Overblog
Segui questo blog Administration + Create my blog
1 ottobre 2012 1 01 /10 /ottobre /2012 17:02
Donne in poesia 2012

Prende il via la III edizione di “Donne in poesia” un'iniziativa rivolta a poetesse max 35enni.

L'iniziativa è promossa in forma completamente gratuita dalle case editrici Libraria Padovana Editrice (Padova) e Chelsea Editions (New York) e prevede la pubblicazione gratuita di plaquettes di 16 pagine che verranno distribuite gratuitamente a case editrici, critici e riviste letterarie.

La direzione di questa III edizione dell'iniziativa è assegnata ad Antonella Zagaroli che riceverà i materiali in forma anonima dalla casa editrice che provvederà alla raccolta.

Giovani poetesse inviate i materiali con file Word in allegato e nel corpo della mail è obbligatorio scrivere il proprio nome e cognome, indirizzo (via/piazza, cap, città, nr. telefono o cell.) e la propria data di nascita, alla seguente e-mail:

Condividi post
Repost0
7 settembre 2012 5 07 /09 /settembre /2012 11:11

di Ninnj Di Stefano Busà

 

 Il ragazzo che io fui, di Sergio Zavoli, Mondadori, 2011

 

Un viaggio lungo la vita, quello di Sergio Zavoli, che nel narrare la sua avventura personale ed esistenziale coglie a 360° tutto il panorama attuale della nostra epoca: ribelle, fatua, dedita all’utile, all’interesse, contraddittoria,

votata all’automazione visionaria di un vivere ai margini della vita stessa, non più all’interno, non da protagonisti, ma da controfigure di noi stessi.

Il nostro periodo storico riflette molte mancanze, dà segnali di uno scenario disabitato dalle coscienze, dalle emozioni, dai sussulti intimi.

Tutto è dilacerato e mercificato, ustionato, reso inagibile da una sorta di ridimensionamento frustrante, passivo, azionato da conflitti e da contraddizioni ineludibili, che spesso cancellano ogni traccia di umanità, di intelligenza e di bellezza.

Il mondo è in subbuglio, ma è un disorientamento, uno smarrimento da perdita di contatti reali, da amnesia, da abuso di stravaganze.

Il tempo dell’informatica, dei canali satellitari, dell’usa e getta, del superfluo, si è rivelato un “mostro” raccapricciante che ingoia i suoi cultori.

Camuffato da necessità vi è il “nulla”. La vita non è più irrorata da bellezza, da verità, dal sogno, ma è azionata da una sorta di idrovora che disattiva ogni ragione di “normalità” intesa come raziocinante. Tutto è eccesso, esaltazione dell’ego che dà e, in contemporanea, nega ogni sorta di bene.

“Una contraddizione in termini”, quasi letale, ha invaso le vie della ns. spiritualità, le condizioni morali più qualitative dell’uomo, quelle che portano all’intelletto e al cuore.

Così, l’amarcord di Sergio Zavoli è una riflessione mirata alla comparazione tra due mondi opposti che appaiono due  -epoche- , ma invece si riferiscono a “ieri”. La vita quotidiana, gli stili, le consuetudini, i sentimenti – tutti annullati – nel breve volgere di una generazione, la “sua”: uno scempio di ciò che eravamo e quel che “siamo”.

Paradossale la distanza tra i due “modus”, perché risente di una nostalgia contenuta che riprende l’assenza quasi totale dell’emozione.

Un primo attacco ci viene dal razionalismo “ante litteram” del secolo scorso nel quale i valori venivano messi da parte, per dar spazio alla concezione nietzschiana del super-io. Una forte tendenza a porre in evidenza l’ego al posto del plurale “noi”.

Il ragazzo che io fui” è un’opera che dovrebbe essere adottata nelle scuole.

Ha il tono didattico, non accademico né sentenziale, senza indottrinamento,

scritta sul filo della continuità logica, si avverte il senso dell’umanità ferita e dolorante, la quale può mutare col “ravvedimento” il destino delle cose e del mondo.

Pensare con l’obiettivo dell”utile” è stato il modo meno ontologico e più irresponsabile di vivere.

Perciò, Zavoli vi affonda a piene mani e ci dà il responso del suo parere, che nel riflettere il senso del disordine morale e sociale ai quali siamo giunti, ci indica una via di riscatto, un ripensamento, forse una salvezza “possibile”.

Condividi post
Repost0
4 settembre 2012 2 04 /09 /settembre /2012 17:11

di Ninnj Di Stefano Busà

 

INGREDIENTI x 4 persone: 500 gr di farina, 6 uova, 2 cucchiai di zucchero semolato, 2 cucchiai di zucchero a velo, 1 barattolo di confettura di pesce o di arance, 2 pizzichi di sale, olio extravergine di oliva abbondante.

 

Versate in una casseruola 1 litro di acqua leggermente frizzante, il sale 2 cucchiai di zucchero e 2 cucchiai d'olio. Portate a ebollizione a fiamma bassa, poi versatevi gradualmente la farina passandola al setaccio nell'acqua. Mescolate bene con un cucchiaio di legno fino a quando il composto si staccherà dalle pareti della casseruola (circa 12/15minuti). Toglietelo dal fuoco e lasciatelo raffreddare, poi aggiungete le uova, 1 per volta, continuando a mescolare accuratamente. Ora scaldate abbondante olio in una padella larga antiaderente, e con le mani leggermente unte d'olio prelevate un pezzo dell'impasto e fate tante ciambelline rotonde e leggermente schiacciate nel centro. Immergete le ciambelline nell'olio caldo e fatele friggere da ambo le parti fin quando non appaiano dorate e gonfie. Scolatele e fate perdere l'olio eccedente su carta assorbente da cucina. Sistemate le "anime belle" su un vassoio  e ponete al centro di ogni ciambellina un cucchiaino di confettura. Cospargete le ciambelline con lo zucchero a velo e servite.

Condividi post
Repost0
1 settembre 2012 6 01 /09 /settembre /2012 17:43

I Poeti di Vico Acitillo, di Alessandro Fo, Poetry Wave, Napoli 2009

 

di Ninnj Di Stefano Busà

 

D’incomparabile bellezza e stile queste poesie di Alessandro Fo. Hanno insieme la tenerezza e l’asprezza di una carne dilacerata che si va ricomponendo da sé, si va richiudendo dalla sua stessa cicatrice, dalla pacata dolenzìa di un reperto appartenuto a non so chi o a che cosa.

Enigmatica, profonda, abissale, ma anche magmatica, estrema, avventurosa, fluente, come di fiume che scorre tra due argini che non si toccano mai, ma che nell’equidistanza, nel parallelismo trovano la forza di coniugarsi e trasfondersi.

Così mi appare la poetica di Fo, un raro connubio di “fioriture” mutevoli e “mutanti”, dentro un linguismo che incide notevolmente sulle sfumature, insiste sui minimi particolari, sulle orchestrazioni, sui ritmi sempre intensi, accompagnati da costruenti dettami che mostrano la realtà nuda e remota, ma dentro una liturgia sacrale che li trasfonde e li immortala

Fo è uno di quei poeti che utilizza l’apparente quotidianità dei luoghi, dei tempi, delle cose

pur minime, per dar loro un’aura d’eternità, ridare loro smalto e potenza.

Lo fa con tale maestrìa da imporre loro (alle cose) una veste regale, una forza e vivacità che vanno ad imprimere ai versi un corrispettivo armonico, uno stile suo personale abilmente messo a “punto” da un coordinamento di immagini che sono l’esclusione assoluta di ogni infingimento di scrittura.

Fo è molto abile ad utilizzare strumenti di (re)strutturazione mnemonica che sanno cogliere l’intera gamma del reale e la prospettica visione delle cose.

Pochi poeti come lui hanno la capacità di saper impostare e tessere un tale canovaccio tra l’ironico e la parodia, tra l’affabulazione e il sarcasmo, tra il bene e il male, tra la luce e l’ombra, tra la verità e il nulla: una poesia polisemica che non vive di luce riflessa, ma è fonte luminosa, dà splendore, prospettiva, in forma marcatamente quotidiana; sfiora la gamma completa degli avvenimenti umani, estraendo di ognuno la qualità dell’anima (anima mundi), perché ogni sentimento, ogni verso esprima le caratteristiche peculiari di un messaggio universale, intriso, sì, di tristezza e affanno, ma anche solare in cui vige e si trasforma il vissuto di ognuno, attraverso una perizia (la sua) che incanta, astuta quanto basta, illimpidita da un virtuosismo formale che fa la differenza, fatto di giochi e allitterazioni(?), di metafore e allegorie profonde, quasi ai limiti di un più gozzaniano momento lirico, che interloquisce dal profondo col suo “io” intimo e meditativo.

In definitiva, trattasi di un poeta intellettualmente colto, preparato, con un (so)strato culturale molto elevato che usa la parola come lama quando affonda nel miele, la tratta con la provvisorietà imposta dai tempi e dai luoghi che inevitabilmente la vita impone, ma con una nota distintiva di eleganza, di super raffinata padronanza del linguaggio poetico, come mi pare oggi ve ne siano pochi.

Condividi post
Repost0
29 agosto 2012 3 29 /08 /agosto /2012 17:25

Valerio Magrelli, Natività, Ed. L’obliguo, Brescia

 

di Ninnj Di Stefano Busà

 

 

Quella di Magrelli è una poesia particolarissima, risente di una vena contemporanea che rifiuta l’elegia, e riformula il concetto di una poetica quotidiana, eseguita sull’onda dell’andamento domestico, del tempo cronologico, della temporalità. Una ricognizione a 360° del vissuto ordinario, ma della quale, nel suo profondo si evince la riflessione sulla vita, sull’esistente, si tocca l’amaro di un “sistema” che è ininfluente nei confronti del bene comune, della felicità, del benessere. Travolti come siamo da una valanga di problemi di ordine sociale, personale, culturale, politico, congiunturale giornaliero, risentiamo dell’anestesia dell’anima e da qui, origina l’infelicità dell’individuo, le sue assenze o defezioni, le penurie, le contraddizioni di un vivere precario fatto a immagine di un “mordi e fuggi” di una scontata e deprecabile vita esteriore: spersonalizzata, umiliata, resa sterile dall’automatismo epocale, dal depauperamento morale, intellettuale della società, cosiddetta “consumistica”.

Come nella poesia: “Natale, credo scada il bollino blu” e poi a seguire: “E per conoscenza”, “Questo brusio, il ronzare di congegni!, rendono l’idea  immediatamente di questo conflitto tra l’uomo e la sua estraneità al mondo, tra l’uomo e la sua immagine amebica, anestesizzata, paranoica, che vive in un limbo di paradossali ingranaggi fatti a immagine di asfissìa, di veleni, avvolto “in un estremo brivido/ molecolare d’onde” /.../ questo brusio, il ronzare di congegni/ per l’aereazione, clic di infinite valvole termostatiche, fase o bifase, questi/ panneggi di microvibrazioni/ che avvolgono la sera in un estremo brivido.../” così descrive l’ambiente circostante Magrelli e vi è tutta la forza d’urto, l’urlo soffocato di non riconoscersi “oggetto” in balìa di un meccanismo, di un automatismo sincopato che depreda l’interiorità, la sensazione di potersi autonominare “soggetto” del mondo, senza lo stritolamento, il deterioramento dell’essere. L’attrito rimane forte tra le incombenze da pagare: canone-TV, Irpef, bollino blu del motorino, questo destreggiarsi in un’epoca che non ammette distrazioni, pause, interruzioni: tra bollette, password, codici utente, Pin, (che il poeta definisce “le nostre dolcissime metastasi” attraversate dall’anagrafe telematica che viviseziona ogni gesto, ogni azione umana.

Ma ecco, nel fondo spuntare la nota amara: il riflesso del pensiero che avverte di essere umani in un ambiente ostile, e traduciamo dal poeta: “questo cavo artificio palpitante che è il nostro mondo”. Così non resta che dargliene atto, non restano che parole nel vento, questo declino automatico della coscienza è il risultato della ns. irrequietezza: “di sentire che qualcosa è andato perso/ e insieme che il dolore mi è rimasto/ mentre mi prende acuta nostalgia/ per una forma di vita estinta: la mia.” Una formidabile verità, una definizione di vita assente, di menomazione, di amputazione che avvertiamo tutti, ma soprattutto il poeta, le cui parole avvertono senza ombra di dubbio la vita parallela che ci ostruisce la virtù dell’intelletto, dell’anima e del sogno.

Condividi post
Repost0
23 agosto 2012 4 23 /08 /agosto /2012 17:52

di Ninnj Di Stefano Busà

 

INGREDIENTI: 250 gr. di farina, 250 gr, di mascarpone, 1 cucchiaio di miele, 400 gr. di mele, 4 uova, 150 gr. di zucchero di canna, una bustina di vanillina, 1 cucchiaio di Grand Marnier, 2 pizzichi di sale.

 

Sbattete le uova con lo zucchero finché risulti un composto spumoso. Aggiungete il mascarpone e lavoratelo accuratamente mescolandolo bene, aggiungete anche il miele e la vanillina. Continuate a lavorare il composto, finche non risulti omogeneo e denso. Aggiungete piano piano la farina con 2 pizzichi di sale setacciandola sul composto di mascarpone, aggiungete 1 cucchiaio di Grand Marnier, mescolate il tutto facendo bene amalgamare gli ingredienti. In una tortiera antiaderente e sganciabile, spalmata di burro, versate tutto il composto; ponetelo in forno preriscaldato a 180° per 35/40 muinuti. Fatela raffreddare e servite.

Condividi post
Repost0
22 agosto 2012 3 22 /08 /agosto /2012 14:37

di Ninnj Di Stefano Busà

 

INGREDIENTI x 4 persone: 400 gr. di gnocchetti sardi secchi, 2 bistecche tagliate alte di scamone di vitello, (circa 800 gr) 1 noce di burro, 500 gr. di porcini affettati, (se usate i secchi fateli rinvenire),  2 cucchiai di timo, 2 pomodori grossi e maturi, 2 cucchiai di senape dolce, olio extra vergine di oliva, 1 cucchiaio abbondante di crema Philadelphia, 4 ciuffetti di prezzemolo. 40 gr. di parmigiano tagliato a scaglie, sale e pepe q.b

 

Intanto che in acqua salata fate cuocere gli gnocchetti, affetate a listerelle le bistecche, fatele saltare col burro dentro una padella antiaderente a fuoco vivo, possibilmente fate quest'operazione in due volte. Tenete la carne al caldo tra due piatti. Nella stessa padella con nuovo olio fate rosolare la cipolla finemente affettata e l'aglio tagliato a sottili lamelle. Quando il composto è morbido, aggiungete i funghi finemente tagliuzzati e il timo, fate cuocere per 5 minuti, finché si asciuga il fondo, aggiungete il pomodoro privato dei semi e tagliato a piccolissimi cubetti, fate cuocere per altri 2 minuti, poi unitevi  la carne (lasciata da parte) e mescolatevi la senape e il cucchiaio di Philadelphia. Scolate al dente gli gnocchetti, Sistemateli in un grande piatto di portata: in metà piatto gli gnocchetti, nell'altra metà il composto di carne, spolverate abbondantemente con il prezzemolo tritatissimo e scaglie di parmigiano, servite caldo.

Condividi post
Repost0
19 agosto 2012 7 19 /08 /agosto /2012 18:28

di Ninnj Di Stefano Busà

 

Quando si parla di inutilità della Poesia bisogna fare riferimento ad alcune domande che ci si pone in presenza di essa.

E' utile? e per chi? se ne potrebbe fare a meno?

E' presto detto: la poesia pare non essere utile quasi certamente se si intende dal lato speculativo del guadagno e di mercato, (verba non dant panem), allora, sì, la poesia non ha alcun senso, né diritto di esistere, perchè essa è la meno adatta a far diventare ricco chicchesia - non è necessaria -  perchè non rende denari, ai fini di una speculazione redditizia vale ancor meno, mal si adatta a interessi spiccioli e a miserabili brame, perchè essa origina in interiore e appartiene all'essenza spirituale, a giustificazione del senso distintivo dell'uomo che ne interpreta la sigla di un linguaggio in cerca del suo indefinibile segno, di quella luce che lo determini come soggetto nel processo ontologico di criteri selettivi alti.

Ma la poesia non è mai vuoto di senso, vuoto di significati, perché testimonia la vita stessa, la sua matrice più ricca e nobile, delineando il volto più umano e il tratto valoriale di ogni individuo.

La sua apparente inutilità viene circoscritta al fatto che non tutti la comprendono, e questa potrebbe essere la ragione di un suo rifiuto.

La sua presenza denota invece sentimenti alti, sensibilità e ingegno, si avvale di un linguaggio che nel traurre la gamma dei valori e della coscienza umana, s'inserisce nella storia come patrimonio inalienabile delle sue qualità più elettive.

 

Ogni criterio logico o no, fa capo ad un Ente, ad un segnale di milizia terrena che combatte l'impietosa sostanza materica del tempus fugit, che non è solo cronologico transito temporale, ma visione di un tracciato in funzione di "qualità" nell'azione coinvolgente di una difesa contro la morte.

Non solo per il continuo e lacerante equivoco che s'instaura tra noi e il nulla, tra noi e la verità, ma perché attraverso la poesia si va a instaurare un meccanismo che si autodefinisce e si connota come coraggio di restituire alla vita la luminosità più vera e la sua più alta configurazione di riscatto.

 Una riflessione è d'obbligo, dunque, quando si parla a sproposito sulla poesia, perché essa non è vanità della parola, ma tentativo di recuperare l'interezza entro un ordine delle cose in cui si configuri come atto liberatorio di una umanizzazione che segna ogni destino e riesce a raggiungere un momento ascensionale nella lotta tra sé e il nulla.

 

Condividi post
Repost0
18 agosto 2012 6 18 /08 /agosto /2012 11:44

 

di Ninnj Di Stefano Busà

 

Un sentimento che abbraccia la vasta gamma delle sensazioni, delle suggestioni, delle emozioni a livello conscio e inconscio dell’autore.

Un vero diario in cui il poeta Coco trascrive attraverso la scrittura poetica il suo limpido e chiaro canto d’amore fraterno alla figura adorata e adorante di un finissimo e lucido intelletto, il cui passaggio dalla vita alla morte è stato fulminante e repentino: descrive il calvario degli ultimi giorni, l’sssistenza continua al suo capezzale, quasi a scacciare la morte che lo ghermiva tra le sue spire, l’agonia e infine la resa definitiva, inamovibile.

Si evince una sorta di itinerario in mortis barriera che apre e conclude l’inattesa drammaticità dell’evento che si compie, e ne stravolge i sentimenti, lascia attoniti e perplessi.

Un carico d’amore e di adorazione legava l’autore a quest’uomo (suo fratello), un misto di venerazione e timore, un’effusione ora placata solo dalla fragilità con cui si è vicini alla morte: Emilio che lo assiste, lo copre, allevia la sofferenza come farebbe una mano materna...

l’autore risulta è schiantato da questa esperienza fatale, che vede l’adorato fratello concludere la sua vita terrena a causa di una banalissima caduta accidentale che lo porta, da subito, ad avere le conseguenze tragiche di una agonia pre-morte. Lo assiste nella degenza di una stanza che è l’inespugnabile barriera tra lui e la morte. Michele attraverserà lo Stige con le attenzioni, le cure amorevoli del suo amato fratello, che per scongiurare il suo trapasso, prega tutti i Santi che incontra in quel luogo di tristezza. Quando sente affievolirsi la capacità di recuperare alla vita il fratello, smette di pregare, gli fa scudo col suo corpo nel tentativo di esorcizzare la Dama Bianca che sfronda i suoi prediletti. Una grande descrizione che annota i punti salienti della storia: una storia che commuove; una scrittura intensa, in cui vengono affrontate le emozioni di un’immersione nelle tenebre,  compromessa dal destino che ha voluto separare anzitempo un legame sì forte, come quello di sangue: “Lasciatemi con loro, coi miei morti...”quasi urla, attraverso il pudore che lo attanaglia. Coco avverte la sofferenza della resa, la proiezione del rimpianto che si fa ostile e accompagna la poesia nei punti-chiave di una interlocuzione tenace, fatta di potenti, eppure teneri ricordi.

La forza emotivo-sentimentale è palpabile, si avverte la trasparenza straordinaria di un verso che tutto reclama e accompagna: il dono della notte è un epicedio di note alte, che sanno accompagnare il prodigioso amarcord della vita, malgrado tutto, e nonostante gli affondi temibili della memoria che fa dire all’autore: “Torneremo a incontraci in quel paese/ dove il sole risplende tutto il giorno/.../ lì resteremo eternamente giovani.” Libro straordinario, endecasillabi perfetti che registrano e respirano l’amarezza della sconfitta, ma evocano un’ascesi lirica che resta quasi a immortalare il respiro, la gioia di esser(si) appartenuti in un legame di sangue e d’intenti che li ha accomunati, in un sigillo d’albe e notturne foschie. Come da ragazzi hanno retto alle lusinghe e alle astuzie della vita, opponendovi i loro adolescenziali sogni... Cosicché, ora in accenti di rara preziosità lirica e di perfezione linguistica, il poeta ne riscatti l’assenza: “so che più non sarà com’era prima”, e senza neppure un filo di retorica, il canto ne esce trasognato e struggente. Trattasi di una poesia alta, che sublima il dono e il valore umano dello scomparso.   

Condividi post
Repost0
15 agosto 2012 3 15 /08 /agosto /2012 12:06

di Ninnj Di Stefano Busà          

 

 

NIENTE DI PIU' FACILE E ALLETTANTE, PIU' GUSTOSO E INTRIGANTE PER LA CALURA ESTIVA...

 

INGREDIENTI x 4 persone: 4 grosse friselle, 1 vasetto di pesto, 2 spicchi d'aglio, 2 pomodori morbidi e maturi, 2 mozzarelle di bufala freschissime, 1 vasetto medio/piccolo di filetti di acciughe sott'olio, 12 foglie di basilico fresco, 4 cucchiai di aceto balsamico mescolato a 1 cucchiao di Brandy, sale e maggiorana, olio extravergine di oliva, pepe rosa q.b

 

Grattate sulle friselle gli spicchi d'aglio sbucciati, fatele attraversare dal getto dell'acqua corrente per qualche secondo e sistematele su piatti singoli. Spalmatele con un leggero strato di pesto, allineate sulle superficie di ogni frisella del pomodoro tagliato a cubetti piccoli, le mozzarelle di bufala tagliuzzate a piccoli dadini, guarnite con filetti di acciughe e aggiungete del basilico fresco tagliuzzato finemente. Cospargete con un filo d'olio buono, aggiustate di sale e pepe rosa, e spargete su ogni frisella la maggiorana fresca. Spruzzate su ogni frisella 1 cucchiaio di aceto balsamico + Brandy che avete precedentemente preparato e servite. Eccellente piatto estivo!

Condividi post
Repost0