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21 dicembre 2010 2 21 /12 /dicembre /2010 14:37

di Ninnj Di Stefano Busà

 

E' un lavoro di indagine psicologico/analitica molto accurato e senza precedenti. Un poema introspettivo tutto da approfondire, uno scavo forte che porta in superficie, dai meandri bui dell'uomo, la forza di risalire dalle correnti del male e giungere ad una riappacifocazione con se stesso e con il senso morale ed etico della coscienza e della conoscenza.

Tra le righe vi è la rivisitazione di una compatta e autoreferente condanna ai mali del mondo: una sorta di esplorazione a 360° nella psiche del genere umano portato alla solitudine e alla disperazione da una sorte infausta che lo rilega ai margini del suo solipsismo, della sofferenza e del dolore, ma contemporaneamente lo mette in allarme su quell'inferno programmatico che si va costruendo da solo con le sue azioni indegne e le sue "bestialità" i suoi istinti primordiali, le corruzioni, le nefandezze di ogni genere.

Gli fa intuire il senso retrospettivo della storia condannandolo ad essere, suo malgrado, uno spettatore piuttosto che un protagonista. La scena in cui si svolge tutto il dramma, consente di avvertire molti riferimenti ai grandi Autori del passato che vengono menzionati e studiati come personalità degne della massima considerazione.

Supponiamo che la scrittrice abbia voluto mettere in evidenza l'impermeabilità delle azioni umane votate al declino, alla conflittualità, al male belligerante che riassumono i tratti peculiari dell'esistente funestato dal suo destino di essere incompiuto, solitario, misero escludendolo dalla salvezza.

Vi è in questo lavoro intenso di ricostruzione e di elaborazione tutto il progetto di voler introdurre ad una revisione programmatica del mondo, stritolato da forze centrifughe che lo collocano molto in basso del pianeta-uomo. Nonostante tutto, e malgrado il linguaggio crudo e cruento, dettati apposta, dall'autrice proprio per mettere l'uomo a fronte del suo dramma, Carmen Moscarello tende a valorizzare il referente umano progettandolo ad una rielaborazione etica, ad un preciso e dettagliato esame di coscienza che lo induca alla "catarsi" rimuovendo le ragioni stesse del comportamento e del fraintendimento. Versi forti, dominati da una energia intellettuale che non è mai retorica, ma vuole trasferire alla storia di oggi la sua parte di responsabilità nei riguardi della sua condotta meschina e miserevole. Taluni riferimenti mostrano avvenimenti del passato il cui bagaglio di cultura e di opposizione alla corruzione furono esempi per l'umanità.  

Un "male" quello di vivere che presuppone le condizioni di pre-morte ancora in vita, un peccato senza remissione, un trascinamento della propria condanna di dolore attraverso i secoli: neppure  il rogo per l'eretico che tuonava il suo je accuse dal proscenio ha potuto evitare il protrarsi del peccato e dell'incesto,. Reiterato attraverso i secoli e trasferiti da una generazione asll'altra i mali persistono: si va dalla pedofilia, alla corruzione del clero, a guerre, fame e genocidi, scorrerie morali di ogni genere, che portano tutti ad un solo unico, imponderabile destino: la catastrofe e la fine ingloriosa dell'uomo sulla terra, passando attraverso le inagibili e intollerabili progettazioni di congelamento spirituale, i quali si sono riadattati in ogni epoca rilegando l'uomo al suo miserevole stato. Né hanno potuto sconfiggere il  -male- le sempre più strategiche e incessanti scoperte, gli avanzamenti del progresso tecnologico, o i rimedi apparenti della medicina, dell'astronomia, dell'astrofisica.

Ogni male sempre torna, a devastare la logica umana, forse perciò, più agguerrita che mai nei cuori degli uuomini a infliggere altre pene e altri peccati da scontare con il patimento e il travaglio della progenie che sembra non avere scampo che quello di reiterare i suoi malifici, le sue contraddizioni, i suoi inganni.

La Storia ce lo insegna: niente è cambiato, ma nel caso in questione "repetita non iuvant" la nemesi storica riproduce il profilo dell'uomo in condizioni di frustrazioni ineludibili e di sconfitte etiche sempre più strabilianti.

Un libro a fortissime tinte, un dramma moderno  che delinea i tratti salienti dell'umanità in condizioni davvero precarie. Carmen Moscarello li fa parlare, presta loro il proscenio, induce personaggi del passato: Giordano Bruno, la Maga Circe...a tuonare contro i riottosi e irrecuperabili segnali di martirizzazione esistenziale, di condanna al dilagare  del malessere, dell'imperfezione del peccato.

Ma l'uomo di ogni epoca resta sordo al  richiamo di recupero, persistente la sua ottusità, inconcludente la sua smania di essere faber del suo viaggio terreno, detrattore della propria immagine e della propria sconfessione. L'autrice prende in prestito dalla Storia alcuni episodi d'intemperanza alla logica, per vivisezionare il corpo infetto del peccato.

E' un'opera che lascia il lettore esterrefatto, lo induce a riflettere sui suoi errori, lo incalza, lo inquieta, ma gli indica la stradina secondaria che porta alla catarsi e forse al ravvedimento.

Il tutto è condito e reso fruibile da uno strano ingrediente, -il responso storico- - , che appare come il bilancio retrospettivo sull'indagine umana di tutti i tempi. Intensamente legante appare il connubio tra Poesia eTeologia, tra il reale e il surreale, tra l'emozione e la suggestione, il bene e il male. Carmen Moscarello è una scrittrice che sa picchiare forte sulle parole, indicare un supporto per arginare il maleficio di essere i peggiori nemici di se stessi, coi tempi che corrono, mi appare un modo estremamente indicativo di far intendere la sorte infausta che toccherà al mondo, se continuerà a cavalcare il male senza pensare minimamente di arginarlo.

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