di Ninnj Di Stefano Busà
Molte, troppe speranze sono state riposte sulla figura di Obama alla Presidenza della Casa Bianca. Da più parti, ci si chiede? ma non doveva cambiare tutto? Un anno è passato, dunque, sul suo operato, e abbiamo assistito spesso ai suoi discorsi importanti, alle strategie che intende adottare per il ritiro delle truppe in guerra, abbiamo visto la moglie Michelle, adottare sistemi di giardinaggio, abbiamo assistito alla sua onorificenza come Premio Nobel per la Pace nel mondo. Ma è davvero cambiato qualcosa? E' riuscito a dare agli Americani che lo hanno votato a larga maggioranza quei benefici che ha promesso in campagna elettorale? In quest'ultimo anno ha girato il mondo in lungo e in largo, ha incontrato capi di Stato e stretto mani di gente comune promettendo loro il suo intervento e gli aiuti necessari, facendo promesse a destra e a manca perchè cambino i retaggi storici, perché si modifichino gli assetti pregiudiziali della vecchia politica elitaria. La sua buona volontà di dare agli americani, e alle fascie meno abbienti di essi la sanità gratuita, ha subìto un duro colpo con le ultime elezioni. Non è ancora detta l'ultima parola, ma Obama troverà la strada più irta e meno facile per il boigottaggio delle categorie assuicurative che in America sono Leadership di una Finanza ormai conclamata e corrotta, come quella dei banchieri e dei Colossal dell'Economia. Di certo ha cambiato il modello leaderistico, non più uomo-bianco-leader incondizionato di una politica a medio raggio, ma un macho da copertina di Vogue, asciutto, gioviale, multirazziale, mediatico, poco rumoroso ma più efficiente, con la necessità di studiare le problematiche a lungo raggio d'azione, prima di verificarne la reazione degli americani. Un uomo di colore tutto d'un pezzo, vigilato, che non prende le distanze dai problemi reali della gente, soprattutto se disagiata, povera e di colore. Ma non basta. Decisamente non basta la sua interessante leadership da copertina di Rivista a influenzare i grandi Colossal e le regole fisse e immutabili che hanno fatto l'America del passato e di ieri: Ma l'oggi, è altra cosa. Oggi è un crogiolo di masse in movimento, l'oggi è un ginepraio di problematiche e di speranze andate in fumo: l'oggi è un disperato tentativo di porre un freno al disadattamento sociale, alla differenza di classe; e al pregiudizio razziale; l'oggi di Obama è diverso dall'oggi di ieri e di domani, perché egli è chiamato a cambiare davvero il sistema-paese, a modificare gli assetti, le patologie, le lotte multietniche, l'ecologia, la finanza, il sottobosco della malavita che ancora persevera e le mille e mille altre forme di malcontento, di povertà e di disagi sociali ed economici della Nazione che fu la Prima nel mondo, e che oggi non lo è più, e nella quale si sono trovati invischiati e travolti milioni di americani, trascinando poi come uno tsunami o maremoto di enorme magnetudo altre nazioni e l'intero sistema finanziario, morale e sociale del pianeta.
Il suo agire non può che essere l'avanposto di un nuovo stile di vita, di una nuova tolleranza, di un nuovo sistema di affrontare l'organizzazione del lavoro, la sanità, il coacervo multirazziale delle diversità. Il suo mandato è una sfida: una sfida al mondo di domani che dovrà cambiare, dovrà assumere connotati e posizioni diverse, frutto di una meticolosa e puntigliosa presa di coscienza, una revisione dei trattati e dei mandati che lo hanno preceduto. Il suo, a mio parere, è un mandato di interazione, una proiezione nel futuro che si annuncia rischiosa se fallisce, una prova di forza di quanto si può essere oculati a ridurre il deficit federale e creare nuovi posti di lavoro: Anche nella grande Mela il precariato e le forme di squilibrio hanno provocato una strage di posti di lavoro: l'occupazione si è ridotta; nuove sacche di povertà incombono. e premono sulla modificazione dell'assetto sociale dell'intera confederazione americana, che da Obama si aspetta il cambiamento, la variante storica. In gioco ora c'è l'intera Camera dei Rappresentanti del Senato e molti governatori; c'è il controllo del Congresso, dove i Democratici rischiano la sconfitta. I sondaggi sono sfavorevoli: indicano un calo di consenso per Obama, (dicono) per aver aumentato le spese; ma il deficit del consenso riguarda anche la lotta che ha investito la sua decisione sulla riforma sanitaria: giusta e sacrosanta in linea di principio e di giustizia, ma avversata e proclamata come limite da parte dei suoi detrattori che ne vogliono frenare o bloccare la legge. Nel suo insediamento a Washington il 20 gennaio 2009 Obama pronunciò queste parole nel suo discorso introduttivo: "a tutti gli altri popoli e governi che ci guardano oggi, dalle più grandi capitali ai piccoli villaggi come quello dove nacque mio padre, diciamo: sappiate che l'America è amica di ogni nazione e di ogni uomo, donna o bambino che cercano un futuro di pace e dignità. Noi siamo pronti a essere leader ancora una volta...."Obama dunque vigila perché gli Stati Uniti d'America restino portabandiera di eventi bellici risolti ; vigila sulle opportunità di pace nel mondo. Non parla solo di pace, esige e persegue una pace duratura fra i popoli, le qual cosa si estrinseca dalle sue parole d'insediamento alla casa Bianca, ma anche da alcuni segnali di sfida al vecchio sistema. Obama ha proibito la tortura dei condannati, ha disposto per la chiusura di Guantànamo e a più riprese ha riaffermato l'impegno di voler rispettare le convenzioni di Ginevra.
Questi messaggi egli invia alle nazioni d'America e a tutto il mondo, e sono segnali di tolleranza e di rispetto per la diversità, segnali di riabilitazione della Grande america, rispetto al progetto di non belligeranza. Ma tra il dire e il fare corrono gli oceani. Saprà negli anni del suo mandato onorare tanti, troppi mutamenti che ci si aspettano da lui? Saprà convertire la sfide teoriche in fatti concreti? Al nuovo modello del mondo serve ora una vera, profonda trasformazione, e serve una raddoppiata determinazione per ricostruire e riformulare l'immagine degli USA ,che appaiono notevolmente appannati e in sordina ripetto al pragmatismo kennediano dei tempi migliori., o alla grinta dei Bush. Saprà Obama gestire la patata bollente e superare le difficoltè oggettive di un presidente di colore forte di avere dalla sua una maggioranza dell'elettorato, ma come sempre accade molti nemici e pregiudizi razziali e non, a ostacolargli il cammino, a sbarrargli la strada della ripresa e del cambiamento? Sì, perché è di una nuova rotta, di una radicale trasformazione che l'America ha bisogno. per ricostruirsi una nuova immagine e una nuova leadership internazionale.