di Ninnj Di Stefano Busà
Anche le cose piccole hanno una loro condizione primaria di grandezza, che sia affettiva, congiunturale, individuale, che dipenda dai sentimenti o dalle emozioni, non sappiamo...così come le cose grandi hanno la loro fragilità, il loro pudore, la loro profonda ragion d’essere.
A questo grande criterio di vulnerabiltà e di meccanismi difensivi si orientano spesso i sentimenti e, quando si librano con ali straordinarie sul grigio quotidiano e, quando ridisegnano il lato oscuro delle cose, la profondità degli abissi interiori, che, ne determinano, l’altra faccia della luna a mezzo di folgorazioni o vibrazioni, emozioni o suggestioni.
Sigmund Freud esplorò molti tratti della psiche umana, descrivendo in molti modi quel senso d’indeterminatezza, di densità, di sazietà di taluni atteggiamenti umani a confronto di altri di nessun valore.
Vi sono pulsioni che non possono essere rimosse, così come nell’Interpretazione dei sogni (1899) tracciò il modello dell’inconscio freudiano.
La liquidità dell’inconscio descritto da Freud, suggerisce che nel mistero inespresso dell’essere persiste un sentimento opacizzato, fortemente impregnato di simboli, quasi incompiuto, una sorta di non ben definito, che è la nostra realtà psichica, il nostro laboratorio di segni.
Il pensiero creativo emette segnali che non vanno sottovalutati, perché ravvisano forme arcaiche, fantasie inconsce che fanno parte del patrimonio genetico di ognuno.
Cosa spinge ad esempio all’innamoramento? Cos’è un amore, Quale può essere l’illimite di una ragione umorale che stringe due corpi in uno solo,
li fonde, li accomuna, li ingabbia oltre la soglia dell’umano sentire?
L’amore è la poesia dell’anima, il trasalimento più commovente di una ricerca incessante dell’altro da sé.
Tutti abbiamo dentro un interruttore che si accende e si spegne, a seconda delle emozioni emesse in tale circostanza.
Difficile è convogliare tali emozioni, farle scattare nel momento più opportuno e propizio, perché esse diventino storia, vicenda personale che si schiude in diverse combinazioni, effetti o circuiti.
L’amore grande ci rivela a noi stessi, dà segnali di compenetrazione fortissimi con l’altro di sé, rivela il bisogno di completezza, d’integrazione e correlazione con l’altra metà della mela.
Freud osserva che: “al culmine dell’innamoramento la distanza tra l’io e l’oggetto del desiderio rischia di non coesistere”, perché da duali si diventa uno solo, il tu e l’io si (s)compongono in tutt’uno addivenendo ad - una sola cosa” -.
Si destituisce il noi, si accorda e armonizza per fondersi in un solo grande soggetto che resta inesplicabile.
Le due anime in quell’occasione tendono ad unirsi, ad essere l’atto stesso della comunione d’intenti: una forma sublimata dell’amore che non ha eguali.
Vi è nella perfezione di un amore con l’A
maiuscola, una sua già insita perdenza, uno sfondo inquietante di “assenza” che trascorre come un’ala il suo cielo: lo incontri e già sembra sparire foriero di confuse inquietudini, di pena.
L’amore è il sentimento più complesso del genere umano, il più sconosciuto atto che t’illude e ti schianta.
È una pretesa d’immortalità, un’aspettazione che origina da lontano e ti confonde, ti smarrisce.
Ti conduce in territori sconosciuti, ti attrae nel suo intricato moto e ti ingoia, in uno stemperato tempo nel quale non hai autodifese .
Non ti consente incertezze, perché la realizzazione del progetto amoroso ti sottrae all’indeterminatezza, al dubbio.