di Ninnj Di Stefano Busà
E' di questi giorni il bubbone scoppiato in Grecia, la quale è messa in ginocchio dalle speculazioni e dagli affari di una politica incentrata tutta sui conti truccati e su bilanci menzogneri. Il pericolo valanga, (come io lo chiamo) può costituire una sorta di slittamento a catena capace di colpire da un momento all'altro altri paesi dell'Unione Europea più deboli, anelli della catena che non hanno virtualmente di che offrire al reddito tutto smaterializzato dell'economia mondiale.
La finanza globale si è costruita la sua roccaforte sul medio raggio, aumentando a dismisura utili e proventi e lasciando scoperti i fianchi alla media borghesia priva di ingenti mezzi, ma soprattutto ha messo alla fame i poveri e gli indigenti del mondo che sono quelli con minor copertura economica e con stipendi fissi e pensioni da vera sussistenza, per non dire proprio da fame.
Nel marasma di una finanza schizofrenica fatta di titoli speculativi avvelenati si è instaurata una bolla d'inveterati uomini d'affari che diventano sempre più molossi del guadagno facile, respingendo ai margini sacche di povertà sempre più generalizzata e con economie deboli o nullificate da bancarotta politica. I primi si sono andati rmpolpando le ossa con un cinismo e una mancanza di remore etiche da guiness: di quelli per intenderci a cifre 0000000 che non finiscono mai, mentre hanno perso quota e si sono smaterializzati i beni prioritari ricavati dall'economia del piccolo risparmiatore che si vede soccombere in bocca ai pescecani.
Non si vede all'orizzonte come se ne possa uscire da un simile pantano.
Il premier greco ha ammesso di aver truccato i conti, ma ciò non basta a propria discolpa. Ma il problema sussiste solo perché la Grecia fa parte, purtroppo, della moneta unica europea, gravemente ammalata nella sua quotazione in Borsa e demidiata e compressa in tutta la sua area di riferimento rappresentativo.
Ma l'Europa che di recente ha assistito ad un defenestramento dei suoi colossi finanziari, effettuato su bolle speculative da parte di un libertinaggio e linciaggio di prodotti tossici, non può in un momento di crisi planetaria sostenere gli Stati più diseredati. Occorreva prima dell'ingresso in Europa fare una cernita, una selezione di Stati che potessero dare maggiore affidabilità e gareggiare in eguali forze, eguali sicurezze di mercati finanziari.
Accennavo prima all'effetto valanga: quando in un complesso di molte entità viene a cedere un anello della catena, l'effetto domino è assicurato, la valanga, tanto per non essere pessimisti, può trascinare a valle le finte fortezze di altri stati che non hanno uguale forza di competitività con i mercati azionari dell'Unione. La contrazione dell'economia nazionale di ogni membro va di pari passo col P.I.L, sicché se da un lato soccorrere il più debole può essere un dovere dal lato umanitario, non è detto che corrisponda la certezza di veder ridurre il debito , bensì si aumenta il deficit, perché il gettito che viene da aiuti esterni non fa che arrecare un sovraccarico nel risanamento dei conti pubblici allo Stato beneficiario, il quale per non soccombere alla catastrofe economica è costretto a prendere misure drastiche che destabilizzano ulteriormente le precarie condizioni di mercato. Il debito che poi viene valutato in misura di prodotto interno lordo, porta all'aumento delle misure più drastiche, non tiene e implode vertiginosamente. Dinanzi alle incertezze della U.E di lanciare una scialuppa alla Grecia prima che cali a picco, vi sono tassi di interessi spropositati.
A questo punto viene da chiedersi, ma è pur vero che la U. E con la sua moneta unica ha salvato l'Occidente, oppure, come è ben chiaro e acclarato, ha fatto precipitare la crescita mondiale favorendo la crisi planetaria?L'idea di unificare la moneta non governata da un solo potere è stata una follia di cui si pentiranno amaramente le generazioni a venire, che pagherano in termini inimmaginabili con la disoccupazione e il precariato.
In realtà non si è creata una moneta unica, ma un'associazione monetaria di stati membri, di cui il più forte in carica detta leggi e misure da adottare, gli altri con meno voce in capitolo stanno a obbedire. Ogni stato ha all'interno della sua "casa" problemi esistenziali diversificati.
Come si può solo pensare di mettere regole e unificare le legislazioni vigenti se non si va di pari passo? Se uno cammina su territori accidentato e l'altro in pianura, su una bella radura di erbetta? Ma nella fattispecie dove sta l'eguaglianza?
Non è sostenibile una tale progettualità, dal momento che vi sussiste una variante di modelli di vita, di culture, di tradizioni, di politiche, di economia, di sistemi avanzati di democrazia e d'istruzione che fanno la differenza, sia in campo sociale che economico/finanziario.
A distanza di anni appare sempre più evidente il passo affrettato e fuori luogo di voler accorpare etnie diverse con una sola moneta. Come si fa a pensare che una politica di consociativismo, ma anche di differenze sostanziali: politiche, socioculturalismi religiosi, amministrativei, possano stare in piedi guidati dalla stessa sorte? appesi solo al filo che formalmente e non nella sostanza hanno voluto costituire? E' più che evidente, la pura follia. Ormai fanno parte della U.E paesi che fino a ieri facevano parte del blocco sovietico, paesi stritolati dalle indigenze ataviche e dalle miserie provocate da persistenti e inamovibili dittature, paesi e popoli travolti dalla guerra che ha fatto pesi e misure diversificate. L'intenzione dei padri fondatori era certamente quella di un beneficio per i popoli aggregati, avendone essi intravisto pace e prosperità dopo una guerra sanguinosa e una miseria che avevano ridotto ai minimi termini l'Europa: l'era di Hitler, la guerra nel Kossovo, l'Iraq di Saddam avevano fatto dell'area medioeuropea un campo di interessi legati al postcomunismo.
L'U.E di oggi è un coacervo di disuguaglianze pseudodemocratiche, di regole che sbandierano elettorati di democrazie solo all'apparenza che non possono essere considerate assimilabili tra loro, né sono realizzabili progetti e interessi davvero comunitari. Oggi è chiaro, anche a chi sostiene il contrario, che il passo è stato avventato, troppo avventato e precipitoso per dare forti garanzie di successo.
Non si possono aggregare forze diverse, popoli diversi e culture diverse: l'integrazione tanto ventilata e sospirata non è realizzabile, soprattutto, perché le basi si fondano su progetti a lunga scadenza, che è bene valutare prima di affondare come il Titanic nel mare di anemiche contraddizioni, di conflitti, di errori e di mastodontiche sperequazioni che non portano beneficio a nessuno.