigla che negli anni non ha mai esaurito la vena ispirativa, rafforzando semmai, la potenza scrittoria senza esauturarsi, né venire in conflitto con la sua ars potente, ineguagliabile, impostata su un classicismo della migliore levatura. La sua attività è venuta a rivelarsi man mano negli anni, con moltissime sillogi pubblicate che gli hanno valso numerosi e prestigiosi premi. La notevole abilità scrittoria di questo poeta, a mio avviso, consiste nel non essersi mai rivolto a spericolatezze, per farsi apprezzare, ma ha seguito la linea diretta del suo cuore e della sua mente, la sua terragna e favolosa ellade di luce che lo hanno posto in una posizione di avanguardismo lirico di notevole fruibilità. Perché, a mio modesto parere, Pardini è e resta un classico prestato alla modernità: egli sa narrare come nessuno mai, la campagna, i campi, i fiumi, la vegetazione, i panorami, le messi, le albe, i tramonti, le svariate peregrinazioni di un mondo agricolo rimasto invariato nel tempo/luogo della sua infanzia: la sua esorbitante attività non soltanto poetica, ma soprattutto critica e saggistica si evince dai numerosi interventi che lo stesso posta sul web, quale curatore e blogger del suo spazio letterario: il sito <alla volta di Leucade> che propone ai lettori e frequentatori. Complimenti vivissimi ai due curatori della rubrica: -Il gatto certosino- Bomba carta e all'autore stesso, che le ha guidati sulle sue tracce, permettendo ai lettori di gustare nella loro forza espressiva la potenza linguistica di un poeta-nato: che si è andata rivelando giorno per giorno, con giocosi e felici esiti in un'atmosfera di raffinati e notevoli barbagli entro un classicismo che non si è spento del tutto, traguardando con ammalianti figurazioni e amalgame rivisitazioni e stilemi personali, la più impegnativa opera di un poeta moderno, che si nutre di assonanze e metafore, stupende atmosfere e affabulanti, idilliache forme per progettare i suoi itinerari di luce poetica.

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1 marzo 2015 7 01 /03 /marzo /2015 21:31

Intriga il tuo amore,

adombra la bellezza del creato,

si fa elisio selvaggio e innocente.

Lo respiri dai flutti

come raspi alla vigna.

A sciami vi si scioglie

un respiro di cose perdute,

alito breve e raccolto,

fortilizio nudo che ti risucchia,

mentre miriadi d’ali continuano

a mulinare controvento.

Ninnj D Stefano Busà @tutti i diritti riservati

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1 febbraio 2015 7 01 /02 /febbraio /2015 11:02

"EROS" di Ninnj Di Stefano Busà, ammaliante magia dell'amore...

di Salvatore Veltre (psicologo, sociologo e critico)

La poetessa Ninnj Di Stefano Busà è per quanto mi riguarda, da quello che ho potuto constatare nel tempo, un'artista Superiore, sempre con l'animo proteso verso le vette alte della vita e del pensiero. In "Eros" c'è la magia splendida di un purissimo amore, l'essenza di un sentimento che, quando esiste, fa vibrare le corde interiori e le illumina di una sua luce primordiale. La silloge, edita da Tracce di Pescara nel 2013, ora andata in E-book in una versione rivisitata, si lascia apprezzare per le linee ritmiche e sognanti, che la ispirano in fascinose atmosfere dell'Eros e della sensualità, scevre da ogni contaminazione o espressione volgari l'amore vive il suo naturale abbandono dei sensi, nella purezza e nel respiro di un Amore sublime e superbo. Di questa poetessa che conosco ormai da lunga data, mi ha sempre colpito il senso del mistero e dell'incanto dell'essere, il turbinìo di esserci nelle cose del mondo. Poesia delicata dal respiro ampio e potente che sa dare vibrazioni e suggestioni, sprigionando scintille accecanti di luce, ma anche tenebre abissali: "era la giovinezza.../una pur breve eternità cogliemmo da vertigine d'amore" e ancora:"un brivido di stelle,/ un baratro di cellule viventi,/ l'amore che più folgora/ trova sempre l'orlo dell'abisso/ in cui morire e poi risuscitare.". Una poetessa che incanta, che non finisce mai di stupire, dandoci la gioia di un incontro in un momento fascinoso della nostra esistenza, a volte anche con un tocco di amarezza, sa come fare risaltare la parola, intrigarla al respiro del mondo, modularla al fuoco dell'incanto e del sogno: " M'intriga il tuo cuore./ lo respiro da stami e fogliame,/ come raspi stornanti./ A sciami vi si scioglie un respiro di cose perdute." Un libro da leggere e viverlo come sogno d'amore e piacevole ricordo. Un libro che vale la pena tenere tra le cose più preziose, un gioiello.

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16 gennaio 2015 5 16 /01 /gennaio /2015 21:29

di Ninnj Di Stefano Busà

Viaggio col poeta, una rivisitazione in limine del Viaggio Stellare, di Guido Zavanone, Ed. fuori commercio dell’Unesco e Fondazione Novaro, 2014

Una bellissima plaquette di poesie da Guido Zavanone mi giunge in dono con dedica. L’autore non è nuovo ad una ricchezza tematica di tal segno. Le sue raccolte portano il marchio della buona poesia, caratterizzata da una vena ironica e una allegorico-strutturale che sa spingere in alto il verso, fino a fargli raggiungere una sapienza linguistica che mostri l’immaginario come progressione di un viaggio fantastico. Il poeta realizza questo camminamento attraverso l’excursus delle sue molteplici esperienze, suggestioni, memorie, emozioni. Il tema del viaggio è un fattore molto dominante e reiterato nella prospettiva sinergica delle sue metamorfosi, aspira a non interrompere mai la superba bellezza di un lampeggiamento che è davvero un respiro cosmico; la caratterizzazione di un sentire che coinvolge il suo vivere, ma anche indirettamente quello del lettore permettendogli l’assoluta libertà interpretativa, che si realizza in una scrittura piana e comprensibile, fruibile e moderna.

Viaggio col poeta è una fascinosa raccolta, rivisitata dalla sua precedente versione che riportava il titolo di Viaggio Stellare corredata di bellissime raffigurazioni pittoriche di vari artisti, talvolta di moderna astrazione, tal’altre di nuances sorprendenti nelle quali l’immaginazione si perde, non solo nell’attraversamento dei sensi zavanoniani, ma anche dalla dimensione cosmica del corredo pittorico che ha voluto arricchire il fascinoso cammino del poeta in atmosfera di scenari stellari, di allegorie un po’ surreali e un po’ metafisiche di una verità “oltre”: “Navigavamo, per arcipelaghi di stelle/ risucchiati nello spazio e nel tempo dentro i giochi/ alterni e opposte delle quattro forze che ci governano.” e ancora: “ Inseguivo un sogno/ ricorrente e folle/.../ eternamente ruotare insieme alle galassie.” (pag 10)

Vi è in Guido Zavanone la sapienza di una vena tradizionale, ma non mancano le figurazioni metaforiche più ardite, l’estro ispiratore, la religio delle concentrazioni mnemoniche che fanno la differenza. La sua superiorità consiste nel saper disgiungere la vena surreale da una sollecitazione ontologica che ne innovi la spiritualità, nel mentre si rimette all’aspetto onirico il riferimento del suo: Le voyage stellaire attraverso una lente che intercetta l’aspetto metafisico del testimonial attraversandone le contraddizioni, le assenze, le coinvolgenze che la materia umana fortemente impregnata del precario quotidiano riesce ad estrinsecare dall’impianto architettonico dell’essere e dal vigore ispirativo delle sue composizioni.

Vi è, qui, Zavanone in tutta la sua ampiezza surreale e umana. In questi versi, si evince la poesia che incontra la pittura diventando un tutt’uno con essa e liberando simmetrie, accorgimenti e dimensioni di un’arte quasi totalizzante: l’uomo con le sue immancabili peculiarità, le sue pecche, i suoi contrasti che denotano l’incidenza sia pure onirica o solipsistica di un attraversamento che affondi nell’agognato riflesso cosmico la sua parte di luce, e ne indaghi l’immaginario di un campo magnetico di rara perfettibilità che mostra in ognuno aspetti fiammeggianti e crude nebulose nella rappresentazione ineludibile dell’esistente.

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16 gennaio 2015 5 16 /01 /gennaio /2015 21:20

di Carmelo Consoli

“Soltanto una vita” di Ninnj Di Stefano Busà, Edizioni Kairos, 2014

Alle prese con un genere letterario come quello del romanzo Ninnj Di Stefano Busà, acclamata poetessa contemporanea, eminente critico letterario e personalità di punta della letteratura nostrana e internazionale, convince ampiamente e riafferma le sue apprezzate qualità umane e le grandi capacità di scrittura che l'hanno resa così nota sino ad oggi tra il grande pubblico e gli addetti ai lavori.

L'occasione le viene data dalla pubblicazione del suo libro “Soltanto una vita “ della Kairos editore in cui l'autrice dà respiro ad un classico romanzo di collaudata tradizione con personaggi e scenari che appartengono ad un classe borghese di elevato livello e dove si respirano, di fondo, arie elitarie ed idilliache che all'apparenza appaiono alquanto dissonanti con il travaglio umano e sociale della nostra modernità e del nostro tempo.

Un' apparentamento, a prima vista, quello della sua vicenda, con una sorta di telenovelle americane o sudamericane che vanno in scena per anni e dove si recitano struggenti saghe familiari.

Ma ciò non inganni in quanto la Di Stefano Busà da grande interprete dell'antitesi tra sogno e realtà ha voluto, a mio giudizio, sottolineare al meglio lo scontro tra il male, le traversie della vita, il dolore e le oasi paradisiache della gioia, dell'ascesa verso dimensioni edeniche, affondando cioè le sue visioni in un mondo in cui fortune e disgrazie si mostrano nella loro maggiore rilevanza, opposizione e distanza.

Il volume è imperniato sulle esperienze di tutta una vita con un ideale percorso generazionale in cui ognuno di noi può sentirsi coinvolto tra la meraviglia e l'amarezza.

Una vicenda a cui il lettore dà piena condivisione, immergendosi empaticamente nelle note descrittive attraverso il coinvolgimento di tutti i sensi, in una gamma estrema di sfumature, da quelle più materiali a quelle più spirituali e con una continua ricerca della verità del vivere.

La scrittura, che rivela grandi capacità tecniche e si avvale anche dell'effetto reiterato della “contrapposizione”e della “sovrapposizione”, vuole sottolineare nella sua più profonda motivazione come la vita vada vissuta nella pienezza dei propri risvolti sia amari che dolci non rinnegando le fasi tormentate, accettando il peso del dolore; insomma come dire che è importante gioire e dolersi per sé e per gli altri nella costante consapevolezza di una esperienza irripetibile, quale è l'esistenza umana.

Questo è, a mio parere, il filo rosso che unisce la storia e che riafferma quindi la sostanziale saggezza dell'autrice nella ricerca dell'amore e della condivisione della vita.

I due principali protagonisti Julie e George assurgono, nella loro personale vicenda, a simbolo di distruzione e rinascita, ingabbiati come sono in spazi da incubo con le loro prove fisiche ( lei toccata dall'esperienza del tumore e di un aborto, lui colpito da infarto) e liberati poi in oasi paradisiache in cui gli scenari naturali mostrano tutta la potenza poetica dell'autrice.

Ma anche gli altri attori che sfilano, ad iniziare dalla figlia di George, Emily e da suo marito vengono provati significativamente e dolorosamente e quindi si rivela in maniera costante l'antica contrapposizione tra felicità e sofferenza.

Ne viene fuori un volume in cui la Busà mostra una grande padronanza stilistica e concettuale messa in atto attraverso un canto lirico appassionato e costantemente impreziosito dalle corde poetiche straordinarie in suo possesso, in cui l'accento viene posto su fondamentali regole di vita come il rispetto dell'altro, la fede in sé stessi , l'amore e la solidarietà con la malattia e le disgrazie altrui.

Ovunque aleggia l'aura della poesia di Ninnj, persino nell'accuratezza dei tratti psicologici dei personaggi, nei momenti più accentuati di psicopatologia ed ovviamente poi essa si esalta nella carrellata infinita dei luoghi e dei paesaggi esotici passati in rassegna.

Ma davvero sorprende la sua sapienza tematica-descrittiva dove ella si rivela la romanziera esperta capace di dar voce alla piena consistenza di un romanzo dai toni fortemente colloquiali, con innegabile bravura linguistica e stilistica.

L'autrice si dimostra in grado di affrontare il genere narrativo nella minuziosità e genuinità delle cose, cioè di calarsi con cura nei minimi dettagli, soffermandosi lungamente ad affrontare l'approfondimento dei caratteri, cosa che da sempre coinvolge emotivamente e svela in profondità l'anima degli attori messi in scena.

Il lettore segue dunque un seducente percorso nell'accurato tratteggio dei protagonisti e delle loro vicende, alle prese così con un' ampia gamma comportamentale umana che va dalla devianza psichica, alla saggezza, dall'insicurezza alla piena affermazione, dalla discesa nel dolore più profondo, all'ascesa nell'azzurro delle isole felici, dai distacchi dolorosi alla piene riappacificazioni, come accade tra George ed il figlio, per tanti anni divisi, dopo che quest'ultimo era stato affidato alla madre rivelatasi una donna sostanzialmente psicopatica.

Insomma trame e collocazioni degne della mano più sapiente del romanziere con la capacità di una scrittura in grado di affrontare con leggerezza e profondità al tempo stesso tutte le le più ampie tematiche della vita.

Una lettura che invita a coinvolgimenti sentimentali, ambientali, a riflessioni interiori, spirituali, a considerazioni sulla famiglia e sulle relazioni sociali ma che soprattutto sottolinea la forza e la fragilità della vicenda umana e la meraviglia della vita, unica e incredibile.

Vale la pena di sottolineare ed evidenziare il tocco magico della Busà nell'innesco della bellezza paesaggistica e degli scenari naturali anche se poi dobbiamo concludere che non poteva essere diversamente considerando l'altezza e lo spessore unico della sua poesia.

Ma a vincere ancora una volta è l'amore o meglio la ricerca di quella luce che conduce all'amore; una presenza di luminosità costante nella poesia di questa grande autrice, della quale vorrei ricordare il bellissimo volume: ”Quella luce che tocca il mondo” che io ho avuto l'onore di presentare tempo addietro alla “Camerata dei poeti” di Firenze, dove mostra in tutta la sua magnificenza, l'aspirazione al segno salvifico, dopo il calvario delle prove e la discesa in abissali scoramenti.

Come allora, in questo romanzo, avviene uno scavo profondo sul percorso e sul mistero della vita, con la differenza che stavolta viene messa in scena una vicenda che si snoda seguendo dinamiche e scenografie filmiche in cui si viene rapiti e immersi in caleidoscopiche visioni, trasportati nella più coinvolgente adesione nei risvolti delle umane condizioni, dall'estremo dolore alla gioa più esaltante.

Dunque per l'autrice c'è la necessita della riproposizione della grande questione tra luci e ombre, nella sua continua ricerca di un modus vivendi che acclari il mistero dell'esistenza.

Per lei il senso più profondo della presenza umana nel suo percorso vitale consiste nella ricerca dell'amore, nella condivisione amorosa senza limiti che sostiene e ripaga con i suoi stupori emozionali e apre al miracolo, ai sogni, dando il coraggio di opporsi alle lacerazioni del male.

Insomma tutto questo perché la vita è unica e straordinaria e va vissuta con la consapevolezza della sua preziosità.

Complimenti dunque all'autrice capace di accedere al romanzo con assoluta disinvoltura e notevole padronanza di scrittura e di saper dare prova di elargire emozioni e incantamenti al pari della sua splendida poesia ; una capacità, la sua, davvero straordinaria.

Carmelo Consoli

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13 gennaio 2015 2 13 /01 /gennaio /2015 16:50

di Ninnj Di Stefano Busà

Ennesimo intervento sul tema: LA POESIA

Ebbene, ammettiamolo, la poesia non è per tutti, ma solo per coloro che la amano, è un agglomerato di cellule mnemoniche, che come da struttura sinaptica passano direttamente dal cervello alla pagina bianca, dopo aver congiunto e collegato le cellule deputate all’attività di coordinamento; un’attività pseudocerebrale e linguistica che assolve questo compito, al quale si può aggiungere la predisposizione, il sincretismo della parola, l’attenzione per l’arte del linguaggio, la fantasia, l’estro.

In poesia, <la parola> attende la nuova ipotesi disvelativa che le deriva dall’essere trascritta e trasmessa: l’input le giunge dal subconscio, l’appello della chiamata preposta a formularla origina dall’intelligenza del cuore, che le permette di collocarsi in una sua fisiognomica particolarmente gradita o la respinge, altre volte la rinnega, la contrasta, la svilisce, quante cose si compiono a suo danno! Quanta intolleranza, quanto lesionismo e ignoranza è costretta a subire la poesia!

Mi fa rabbia vederla trattare con quel fare pietoso e umiliante, che recita: a che serve?

Lo dichiarò Montale a chiare lettere, ma mi permetto di dissentire: la poesia è una delle innumerevoli doti umane che non dà fastidio, non scomoda nessuno, non s’impone a viva forza, non pretende nulla, non esige alcunché, si rifiuta di giungere a chi proprio la ignora, non la capisce, non la ama: se ne sta lì, quieta e silenziosa senza scomodare alcuno. Se c’è, si fa sentire, se è amata, riama con la stessa intensità, con grato e sincero altruismo.

Spesso ripaga proiettando il poeta in una territorio sconosciuto che è l’iperuranio della sua ricerca.

Lo ripaga delle tristi vicissitudini in cui tutti siamo costretti a vivere, sa donare con gioia quella pagina di armonie o di equivalenze che originano direttamente dal cuore, per riequilibrare contrarietà, sofferenze, dolori, solitudini.

Se la chiami ti accompagna, viceversa se ne sta latente, in un silenzio quasi assoluto.

La poesia non ha accesso all’utile, non ha predisposizione al vantaggio materiale, non s’intromette nell’economia, né si propone alle moltiplicazioni avariate e contraddittorie di un mondo finanziario losco e invasivo, che guarda alla materialità con avido ingegno, con provocante e pervasivo utilitarismo.

La materia lirica non è viziata mai da diniego alla morale, neppure al più sottile e sofisticato meccanismo di risorse che concorrono alle vita greve dell’individuo.

È solo una forza legittima che vuole venir fuori a sedare gli animi, a placare semmai il loro bisogno spirituale, intellettuale, un richiamo all’autenticità metafisica del singolo uomo, mira all’armonia, alla completezza, all’idealità del mondo, perché l’umanità ha bisogno di capire, di sincronizzarsi col suo essere, con la sua entità interiore.

Ma proprio perché non ha nulla da spartire con l’interesse spicciolo, come si può facilmente supporre, (gli fa d’intralcio); è malvista in questo nostro momento storico così pervasivo, asfittico, sclerotico, fatto di un solo “input”creativo: la necessità di accumulare ricchezza...niente di più naturale che la vanagloria in un mondo così - (s)poetizzato – così avido, lontano dall’interesse creativo e lirico.

Ma se ci soffermiamo qualche minuto a riflettere, come si può ben vedere, la poesia non ha mai fatto del male a nessuno, siamo noi che l’abbiamo esauturata, esclusa, sottovalutata, posta ai margini, perché priva di quella forza brutale, meschina, invasiva, deputata al benessere materiale: l’uomo di oggi propone se stesso, è ammalato di protagonismo che gli può dare solo la raggiunta ricchezza, il potere, il successo. La poesia non dà nulla di tutto ciò, nessuna delle tre ipotesi è raggiungibile con la poesia, perché essa è l’emanazione della nostra spiritualità, dell’ingegno; la particolarità unica ed esclusiva, generosa e mite della natura umana la richiede, per distinguerla a livello di superiorità dal genere animale.

Nel coacervo esponenziale della menzogna, dell’ipocrisia, della contraddizione, la Poesia assolve il compito di regolatrice ed esploratrice della psiche umana che ha necessità di formulare il suo bene, la sua condizione di ricognitrice, di viaggiatrice in un mondo disorientato e reso succube dal male, la poesia manifesta il suo vigore, rivela il pensiero di esistere al di là del mondo materico e viziato, estrinseca l’implicito significato dell’intelletto “pensante”, la passione, l’atto espressivo del sentimento, che eloquentemente vuole contrastare l’insignificante, l’animo, il banale; lo richiede con impeto e, talvolta vi riesce, di saper dire l’inesprimile.

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11 gennaio 2015 7 11 /01 /gennaio /2015 10:17

“Soltanto una vita” di Ninnj Di Stefano Busà, Edizioni Kairos, 2014

di Carmelo Consoli

Alle prese con un genere letterario come quello del romanzo Ninnj Di Stefano Busà, acclamata poetessa contemporanea, eminente critico letterario e personalità di punta della letteratura nostrana e internazionale, convince ampiamente e riafferma le sue apprezzate qualità umane e le grandi capacità di scrittura che l'hanno resa così nota sino ad oggi tra il grande pubblico e gli addetti ai lavori.

L'occasione le viene data dalla pubblicazione del suo libro “Soltanto una vita “ della Kairos editore in cui l'autrice dà respiro ad un classico romanzo di collaudata tradizione con personaggi e scenari che appartengono ad un classe borghese di elevato livello e dove si respirano, di fondo, arie elitarie ed idilliache che all'apparenza appaiono alquanto dissonanti con il travaglio umano e sociale della nostra modernità e del nostro tempo.

Un' apparentamento, a prima vista, quello della sua vicenda, con una sorta di telenovelle americane o sudamericane che vanno in scena per anni e dove si recitano struggenti saghe familiari.

Ma ciò non inganni in quanto la Di Stefano Busà da grande interprete dell'antitesi tra sogno e realtà ha voluto, a mio giudizio, sottolineare al meglio lo scontro tra il male, le traversie della vita, il dolore e le oasi paradisiache della gioia, dell'ascesa verso dimensioni edeniche, affondando cioè le sue visioni in un mondo in cui fortune e disgrazie si mostrano nella loro maggiore rilevanza, opposizione e distanza.

Il volume è imperniato sulle esperienze di tutta una vita con un ideale percorso generazionale in cui ognuno di noi può sentirsi coinvolto tra la meraviglia e l'amarezza.

Una vicenda a cui il lettore dà piena condivisione, immergendosi empaticamente nelle note descrittive attraverso il coinvolgimento di tutti i sensi, in una gamma estrema di sfumature, da quelle più materiali a quelle più spirituali e con una continua ricerca della verità del vivere.

La scrittura, che rivela grandi capacità tecniche e si avvale anche dell'effetto reiterato della “contrapposizione”e della “sovrapposizione”, vuole sottolineare nella sua più profonda motivazione come la vita vada vissuta nella pienezza dei propri risvolti sia amari che dolci non rinnegando le fasi tormentate, accettando il peso del dolore; insomma come dire che è importante gioire e dolersi per sé e per gli altri nella costante consapevolezza di una esperienza irripetibile, quale è l'esistenza umana.

Questo è, a mio parere, il filo rosso che unisce la storia e che riafferma quindi la sostanziale saggezza dell'autrice nella ricerca dell'amore e della condivisione della vita.

I due principali protagonisti Julie e George assurgono, nella loro personale vicenda, a simbolo di distruzione e rinascita, ingabbiati come sono in spazi da incubo con le loro prove fisiche ( lei toccata dall'esperienza del tumore e di un aborto, lui colpito da infarto) e liberati poi in oasi paradisiache in cui gli scenari naturali mostrano tutta la potenza poetica dell'autrice.

Ma anche gli altri attori che sfilano, ad iniziare dalla figlia di George, Emily e da suo marito vengono provati significativamente e dolorosamente e quindi si rivela in maniera costante l'antica contrapposizione tra felicità e sofferenza.

Ne viene fuori un volume in cui la Busà mostra una grande padronanza stilistica e concettuale messa in atto attraverso un canto lirico appassionato e costantemente impreziosito dalle corde poetiche straordinarie in suo possesso, in cui l'accento viene posto su fondamentali regole di vita come il rispetto dell'altro, la fede in sé stessi , l'amore e la solidarietà con la malattia e le disgrazie altrui.

Ovunque aleggia l'aura della poesia di Ninnj, persino nell'accuratezza dei tratti psicologici dei personaggi, nei momenti più accentuati di psicopatologia ed ovviamente poi essa si esalta nella carrellata infinita dei luoghi e dei paesaggi esotici passati in rassegna.

Ma davvero sorprende la sua sapienza tematica-descrittiva dove ella si rivela la romanziera esperta capace di dar voce alla piena consistenza di un romanzo dai toni fortemente colloquiali, con innegabile bravura linguistica e stilistica.

L'autrice si dimostra in grado di affrontare il genere narrativo nella minuziosità e genuinità delle cose, cioè di calarsi con cura nei minimi dettagli, soffermandosi lungamente ad affrontare l'approfondimento dei caratteri, cosa che da sempre coinvolge emotivamente e svela in profondità l'anima degli attori messi in scena.

Il lettore segue dunque un seducente percorso nell'accurato tratteggio dei protagonisti e delle loro vicende, alle prese così con un' ampia gamma comportamentale umana che va dalla devianza psichica, alla saggezza, dall'insicurezza alla piena affermazione, dalla discesa nel dolore più profondo, all'ascesa nell'azzurro delle isole felici, dai distacchi dolorosi alla piene riappacificazioni, come accade tra George ed il figlio, per tanti anni divisi, dopo che quest'ultimo era stato affidato alla madre rivelatasi una donna sostanzialmente psicopatica.

Insomma trame e collocazioni degne della mano più sapiente del romanziere con la capacità di una scrittura in grado di affrontare con leggerezza e profondità al tempo stesso tutte le le più ampie tematiche della vita.

Una lettura che invita a coinvolgimenti sentimentali, ambientali, a riflessioni interiori, spirituali, a considerazioni sulla famiglia e sulle relazioni sociali ma che soprattutto sottolinea la forza e la fragilità della vicenda umana e la meraviglia della vita, unica e incredibile.

Vale la pena di sottolineare ed evidenziare il tocco magico della Busà nell'innesco della bellezza paesaggistica e degli scenari naturali anche se poi dobbiamo concludere che non poteva essere diversamente considerando l'altezza e lo spessore unico della sua poesia.

Ma a vincere ancora una volta è l'amore o meglio la ricerca di quella luce che conduce all'amore; una presenza di luminosità costante nella poesia di questa grande autrice, della quale vorrei ricordare il bellissimo volume: ”Quella luce che tocca il mondo” che io ho avuto l'onore di presentare tempo addietro alla “Camerata dei poeti” di Firenze, dove mostra in tutta la sua magnificenza, l'aspirazione al segno salvifico, dopo il calvario delle prove e la discesa in abissali scoramenti.

Come allora, in questo romanzo, avviene uno scavo profondo sul percorso e sul mistero della vita, con la differenza che stavolta viene messa in scena una vicenda che si snoda seguendo dinamiche e scenografie filmiche in cui si viene rapiti e immersi in caleidoscopiche visioni, trasportati nella più coinvolgente adesione nei risvolti delle umane condizioni, dall'estremo dolore alla gioa più esaltante.

Dunque per l'autrice c'è la necessita della riproposizione della grande questione tra luci e ombre, nella sua continua ricerca di un modus vivendi che acclari il mistero dell'esistenza.

Per lei il senso più profondo della presenza umana nel suo percorso vitale consiste nella ricerca dell'amore, nella condivisione amorosa senza limiti che sostiene e ripaga con i suoi stupori emozionali e apre al miracolo, ai sogni, dando il coraggio di opporsi alle lacerazioni del male.

Insomma tutto questo perché la vita è unica e straordinaria e va vissuta con la consapevolezza della sua preziosità.

Complimenti dunque all'amica Ninny capace di accedere al romanzo con assoluta disinvoltura e notevole padronanza di scrittura e di saper dare prova di elargire emozioni e incantamenti al pari della sua splendida poesia ; una capacità, la sua, davvero straordinaria.

Carmelo Consoli

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7 gennaio 2015 3 07 /01 /gennaio /2015 19:54

Soltanto una vita, romanzo di Ninnj Di Stefano Busà, Kairos Edizioni, 2014

di Carmelo Consoli

Alle prese con un genere letterario come quello del romanzo Ninnj Di Stefano Busà, acclamata poetessa contemporanea, eminente critico letterario e personalità di punta della letteratura nostrana e internazionale, convince ampiamente e riafferma le sue apprezzate qualità umane e le grandi capacità di scrittura che l'hanno resa così nota sino ad oggi tra il grande pubblico e gli addetti ai lavori.

L'occasione le viene data dalla pubblicazione del suo libro “Soltanto una vita “ della Kairos editore in cui l'autrice dà respiro ad un classico romanzo di collaudata tradizione con personaggi e scenari che appartengono ad un classe borghese di elevato livello e dove si respirano, di fondo, arie elitarie ed idilliache che all'apparenza appaiono alquanto dissonanti con il travaglio umano e sociale della nostra modernità e del nostro tempo.

Un' apparentamento, a prima vista, quello della sua vicenda, con una sorta di telenovelle americane o sudamericane che vanno in scena per anni e dove si recitano struggenti saghe familiari.

Ma ciò non inganni in quanto la Di Stefano Busà da grande interprete dell'antitesi tra sogno e realtà ha voluto, a mio giudizio, sottolineare al meglio lo scontro tra il male, le traversie della vita, il dolore e le oasi paradisiache della gioia, dell'ascesa verso dimensioni edeniche, affondando cioè le sue visioni in un mondo in cui fortune e disgrazie si mostrano nella loro maggiore rilevanza, opposizione e distanza.

Il volume è imperniato sulle esperienze di tutta una vita con un ideale percorso generazionale in cui ognuno di noi può sentirsi coinvolto tra la meraviglia e l'amarezza.

Una vicenda a cui il lettore dà piena condivisione, immergendosi empaticamente nelle note descrittive attraverso il coinvolgimento di tutti i sensi, in una gamma estrema di sfumature, da quelle più materiali a quelle più spirituali e con una continua ricerca della verità del vivere.

La scrittura, che rivela grandi capacità tecniche e si avvale anche dell'effetto reiterato della “contrapposizione”e della “sovrapposizione”, vuole sottolineare nella sua più profonda motivazione come la vita vada vissuta nella pienezza dei propri risvolti sia amari che dolci non rinnegando le fasi tormentate, accettando il peso del dolore; insomma come dire che è importante gioire e dolersi per sé e per gli altri nella costante consapevolezza di una esperienza irripetibile, quale è l'esistenza umana.

Questo è, a mio parere, il filo rosso che unisce la storia e che riafferma quindi la sostanziale saggezza dell'autrice nella ricerca dell'amore e della condivisione della vita.

I due principali protagonisti Julie e George assurgono, nella loro personale vicenda, a simbolo di distruzione e rinascita, ingabbiati come sono in spazi da incubo con le loro prove fisiche ( lei toccata dall'esperienza del tumore e di un aborto, lui colpito da infarto) e liberati poi in oasi paradisiache in cui gli scenari naturali mostrano tutta la potenza poetica dell'autrice.

Ma anche gli altri attori che sfilano, ad iniziare dalla figlia di George, Emily e da suo marito vengono provati significativamente e dolorosamente e quindi si rivela in maniera costante l'antica contrapposizione tra felicità e sofferenza.

Ne viene fuori un volume in cui la Busà mostra una grande padronanza stilistica e concettuale messa in atto attraverso un canto lirico appassionato e costantemente impreziosito dalle corde poetiche straordinarie in suo possesso, in cui l'accento viene posto su fondamentali regole di vita come il rispetto dell'altro, la fede in sé stessi , l'amore e la solidarietà con la malattia e le disgrazie altrui.

Ovunque aleggia l'aura della poesia di Ninny, persino nell'accuratezza dei tratti psicologici dei personaggi, nei momenti più accentuati di psicopatologia ed ovviamente poi essa si esalta nella carrellata infinita dei luoghi e dei paesaggi esotici passati in rassegna.

Ma davvero sorprende la sua sapienza tematica-descrittiva dove ella si rivela la romanziera esperta capace di dar voce alla piena consistenza di un romanzo dai toni fortemente colloquiali, con innegabile bravura linguistica e stilistica.

L'autrice si dimostra in grado di affrontare il genere narrativo nella minuziosità e genuinità delle cose, cioè di calarsi con cura nei minimi dettagli, soffermandosi lungamente ad affrontare l'approfondimento dei caratteri, cosa che da sempre coinvolge emotivamente e svela in profondità l'anima degli attori messi in scena.

Il lettore segue dunque un seducente percorso nell'accurato tratteggio dei protagonisti e delle loro vicende, alle prese così con un' ampia gamma comportamentale umana che va dalla devianza psichica, alla saggezza, dall'insicurezza alla piena affermazione, dalla discesa nel dolore più profondo, all'ascesa nell'azzurro delle isole felici, dai distacchi dolorosi alla piene riappacificazioni, come accade tra George ed il figlio, per tanti anni divisi, dopo che quest'ultimo era stato affidato alla madre rivelatasi una donna sostanzialmente psicopatica.

Insomma trame e collocazioni degne della mano più sapiente del romanziere con la capacità di una scrittura in grado di affrontare con leggerezza e profondità al tempo stesso tutte le le più ampie tematiche della vita.

Una lettura che invita a coinvolgimenti sentimentali, ambientali, a riflessioni interiori, spirituali, a considerazioni sulla famiglia e sulle relazioni sociali ma che soprattutto sottolinea la forza e la fragilità della vicenda umana e la meraviglia della vita, unica e incredibile.

Vale la pena di sottolineare ed evidenziare il tocco magico della Busà nell'innesco della bellezza paesaggistica e degli scenari naturali anche se poi dobbiamo concludere che non poteva essere diversamente considerando l'altezza e lo spessore unico della sua poesia.

Ma a vincere ancora una volta è l'amore o meglio la ricerca di quella luce che conduce all'amore; una presenza di luminosità costante nella poesia di questa grande autrice, della quale vorrei ricordare il bellissimo volume: ”Quella luce che tocca il mondo” che io ho avuto l'onore di presentare tempo addietro alla “Camerata dei poeti” di Firenze, dove mostra in tutta la sua magnificenza, l'aspirazione al segno salvifico, dopo il calvario delle prove e la discesa in abissali scoramenti.

Come allora, in questo romanzo, avviene uno scavo profondo sul percorso e sul mistero della vita, con la differenza che stavolta viene messa in scena una vicenda che si snoda seguendo dinamiche e scenografie filmiche in cui si viene rapiti e immersi in caleidoscopiche visioni, trasportati nella più coinvolgente adesione nei risvolti delle umane condizioni, dall'estremo dolore alla gioa più esaltante.

Dunque per l'autrice c'è la necessita della riproposizione della grande questione tra luci e ombre, nella sua continua ricerca di un modus vivendi che acclari il mistero dell'esistenza.

Per lei il senso più profondo della presenza umana nel suo percorso vitale consiste nella ricerca dell'amore, nella condivisione amorosa senza limiti che sostiene e ripaga con i suoi stupori emozionali e apre al miracolo, ai sogni, dando il coraggio di opporsi alle lacerazioni del male.

Insomma tutto questo perché la vita è unica e straordinaria e va vissuta con la consapevolezza della sua preziosità.

Complimenti dunque all'amica Ninny capace di accedere al romanzo con assoluta disinvoltura e notevole padronanza di scrittura e di saper dare prova di elargire emozioni e incantamenti al pari della sua splendida poesia ; una capacità, la sua, davvero straordinaria.

Carmelo Consoli

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6 dicembre 2014 6 06 /12 /dicembre /2014 17:55

a cura di Ninnj Di Stefano Busà

 

 

Prefazione

 

Una raccolta elegante che ha la pretesa di significare e interpretare l’Amore come mero fulcro dell’anima, l’unico sentimento che ci può restituire tutto, o almeno in parte, quel grande bisogno interiore di sentirsi doppio, con l’altra metà del cielo.

La poetessa Valeria Serofilli sembra approfittare di una vacanza in Grecia per sfoderare tutta la sua potenza immaginifica, il suo sirtaki, la sua voglia di donarsi al caldo grecale dell’isola incantevole, esorcizzando l’apoteosi dei sensi, alla dolce e stringente realtà di un idilliaco sentimento che la prende fino in fondo all’anima.

La raffigurazione poetica è di grande impatto, i sensi sono allertati e desiderosi di una danza duale, di un incontro alla luce abbagliante, ai venti prorompenti dentro un’atmosfera che sembra rubarle emozioni forti, carichi di quell’ardore che le fa dire:

Tutti gli incensi/ dall’ambra al muschio selvatico

non valgono una stilla / del profumo della tua pelle

dopo l’amore

mentre intesso tasselli musivi sul tuo corpo:

ogni tassello un ricordo/.../ “

 

Così come una nuova Vestale, la Serofilli ama avvolgersi in pepli di nostalgia e di abbandoni, utilizzando schemi fonetici e simbolici di grande impatto emotivo:

 

Quale più annichilente vertigine a stordirmi

e rinsavire?”

Per poi ancora ritornare alla memoria, al richiamo dolcissimo e suadente di una magia amorosa:

All’amore, al fuoco di passione

non chiedo verità

tra il limite del sogno e recriminazione...

 

 in altri versi la poetessa raggiunge l’acme dei sensi in un trascorrimento emozionale che entra  di prepotenza nelle sue viscere, nel suo sangue:

 

Sul tuo corpo tracce

del nostro amplesso/ miste ad altri odori

di cui non mi spiego il senso...

 

 

Sono un oggetto del desiderio, una passione inestinguibile quelli che paiono attraversare le figure retoriche di queste composizioni liriche, per attestarsi a pura e semplice personificazione dell’oggetto amoroso. Una forte vibrazione che risveglia l’anima dal torpore, facendole gustare il miele della frenesia, in moti d’anima percettibili: 

Vendemmia di pelle/ occhi negli occhi.

Se è tutto inganno

inganno sia

perché è questo

il più dolce annegamento.

E continua la sua folle odissea, come Penelope tesse la sua tela, invano, ella si fa magma e fuoco, nelle vene, scorre quel fluido che non dà requie, che mostra la sua emozione in continui assalti e saltuarie epifanie:

All’amore, al fuoco di passione

non chiedo verità

tra il limite del sogno e recriminazione.

 

e trascrive parole di fuoco alla sua pagina appassionata e vibratile, presta l’orecchio alle sibille, come sirene che incantarono Ulisse, ella si appropria dell’immagine letteraria per sovvertire il suo irrazionale afflato cosmico che entra prepotente nel suo rapporto amorevole; lo tramuta spesso in vortice, in abisso, in foresta, in fiore, in albero, lo nutre dell’humus del sogno, in desiderio, in carne che fanno la differenza, mentre si scioglie in lei, la fatica dell’amplesso, che malgrado conceda paradisi inimmaginabili, crea anche abissi di perdizione senza scampo:

E la sete, la pazzia/ la cieca corsa verso il mare aperto

smarrendo il mio sguardo/ oltre la soglia dell’amore.

La poetessa sa che vi è un punto di non ritorno, un transfert che ingenera la follia di ogni trasformazione, forse di ogni abbandono e non può rassegnarsi, lo descrive come un indicibile arrendevole volo, qualcosa che procede a rilento nell’estinguersi, perché ormai è penetrato nelle vene e nel sangue, lasciando spasmi e sofferenze, graffi e contusioni: l’amore dà, l’amore toglie, perciò pronuncia questi versi con pacata rassegnazione, li scandisce attraverso il singulto, il respiro e il canto; come un sogno che sa trasmettere realtà inintelligibili, ella si appresta forse alla fine, forse ad un nuovo addio con evidente sofferenza:

Itaca per me/ è il tuo risveglio

quella frazione di luce, sul tuo volto

la rugiada mattutina, sul tuo petto

il tubare delle tortore, sul cornicione

per il buongiorno

mentre felice dicevo -sono tornate-  (Le tortore sono tornate al cornicione

Questa simbiotica fusione si avvicina ad una sorta di mito che persegue le coordinate dello slancio amoroso, ne marca fortemente i simboli. Vi è una metaforicità che di frequente si abbandona all’azzardo e all’inquietudine di una forza epifanica di resurrezione. La Serofilli, sa misurare l’aspirazione della memoria ad estendersi alla precarietà dello spazio temporale.

In questa raccolta l’empatia entra in gioco prepotentemente, descrivendo tempi e luoghi, intervalli e soste. Tutto evoca un vagheggiamento, una visione onirica che si propaga e dà compattezza alla raccolta, la coagula dentro un presentire amoroso straordinariamente vivo, eppure fragile.

L’idillio è palpabile, crea atmosfere e sperdimenti fisici; l’input emotivo vi entra in sintonia, ma cerca anche una via di fuga. L’anima tenta l’imperturbabilità ma è suo massimo delirante approdo. Una sorta di prodromo dileggio verso quei rari momenti di abbandono è d’obbligo, per ritemprare energie, misurare il turbamento. La poetessa carica di vitalità e di intrecci semantici anche le più piccole antonomìe con impulsi ed estensioni che ne rafforzano valenza e vitalità, raggiungendo per così dire la Bellezza della forma, entro la panica esplosione delle sue configurazioni verbali, che infine ne danno pienezza di esiti tra i più felici e realizzati.

 

Milano 6 dicembre 2014                                                                           Ninnj Di Stefano Busà

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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6 dicembre 2014 6 06 /12 /dicembre /2014 14:15

a cura di Ninnj Di Stefano Busà

 

 

Maurizio Donte, nato a Imperia il 29 dicembre 1962, si interessa alla poesia fin dall'infanzia e comincia a scrivere le prime liriche in prima media. I professori, notandone la propensione lo incoraggiano a proseguirne la composizione. Segue studi tecnici, perito chimico e poi diploma universitario di Tecnico di Laboratorio Medico, ma la passione per la letteratura non l'abbandona. Nel 1988 vince il premio Garlenda per la poesia in vernacolo, seguono molti anni in cui scrive senza fare concorsi o pubblicare nulla.Nel 2012 partecipa a tre concorsi, vincendo il concorso Internazionale "Quelli che a Monteverde" in Roma, si classifica secondo e riceve una segnalazione nel terzo. Pubblica il suo primo romanzo "DE BELLO PARTHICO" per Edizioni REI France nello stesso anno. Il 2013 lo vede ancora secondo classificato al Dino Campana di Morano Calabro e autore segnalato in un altro concorso e giudice alla XVI edizione del premio Mimesis di Itri, presieduto da D.Rondoni.Nel 2014 pubblica Sonetti e Madrigali d'Amor e Guerra con REI France e vince al concorso Nazionale Voci città di Abano Terme il premio speciale della Giuria. Riceve in tutto dodici riconoscimenti letterari, fra i quali, la vittoria al Nazionale Tracceperlameta di Recanati, dedicato al tema di A Silvia, di Giacomo Leopardi, con "Pensando a Silvia". Vince il concorso Internazionale Regina Margherita di Bordighera, con la lirica "Danzavi", è secondo classificato all'Internazionale Memorial Guerino Cittadino di Rende. Terzo classificato al Nazionale Città di Grottammare e quarto classificato al premio Thesaurus, Vedere Oltre e John Keats di Morano 
Calabro. Riceve menzioni e segnalazioni all'Albero Andronico di Roma, al Natta di Vallecrosia e all'Ossi di Seppia di Taggia. Sempre nel 2014 pubblica i Nuovi Canti di Erin e il Cù Chulainn, il Mito del mastino di Cullan, sempre con REI France, due poemi epici incentrati sul tema del Ciclo dell'Ulster, antiche leggende irlandesi, viene notato e inserito dal
professor Nazario Pardini nella sua vetrina di autori contemporanei "Alla volta di Leucade", seguitissimo blog letterario.

Tra fili di trasparente vetro

 

Vorrei non mi sfiorasse mai

la vertigine del finire,

come un'ala di penne d'ombra

che vicino a me invoca

l'abisso del nulla.

Tremo sul limite dell'inconoscibile

e vaga la mia anima turbata

nell'inquietudine del dubbio.

Cerco e non trovo pace

nel silenzio del chiostro,

né sulle tante e tumultuose rive

del deserto dei vivi.

Lambisce questa pazzia, il mio cuore,

e mi sfiora la tenebra infinita.

Non so quale domani

m'attende al di là

di questo andare esitante

da funambolo nell'aria.

 

 

Tempo

Suona potente
l'acqua che corre:
cascata saltante
su umide rocce,
frante dal tempo,
che corre e scivola
lontano come vibrante
corrente, verso
non so quale mare.



Filari

 

Osservo

con sguardo radente

ordinati filari

di vigne, distesi

nel chiuso orizzonte:

non posso dire,

il pensiero muta

ogni istante.

Sfugge, come acqua

dai pugni rinchiusi,

inafferrabile attimo,

perduto per sempre.

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