Ecco, in Alda, la Poesia era la vita stessa, il sangue che le scorreva in vena e le offriva le opportunità rivelative di un sogno. Alda Merini era una mangiatrice di sogni, una mente creativa, fertile, un intelletto lucido che credeva fermamente nelle sue fantasticherie, nelle sue fantasie, una creatura viva, dall'ingegno affascinante, pieno di risorse umane, una donna che aveva dato tutta se stessa alla scrittura, alla letteratura, realizzando dal suo patimento personale il maggiore e più alto valore della parola.
Un pezzo dopo l'altro, i migliori poeti che la Letteratura Italiana ci ha riservati se ne vanno. Prima è stata la volta di Mario Luzi, di Giovanni Raboni ora di Alda Merini, altra grande figura del '900 italiano. La vita e l'opera di Alda sono intrise del suo grande dramma, di quel suo dispogliarsi alla Fonte dell'indigenza spirituale, per dissetarsi ad una sorgente di Luce che difficilmente troveremo ancora in altri poeti.
Il suo magma, la sua immensa solitudine sono immersi in un'aura di grande oscuramento e di lotta, una lotta per la sopravvivenza, una sfida quotidiana al suo "mal di vivere" che l'avevano portato per dieci lunghi anni in internamento, lontano dal mondo e dalla poesia.
Alda era mia amica, aveva fatto parte del Comitato d'onore del Premio "Iniziative Letterarie" per diversi anni. Il suo ricordo rimarrà indelebile dentro di me, perchè non era affetta da nessuna rara follia, ma dalla passione di vivere, era presa dal desiderio di "darsi" al mondo, attraverso la parola lirica che era per lei un sicuro rifugio, il nido e la consolazione ad un disagio interiore che le divampava dentro come un fuoco, facendola apparire talvolta "strana", diversa, eccentrica, inaffidabile...
Ma posso assicurare, (io che la conoscevo bene) che la sua cosiddetta stranezza altro non era che la linfa vitale della sua scrittura. Se un fuoco ci arde, la scintilla e la fiamma diventano senza dubbio le ragioni più profonde delle sue ambasce: una sorta di epifania, un progetto di aspettativa nel futuro.
Mi pare che non sia follia la grandissima passione letteraria di Alda, poiché risentiva della sua inquietudine e del suo malessere, ma non aveva distonie di genere psicogeno o paranoico.Talvolta mi confessava le sue pene e mi commuovevano il tratto umano, la sua forza, la sua capacità di contrastare la vita di tutti i giorni con "l'intelligenza del cuore", e di vederne le cose perfino in positivo. Era saggia Alda, una persona con un grande cuore che teneva in serbo le sue risorse vitalistiche, senza farsi travolgere dalle onde anomale dell'ordinario quotidiano.
La constatazione della sua malattia neurologica non ci allontani dalla sofferenza di un cuore puro, gentile, un cuore in grado di accettare ogni sacrificio in vista di una fede che in lei era incrollabile. Il dolore di Alda Merini era stato profondo e inalienabile. Una circostanza luttuosa per il suo spirito, e davvero sarebbe stato insuperabile per altri l'internemento, tranne che per Alda. All'interno della sua personalità vi rilevavo forze maieutiche che riuscivano a metabolizzare e trasformare il dolore in rassegnazione, qualche volta anche in gioia, perché lo scrivere le donava gioia, si sentiva viva pur nelle risorse cosmiche di un destino avverso, era profondamente attaccata alla vita e al senso mistico liturgico della fede in Dio.
Alda Merini ha sempre saputo lottare e redimere le colpe vere o presunte della sua anima, attraverso un bagno purificatore e catartico, che la calava nelle latebre più fonde per farla poi riemergere alla luce di una ipotetica resurrezione. Proprio come Cristo, ha saputo abbracciare la sua croce che non deve essere stata leggera neppure per uno spirito da "ape furibonda" come lei amava definirsi. I suoi numerosi scritti, le sue opere di narrativa e di poesia resterano a segnare il percorso di una grande e indefettibile fede religiosa, nella ragione ultima della vita, nelle imperfezioni e nei turbamenti o inquietudini che hanno contraddistinto il suo percorso esistenziale.
Alda non si è mai risparmiata, ha saputo superare la linea di demarcazione che la separava dal mondo esterno, attraverso il suo enorme ed eccezionale stato di grazia della sua vena artistica.
L'ultimo ricovero in ospedale, per la malattia che ormai la stava consumando, era stato per lei, (così restìa alla segregazione), un vero tormento. Ma ne intuiva la fine e, quindi accettava la tragica circostanza, con una luce interiore e una lucidità d'animo eccezionali. Alda conosceva il dolore, ancor più di quello fisico, quello morale, e giustificava la sofferenza, il travaglio come drammatici episodi, smarrimenti, turbative dell'essere che servono per avvicinarsi a Dio. Con lei perdo una grande amica, una creatura adorabile che conosceva alla perfezione il patimento umano in tutta la gamma delle sfumature possibili.
L'Italia letteraria perde un pezzo importante della sua pagina culturale.