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30 agosto 2009 7 30 /08 /agosto /2009 10:58

di Ninnj Di Stefano Busà

Il genere umano è soggetto a tanti rischi, tante peripezie, malattie, devianze, conflittualità, contraddizioni, menomazioni, limitazioni, ma niente è paragonabile con quello stillicidio paranoico dello psicopatico che non sa rendere felice, neanche per un momento, l'essere che gli sta accanto: E' evidente che non vive assolutamente bene neppure il responsabile di un tale comportamento, ma in ogni modo chi ha la sventura d'imbattersi in un disagiato mentale, in un disabile psichicamente danneggiato, vede la sua vita trasformata in un inferno.
In Italia sono milioni i psicopatici che dovrebbero stare isolati, quanto meno non dovrebbero accoppiarsi con altri esseri umani, fare figli, mescolarsi alla gente normale, come se niente fosse. Il disagiato mentale non si accorge neppure di essere menomato psichico, crede in malafede (certamente) che migliore di lui, pochi ve ne siano al mondo.
In realtà, la vita, con il responsabile di un comportamento fuori dalle righe, è un cerchio infernale, dove si alternano episodi d'intolleranza, di martirio, di ferocia, di malumore continuo e incessante, dove i momenti di sereno si contano sulle dita di una mano e le occasioni di scontro, di incomprensioni, di ripugnanza, di miseria intellettuale sono moltissimi, forse troppi, per poter dire che la vita non è un calvario.
Se Dio ha portato la croce per la crocefissione, altrettanto fa una donna, quando trova, suo malgrado, un essere disumanizzato, infingardo, miserevole, che sta al suo fianco per la disgrazia di un solo momento di innamoramento, provato in un periodo in cui il partner non mostrava i segni evidenti della patologia, in un momento di dissimulazione dei propri sentimenti e istinti. E' la donna quasi sempre a caricarsi di un peso eccessivo di pazienza e di sopportazione. Spesso per non sfasciare  la famiglia, per non subire l'allontanamento dai figli, per non far ricadere sugli altri la responsabilità ultima della decisione, se ne sta ferma, immobile, a subire angherie, vilipendi, vessazioni, ingiurie, che non hanno la minima traccia di reperibilità nel suo contegno morale, nessuna tracciabilità nel suo modello di essere.
Trattasi quasi sempre di donne intelligenti, colte, responsabili,  lavoratrici instancabili, istruite, sanno fare molto nell'economia domestica, gestire le risorse familiari al meglio riuscendo a realizzare per la famiglia guadagni notevoli e un piccolo patrimonio immobiliare, sono oculate, hanno saggezza e forza di volontà, con una coscienza morale che le vede affrontare ogni sorta di sacrifici, ma anche di angherie e soprusi, pur di non veder sciupare qual patrimonio ingente che è il  rapporto coi figli, coi nipoti, con le persone che le vogliono bene e sanno della sua infelicità, gliela leggono continuamente negli occhi, ma non possono fare nulla per aiutarla, (madre, sorelle, fratelli, generi, nuore, ne soffrono terribilmente) perciò spesso la vittima camuffa, smorza gli angoli, ricorre alle pietose bugie, per non far soffrire i familiari, per non dover ammettere di vivere l'inferno cui è costretta.
Il disturbato mentale infierisce, se vede che la vittima non reagisce, ma se reagisce è ancora peggio, perché gli dà atto di poter incrudelire a dismisura il suo atteggiamento, così se la malcapitata si difende, rincara la dose, ne fa il suo zimbello. Diventa arrogante, presuntuoso, villano, fa di tutto per mostrarsi peggio di quel che è, per poter giustificare in tal modo il suo comportamento patologico.
Si dovrebbe tentare di dargli un aiuto con una visita specialistica, ma spesso l'interessato, quasi sempre di sesso maschile, autoritario e disonesto, rifiuta l'idea di essere anomalo e di aver bisogno di consultare lo psicanalista o lo psichiatra, addossando le colpe tutte al partner, lei...lei...lei...sempre lei ha fatto questo, quello, quell'altro. La personalità immatura, quasi sempre infantile, non si è del tutto sviluppata, ha bisogno quasi sempre di scaricare la responsabilità su qualcuno, questo è sintomatico: non ha acquisito quegli elementi che lo cntraddistinguono e lo portano ad essere responsabile e di possedere gli equilibri giusti per poter far felice la compagna. Non sa discernere il bene dal male, il giusto dall'ingiusto, il poco dal molto, non è in grado di provvedere da solo alla sua sussistenza, ha bisogno di tutto, ma non ammetterà mai di aver bisogno di chicchessia.
Quasi sempre è anche avaro, parsimonioso, o taccagno, perché crede di campare mille anni e di dover ricorrere come l'avaro di Moliere, al gruzzolo accumulato con immense privazioni. Vi sono uomini che si autodefiniscono Dio in terra: hanno sempre ragione, sono insopportabili, opprimenti, catastrofisti, autolesionisti, inutili, pessimisti, non autosufficienti, vigliacchi. ma non ammetteranno mai la superiorità della loro compagna. In genere per il loro carattere di bastiancontrari, non hanno avuto altre grandi esperienze con donne, quindi non sono neppure in grado di attuare su una scala di valori, un termine di paragone con le altre precedentemente conosciute, perché nessuno si accollerebbe un tale peso sulle spalle, più a lungo di 3 giorni, quindi le loro relazioni sono state sempre precarie, instabili, fortemente compromesse dalla loro patologia, repressa per l'occasione e la circostanza di un breve rapporto. Nessuno li sopporta più della moglie, con la quale si sente autorizzato ad accanirsi e con la quale sfoga i più bassi istinti di maschilista fallito, di perenne bambino, continuamente in bilico, tra la realtà e la paranoia, tra contraddizioni e conflitti interiori.
Il responsabile di un tale comportamento non conosce tregua, prima ha alti e bassi, poi ha solo bassi, la psiche malata non si avvede che crea situazioni di disagio da far rabbrividire. Generalmente la personalità disturbata è un logorroico: lui, lui, lui, ne ha per tutti, tranne che per se stesso, principale responsabile di una infelicità senza limiti, inconsapevole di usare il cervello per nient'altro, che a soli scopi denigratori, di lesionismo, di ferocia e cattiveria inauditi. Ha generalmente di sé un concetto troppo elevato, perché agli altri possa suonare compatibile, normale, adeguato al personaggio, di cui hanno intuito qualche crepa, qualche irregolarità gestuale, qualche atteggiamento anomalo o fuori dalle righe, quando necomprendono la mistificazione, lo allontanano, non vogliono più frequentarlo, averci contatti: sicché la poveretta che gli sta accanto perde pure le amicizie, le conoscenze... La misura di grandezza cui si paragona è smisurata e deformata dalla sua apertura mentale troppo gretta e ristretta, è presuntuoso e di basso profilo il suo intercalare, perché si autodefinisce da sé un pozzo di scienza, una mente eccelsa, un signore di alto lignaggio: continua a ripetere e a ripetersi: sono un signore, ero qyesto, ero quello, ho avuto molti dipendenti sotto di me, comandavo, dirigevo, (fatalità, quasi sempre solo se stesso, perché trattasi di  impiegato o a malapena un subordinato che si ritiene un padreterno) .
L'alienato non sa di esserlo, o perlomeno finge, perché non immagina che vi sia altra vita fuori da quell'infelicità, da quel vortice che si crea da solo per annegarvisi dentro e far annegare il partner.
Fa dell'atmosfera inquinata dal suo ego mastodontico, illimitato e protervo, la più grande miniera della storia del mondo, da cui poter scavare il minerale più adatto alla sua vicenda  privata banalissima e senza punti di riferimento, senza contatti esterni, sempre uguale, trita e ritrita: la sua ironia fuori luogo, il suoi sbalzi di umore, la sua anomala atmosfera cinica e barbara, fatta di avvenimenti banali, quasi del tutto inconcludenti, a volte anche di pessimo gusto, di battute fuori luogo, di frecciate amare che intristiscono l'interlocutore, in modo tale da farlo scappare a gambe levate.  Parla a ruota libera, senza riflettere un solo momento e quindi il rischio di dire idiozie è centuplicato.
Non riflette mai sulla necessità di poter dire o non dire quello che pensa, se è l'ambiente adatto, se gli interlocutori sono giusti per la sua ironia, la sua idiozia. L'atmosfera con un tale alieno diventa irrespirabile, si rischia grosso, si sta sempre col fiato sospeso in attesa dell'ultima trovata denigratoria, dell'ultima offesa di turno. Il forsennato, in generale, ne ha per tutti...
La vittima designata è la compagna, ma non lesina polemiche, ingiurie, malevolenze anche a chi gli sta di fronte: amici per lo più, conoscenti, vicini di casa, parenti, ai quali non lesina stupidaggini e affini, senza giustificato motivo, senza limitare la sua parte di logorrea acuta, compulsiva, che gli vale il premio di  -indesiderato-  ovunque egli vada.
Nessuno lo sopporta. Generalmente non ha amici, chi potrebbe sopportarlo più di due minuti?e solo la prima volta che non è al corrente, quando lo conosce bene, non ripeterà più l'esperimento di subirlo, (mai più). Perciò è un solitario, un lupo famelico che va a caccia di vittime designate per maltrattarle, per aggredirle. Desidera luoghi e tempi diversi dagli altri, non sa stare in compagnia, perché fa cose diverse dagli altri, contraddice spesso tutto e tutti, per apparire, per mettersi in evidenza, poiché capisce di non valere nulla, tenta in ogni modo di convincere se stesso più che gli altri di essere  qualcuno , di valere tanto.  Ma, più comunemente è una vera nullità, un ritardato che avrebbe bisogno di intense cure psichiatriche per poter indagare nella sua matrice psicologica malata e poterne estrapolare la causa profonda del malessere, che generamente affonda nell'infanzia difficile, nei rapporti coi genitori, nel disagio socioculturale, nel patrimonio genetico di chi lo ha preceduto e generato, qualche volta è l'ambiente, qualche altra è il disagio familiare, la carenza di affetti a far degenerare il suo stato mentale, nel modo che per punire gli altri castiga soprattutto e solo se stesso all'infelicità, ma anche chi ha la sventura di vivergli accanto.. 
ne esce massacrata, con le ossa rotte. Vi sono cure intensive che possono almeno limitare i danni di una mente deviata, ma non ci si aspetti miracoli dalla psichiatria, poiché un uomo che ha avuto esperienze esistenziali come tutti, e non ne ha tratto i dovuti insegnamenti, non ha registrato un minimo di maturità, non ha ben delineato una demarcazione tra il bene e il male, che ovviamente non sa discernere, non potrà mai guarire in un sol colpo, essere sano; potrà contenere i disturbi più eclatanti, forse, con le dovute terapie rendersi cosciente delle sue carenze, delle sue incapacità, delle sue anomalie, ma non sarà mai in grado di rendere felice se stesso e, soprattutto, di rendere felice completamente la sua compagna di vita.
L'incapacità di amare è dentro, o si possiede il dono che può equilibrare e rendere sereno un rapporto di coppia, o non si compra ad etti, come dal salumiere. La felicità, o perlomeno la serenità si deve conquistare giorno per giorno, ora per ora, coltivando il fiore della saggezza e dell'amore con la cura e l'autoconsapevolezza di un progetto comune che, è l'esatto contrario di ciò che ha prodotto l'infelice, fin dal suo nascere.
Un rapporto d'amore deve essere all'insegna dell'intelligenza per crescere, per autodefinirsi, per ampliarsi. Purtroppo, la disgrazia che capita a chi s'imbatte in questa tipologia di malati definiti "non gravi", è veramente di aggravio esistenziale, finché non si giunge alla conclusione di devianza ossessiva che prelude a qualche gesto estremo, è tale che non basterà tutta la vita a risolvere e a mitigare il calvario cui, suo malgrado, è costretta a vivere la persona che gli sta accanto, la quale spesso, anzi sempre passa dall'amore al disamore, dall'amore all'odio, al risentimento, che sono il contrario dalla stima e completamento iniziali, poiché si passa alla distruzione di tutti gli ideali, i progetti, i sogni che erano stati il progetto in quel lontano momento d'innamoramento.
Il resto è solo storia di vessazioni,e di ingiurie, di prepotenze e di maltrattamenti. La disavventura, infausta e terribile  di una vicenda di disperazione, di regressione, di dolore martirizzanti e costanti, perché l'infelice non cambierà mai, neppure nell'ultimo giorno di vita
. Di ciò si può essere più che certi.

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