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15 gennaio 2012 7 15 /01 /gennaio /2012 17:41

                              

BANDO DEL PREMIO LETTERARIO INTERNAZIONALE DI POESIA E NARRATIVA

 

“L’INTEGRAZIONE CULTURALE ATTRAVERSO LA LETTERATURA

Il “CEACM” Centro Ecuatoriano de Arte y Cultura a Milano ed il Consolato Generale dell’Ecuador a Milano bandiscono il 2° Premio Letterario Internazionale “L’Integrazione Culturale Attraverso la Letteratura”, aperto a tutti gli autori italiani e stranieri, senza distinzione alcuna. Il premio si articola in 4 sezioni e puó partecipare ogni genere letterario (noir, thriller, horror, rosa, fantasy, storico, poliziesco, religioso, narrativa per bambini, ecc...). I testi possono essere in lingua italiana, inglese o spagnola. Questo premio nasce dalla responsabilità civica che come cittadini immigrati avvertiamo fortemente, ed è il segno che si può vivere in un’altra società facendone parte a tutti gli effetti, a partire dall’io più intimo e non solo come forza lavoro. Per far questo abbiamo utilizzato uno dei maggiori mezzi espressivi, “la Letteratura”, come linguaggio universale nel quale si avvertono i migliori segnali dell’esigenza culturale e si esprime la capacità del dialogo più universale.

LA PARTECIPAZIONE È GRATUITA –  SCADENZA 17 MARZO 2012

Sezione A – Poesie edite o inedite a tema libero.

Sezione B – Libro edito di Poesia.

Sezione C – Libro edito di Narrativa.

Sezione D – Libro edito di Narrativa per bambini. (fiabe, favole, racconti)

GIURIA Ci teniamo a precisare che il premio è senza fini di lucro, e il costo del medesimo è autofinanziato grazie alla collaborazione degli sponsor che sostengono l’integrazione culturale.

Presidente del premio è Guamán Allende, Addetto Culturale in Italia, che coordinerà i lavori della giuria presieduta dalla Prof.ssa Ninnj di Stefano Busà e dai componenti: Scrittrice Sveva Casati Modignani, Prof. Maurizio Cucchi, Dr. Corrado Calabrò, Prof. Davide Rondoni, Prof. Alessandro Quasimodo, Prof. Michelangelo Camelliti, Prof. Franco Loi, Don Alessandro Vavassori, Prof. Haidar Hafez.

 REGOLAMENTO

Art. 1 -  Sezione “A” Poesia edita o inedita a tema libero: si partecipa inviando massimo 2 poesie in 3 copie, una delle quali dovrà essere corredata dalle generalità dell’autore. Oltre al cartaceo, si dovranno fornire via e-mail le 2 poesie per l’eventuale pubblicazione a: premioletterarioga@hotmail.com

 

Art. 2 - La partecipazione comporta il contributo/acquisto anticipato di almeno una copia dell’antologia del premio del valore di 15 euro ciascuna (é garantita la presenza dei CV di 10 righe all’interno dell’antologia di tutti i partecipanti). I contributi saranno donati per il 50% al CEACM per l’acquisto di materiale scolastico per gli alunni che frequentano i corsi del CEACM presso l’Istituto Leone XIII di Milano, e l’altro 50% sará invece destinato all’acquisto di testi scolastici per bambini, che saranno donati a una biblioteca scolastica delle zone rurali dell’Ecuador.

Art. 3 - Le opere di ogni sezione devono essere inviate in tre copie. I dati anagrafici dell’autore (nome, cognome, luogo e data di nascita, indirizzo, telefono, ed e-mail) saranno accompagnati da una dichiarazione firmata, della proprietà e originalità della propria opera, nonché dell’autorizzazione all’eventuale pubblicazione senza richiedere compenso alcuno, e del consenso al trattamento dei dati personali, nell’ambito del premio, ai sensi dell’art. 11 del D.Lgs. 192/03.

Art. 4 - Inviare un breve curriculum vitae di 10 righe a: premioletterarioga@hotmail.com

Art. 5 - Tutte le opere dovranno essere inviate entro e non oltre 17 marzo 2012 (farà fede la data del timbro postale) accompagnate della ricevuta di versamento di 15 euro, con causale “contributo antologia 2012”, versato sul C/C EXTRABANCA Via Pergolesi, 2/A – 20124 Milano IBAN: IT60X0339901600000010101292.   Pacco postale “PIEGO DI LIBRI” intestato a:

CEACM Premio Letterario

c/o Consolato Generale dell’Ecuador a Milano

Via Vittor Pisani, 9  -  20124 Milano – Italia

 

Art. 6 - Sono previsti premi in denaro per i primi classificati di ogni sezione, nonchè trofei, targhe e menzioni d’onore. I premi dovranno essere ritirati personalmente o da persona munita di delega e non è previsto nessun tipo di rimborso spese per i premiati.

 

Art. 7 - Possono aderire autori italiani e stranieri con testi in lingua italiana, inglese o spagnola, è possibile partecipare a più sezioni e con più opere.

Art. 8 - Gli autori, per il fatto stesso di partecipare al premio, cedono il diritto di pubblicazione all’interno dell’antologia del premio, senza avere nulla da pretendere come diritto d’autore. Tutti i diritti rimangono dei singoli autori.

 

Art. 9 -  Gli scritti non dovranno contenere frasi o riferimenti offensivi verso, persone, enti o istituzioni varie.

Art. 10 - Le opere edite pervenute, non saranno restituite, rimarranno alla biblioteca del CEACM, catalogate e messe a disposizione dei lettori.

Art. 11 - Il giudizio della giuria sarà inappellabile e insindacabile, gli autori premiati saranno avvisati tramite e-mail e telefonicamente entro il 26 aprile 2012, saranno pubblicati sul sito www.ecumilan.org www.guamanallende.com www.agorafutura.net e inviati alle riviste e ai quotidiani nazionali. La cerimonia di premiazione si terrà a Milano, sabato 26 maggio alle ore 15:30 in luogo da stabilire.

Art. 12 - Info: premioletterarioga@hotmail.com www.guamanallende.com www.agorafutura.net www.ecumilan.org Tel: 3341425818

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14 gennaio 2012 6 14 /01 /gennaio /2012 14:10

Note critiche di Maria Adelaide Petrillo

 

L’ASSOLUTO PERFETTO

di

NINNJ DI STEFANO BUSA’

 

 

Per chi alla preghiera si accosta per consuetudine, scelta, aspirazione interiore, o per chi è alla ricerca di una luce che non sia offerta dalle modalità tradizionali, quest’opera di Ninnj Di Stefano Busà è fonte di arricchimento inestimabile.

Riscoprire meditando il valore del “kalòs kai agathòs”, nella nostra società corrotta, caotica e distratta, è riappropriarsi del tempo (non del krònos, ma del kairòs) che si fa goccia di eternità.

Parlare “di” Dio, parlare “a” Dio, parlare “con” Dio, parlare “per” Dio … Allora il poeta diventa profeta: La poesia di Ninnj Di Stefano è preghiera e la preghiera si fa poesia mistagogica: ci prende per mano e ci conduce fino alla soglia del mistero; così, tolti i calzari, perché là oltre è terra sacra, possiamo entrare nel segreto e rimanere muti  (immobili nell’adorante atteggiamento dello “stabat mater”), ricercando nel cuore risonanze di quest’armonia: “solo la fede erompe come un tuono” “Sento ardere l’incenso all’altare/sciogliere come cera al sole la mia indifferenza”

Ninnj Di Stefano, in certi passaggi, riecheggia con lo stesso vigore i versi di David Maria Turoldo, il quale in una sua poesia innalza il suo lamento: “ I poeti non hanno più canti, non un messaggio di gioia, nemmeno una speranza …” e invece ecco la poesia della Busà che ci dona un canto puro di speranza.

C’è nei Suoi  altissimi versi una fede che si fa umile e povera, una fede orante,  che acquista un forte potere catartico.

Questi versi non hanno il sapore di un impulso improvviso, ma scaturiscono da una macerante ricerca interiore. C’è un “legere” (andare in cerca) la Parola che ha il sapore della “lectio divina” appresa alla scuola dei monaci  (nella primaria forma di Guigo Certosino) con una lenta “ruminatio” con un passaggio che si innalza dalla “meditatio” fino alla “contemplatio”: è un salire che conduce più su alla “Gloria di Dio”

“Vertigine d’attesa” “Dio è vivo, ha resistito alla necessità della morte/ per ampiamente rinascere all’eterno”

E qui siamo nella teologia pura, cara a Papa Benedetto, il quale, alla necessità del Cristo di morire, dedica intense riflessioni nel suo “Gesù di Nazareth”

Ninnj Di Stefano scrive questi versi con la consueta maestria ed efficacia poetica, ma in quest’opera c’è un tocco in più che la pervade e raggiunge una misura alta del suo “poiein”, perché è presa misteriosamente dall’Amore di Dio che Le fa dono di esprimere l’ineffabile: ciò che le parole non sanno né possono dire:

Ti sento,/ oh, se ti sento essenziale, inaffondabile/ palpitante abbraccio delle stelle…

“fammi degna della tua infinità”

“Dacci la parola che ci disveli/ l’erba secca ha bisogno di rugiada”

Da questo “Assoluto perfetto” possiamo tutti attingere gocce di rugiada che ci aiutino un poco a placare la sete di Dio che tormenta l’animo umano.

La poesia fa bene al cuore e all’intelligenza, la sua metamorfosi in preghiera, dalla zavorra del quotidiano sopravvivere, ci solleva “su ali d’aquila”, ci fa volare nell’immenso e respirare l’infinito.

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13 gennaio 2012 5 13 /01 /gennaio /2012 15:28

di Ninnj Di Stefano Busà    PIATTO RAFFINATO E VELOCE

 

x 4 persone

 

INGREDIENTI: 600 gr. di pesce spada freschissimo, il succo di un limone, 3 rametti di prezzemolo, olio extravergine di oliva, sale e peperoncino piccante.

 

Lavate bene il pesce, affettatelo sottilissimo, (o fatevelo preparare dal pescivendolo) con l'affettatrice. Immergete il pesce in un infuso di olio, il succo di limone spremuto, una grattatina della buccia, il prezzemolo tritatissimo. Aggiustate di sale e peperoncino. Lasciate in infusione per mezz'ora circa, avendo cura di rigirarlo ogni tanto. Sevite il carpaccio con un Taburno bianco Coda di Volpe o con un Falerno del Massico bianco.  

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13 gennaio 2012 5 13 /01 /gennaio /2012 15:05

di Ninnj Di Stefano Busà

 

X 4 persone

 

INGREDIENTI: 4 carciofi, 1 spicchio d'aglio, 4 uova, 10 cucchiai di pangrattato, 10 cucchiai di pecorino grattugiato, 1 limone, 2 rametti di prezzemolo, olio extravergine di oliva, sale e pepe,

 

Pulite i carciofi, eliminate le foglie più dure ed eventuale barbetta, tagliateli a spicchi sottili, spruzzateli con il succo di limone (perché non anneriscano) e metteteli a lessare in acqua bollente salata, finchè appaiano cotti (circa 10 minuti). Scolateli e tritateli grossolanamente con un coltello affilato o con la mezzaluna. Metteteli in una terrina, aggiungete, il pecorino, l'aglio tritato finemente, 3 delle 4  uova sbattute, 3/4 del pangrattato, il prezzemolo finemente tritati, sale e pepe. Impastate con le mani tutti gli ingredienti, finché risulti un impasto consistente. Fate delle polpette come noci (un po' allungate). Passateli nel rosso dell'ultimo uovo e poi nel pangrattato. Friggeteli in una larga padella antiaderente con abbondante olio bollente. Man mao che sono rosolate da tutte le parti estraetele e lasciatele su carta assorbente da cucina a perdere l'olio in eccesso. Servite tiepide o fredde su un bel letto di rucola o di altra insalata.

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12 gennaio 2012 4 12 /01 /gennaio /2012 10:13

a cura di Ninnj Di Stefano Busà

 

Altra “piece” teatrale di grande spessore lirico, come ormai ci ha abituati Carmen Moscariello, la quale dopo il suo recente “Giordano Bruno, sorgente di fuoco”mette in versi una rivoluzionaria indagine metastorica in grado di offrire la potenza della voce introspettiva.

Quella di “NON E’ TEMPO PER IL MESSIA”infatti, non è comune sceneggiatura o regìa per declamare nelle platee del mondo, è poetica che squassa i timpani e lascia tracce di Trascendenza dai contorni sfumati, ma carichi di un’emozione musicale propiziatrice al dire, che va oltre: origina dalla reinvenzione di segni che avvertono l’ampia misura del dissenso di oggi, nei confronti di un Ente Superiore quasi dimenticato o rimosso, (da qui il titolo), che vigila le nostre forze nello scenario di un canto, quasi primordiale, votato alla notte dei tempi, a quella Verità fatta di ipotesi, ma anche di aperture alari verso il cielo.

La poetica di Carmen Moscariello lascia stupefatti, perché sa trovare la formula più idonea della comprensione verso una tematica difficile e ostica come è quella a sfondo religioso, che adempie al compito di indagare sul Mistero della fede, dentro quel credo subliminante e divaricante quale può essere l’esplorazione nei territori dell’Incognito.

Un tuono, per così dire, un boato d’immense proporzioni, che intende portarsi oltre il limite della parola provvisoria, banale, sterile; sviare dalla miseria umana, verso lidi più estesi in differenziali di energia spirituale, rinnovando un coro d’angeli, intonandolo ad una Misericordia, ad una Pietas che vanno oltre, ben oltre, il limite della percezione di un clima ad effetto.

L’opera dell’autrice intende accordarisi a pause di riflessione e di scavo nei luoghi di Dio: “Il poeta ha solo la parola/.../ vorrebbe egli gridare per i mille che non hanno volto.”

La poetica di Carmen è matura, è limpida, è cristallo di rocca dentro l’oscurantismo cronicizzato del nostro miserevole margine terreno, sa imprimere una svolta alla logica  di una indagine cristologico/fideistica/ecumenica come pochi.

La natura stessa dell’autrice sembra portata ad affrontare problematiche aspre, vette impervie, visitare altari dimenticati, luoghi inconsueti, nicchie oscurate dal perdono, abiurate da un’eclissi di Luce, dove il misfatto e il Male si accumulano per inerzia dei sopravvissuti o per allontanamento dai luoghi di culto: noi che ci assumiamo l’impegno di evadere dalle cose sante e giuste non teniamo mai d’occhio  -la verità dell’oltre- la parte più accorata dell’ io che ci avverte di un’assenza o di una presenza occultate dalle tenebre o, che dir si voglia, da uno scetticismo agnostico e dall’indifferenza verso Dio.

Carmen Moscariello si fa interprete di una speranza, portavoce di una premessa nobile che è quella di divulgare la parola profetica all’interno dei lettori di poesia:  e “ il dies irae ,/ spogli davanti a Dio”, lo mostra in tutta la sua equazione  -sine qua non - : niente Dio niente salvezza, pare voglia intendere l’autrice.

La sonorità del suo canto è come quella di un òboe che suona musiche celestiali, tali da distogliere dalla noia e dall’ignavia, riflettere sulla luce sempriterna di una Gloria superiore, a fronte di una cecità gnoseologica.

E’ significativo affrontare l’Assoluto, avendo integro il senso della vita, la tipologia di una riconciliazione in Cristo, una chiarezza tensionale verso una creazione di Grazia che sia un itinerario dello spirito, un travalicamento della parola, in modo che essa sia forgiata  a strumenti gnoseologici che riconoscano la trasmutazione mortale, sanno l’impedimento di ognuno nel guardare “oltre”

Allora, è l’anima il progetto della Pietà cristiana? l’illuminismo della ragione assente che ne formula il dissidio con la corporeità materica? corpo e anima troveranno un’intesa, un’armonia che instauri quella sorta di scintilla? può mai divenire catarsi salvifica l’attuale perseverante diniego delle regole?

Avere forti radici è necessario per arginare il Male, identificarsi alla Purezza dell’aldilà, alla connotazione ultima che effonde un richiamo di forte ispirazione cristiana.

E’ necessaria una devozione ai principi fideistici che coincida con il significante, scandito a lettere d’oro nel panorama della speranza, nella metamorfosi di una libertà che, dall’Immanenza costruisca la Trascendenza, attraverso il Concetto unitario, inamovibile dell’Eterno.

Sul piano etico, questa poesia è anche un canto alla vita, uno squarcio pigmentato dal dolore, dal dubbio che nella visione storica cerchi il pensiero della creazione, la sigla del de rerum sapiens.

L’acutissima sensibilità dell’autrice ce ne dà numerosi esempi. La dignità stilistica sa sprigionare istanze di vero  fervore: l’ignoto si dà dimensione analogica, metaforica, senza trascurare il disegno dell’ambiguità lirica, che è davvero sorprendente, per tutti i testi di questa superba raccolta lirica: “Nessuno ha pietà./

Il poeta attraversò lo Stige./ Nel buio la morte del mondo senza Dio.” infine conclude con “Eterno è il pensiero di Dio” epigrafe di genuina espressione letteraria che, pur nella sua semplicità, intravede nella figura di Dio la visione e la dignità del suo contraddittorio, l’indivisibile condizione d’inquietudine solipsistica e metafisica, come trasfigurazione e dimensione più umane.

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10 gennaio 2012 2 10 /01 /gennaio /2012 10:40

a cura di Ninnj Di Stefano Busà

 

Il poeta, se è vero poeta, conosce bene la formula personale con cui presentarsi, a cui improntare i suoi versi, come ad una sorta di identificazione all'io più profondo, deputato a dare immagini di sè al mondo.

Non fa eccezione Giuseppe Napolitano. Un poeta che ha saputo imprimere al suo percorso lirico una trama d'ineludibili aperture verso l'esterno, in una più complessa vicenda letteraria che s'innesca nel solco della moderna poesia e tutta l'attraversa.

Il filo conduttore di Giuseppe Napolitano spesso non è nuovo a tendenze neorealistiche del paesaggio d'anima, reso in un contorno di colori e di abissi, di chiaroscuri e di luci spesso ineludibili dalla sua personalissima identità.

Vi è nel sottofondo di questa poetica, e si evince dal riverberato nucleo interpretativo, un forte spessore classico, ma volutamente sfumato e interpretato in tono mai elegiaco, di forte impronta moderna, attraverso un diluvio di immagini, di impasti quasi sonori o insonorizzati da parole -chiave: Prendi la mia voce/ portami nell'eco/ prendi la mia immagine/ portami nella tua ombra/ Sul paese del sogno io/ sono una nube solitaria/ là dove tu sei un luogo per ritrovarsi."

Versi che ti lasciano all'intensa emozione che suscitano.

La lucida analisi dei fonemi lascia dietro di sè un'indagine che scaturisce dalla commozione o emozione.

Da una composizione all'altra e sotto diversi titoli, assistiamo ad un procedimento di postmodernità della poesia, ad un realismo mai asfittico o insincero, che contiene quasi sempre un palpito nuovo, mai banalizzato o sterile. Ma, seppure scostata dal solco della tradizione, e non allineata a criteri di ordine classicheggiante, questa poetica sa dare lauti frutti, sa planare alla caduta negli abissi, sa rinnovarsi nel solco di un tirocinio verbale tra i più alti. 

Es. in "Apparenza di certezza"

 

Solo se riesci a toglierla poi scopri

di avere un'altra maschera sul volto:

il tuo che più non ricordavi fosse

somigliante così tanto a quel che sei.

 

Magnifico esempio di esclusione metrica, che pure sa imprimere con asssluto nitore un verso che lascia il segno.

Nella poesia di G. Napolitano emergono i segnali di due momenti a confronto: l'uno nel solco della tradizione, che si sforza di rimanere in limine, l'altro che puntualmente verifica e cerca un modulo linguistico e l'orientamento ad un verso nuovo, asciutto, scarno, conformato al quotidiano, guidato da una sapienza scrittoria che vuole imporsi ai tempi, alle logiche demodé, a forme liriche obsolete.

G. Napolitano è se stesso fin nelle più intime fibre e nel testo "Quanto di te" datomi in omaggio a Formia nella circostanza di un occasionale incontro al Premio Tulliola, lo dimostra:

Non ho più rifugio

Mi rifugiavo

in me

quando non essere

con te

volevo.

Nudo senza più questo

bisogno

non so rifugi

di cui parlarti ancora.

C'è da chiedersi se il testo è rivolto al dono della poesia o se vi è una figura femminile in sottofondo ad ispirarlo.

L'ambiguità di cui accennavo, resta, poiché tutta o quasi la produzione di Napolitano è improntata a quest'atmosfera rarefatta, quasi una sorta di fedeltà alla precarietà del dire, al doppio significato dell'essere, che si mostrano in tutta la loro splendida ambiguità, come si addice alla vera, alta poesia di tutti i tempi. 

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10 gennaio 2012 2 10 /01 /gennaio /2012 09:38

a cura di Daniela Quieti

 

Quella luce che tocca il mondo di Ninnj Di Stefano Busà, prefazione di Emerico Giachery, Bastogi 2010: titolo già di per sé emblematico di un quid che ci trascende.

Altissimi versi che toccano abissi d’anima, e per le quali necessitano attente riletture per afferrarne tutta la significativa profondità. Un’indagine esistenziale di pregiata vis poetica, un canto di verità che emoziona, commuove, schiude ‘giorni d’ambrosia’ in ‘un trionfo di riverberi alati’ dalle sembianze spesso amare, eppure celestiali, che liberano, elevano il ‘rastremare d’anima indifesa (…) tra foglie ostili (…) tentacoli d’argilla’. 

Nell’‘inventario dei ritardi’, nel ‘tempo incarnato’, attraverso la ‘poca verità da custodire’, pensando ‘alla madre’ nella ‘stagione degli inganni’, l’Autrice cattura anche nell’indice lirico, come a delineare nuove melodie, accende bagliori di raziocinante speranza se ‘ancora cercheremo’, ‘corpo al vento’, fra ‘case bianche e libeccio’. Tutte le immagini metaforiche, rivelate da una cifra stilistica che s’innalza in verticale, invitano a un’intima meditazione sul bene e sul male, sull’enigma celato nelle notti inascoltate, abbandonate ‘alla solitudine rapace del tempo’ per ‘materializzarsi come frutto alla fame./ Refoli d’aria, storie di echi/ che ancora stringono fragranze’. 

Ninnj Di Stefano Busà raccoglie e decanta in quest’opera il conflittuale inganno dell’anima che dal novecento dei nostri padri e maestri – Ungaretti, Montale, Luzi, per citarne alcuni – ci portiamo dentro e che, trasvolato sulle pagine, permea il disgregante malessere del nostro millennio eticamente diseredato. 

Da qui l’anelito di ricongiungere il montaliano anello che sempre meno tiene: la poetessa riesce nell’impresa modulando un prezioso contrappunto di chiarità che si fa voce con il respiro ‘infinito di una grazia che tutto denuda’ per vestirsi ancora ‘della follia ardente del tramonto’.Espressione felicissima quest'ultima per esprimere il significante riverbero della vita che cede alla follia dell'attimo la sua natutrale chiarezza e dimenticanza. Una poesia registrata tutta sulle riverberanze che rilucono nel raccogliere l'ultimo grido:una verità che annotta, pur mantenmendo alto il livello dell'anelito primordiale che cattura l'ultimo spasimo di luce.


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8 gennaio 2012 7 08 /01 /gennaio /2012 15:48

a cura di Carmen. Moscariello

Il pentagramma triplo nella Poesia di Ninnj

Non si smorza il fuoco, la cenere non prevale su una scarnificazione lucida del dolore, non inciampa il Poeta nel lento canto gutturale che a goccia a goccia penetra l’incanto, bussa alla porta di Dio il verbum  affinché gli sia aperto.

Sono cento i componimenti della raccolta, canti danteschi nella loro perfetta simmetria; passi lenti avanzano con lucida mente, battono la strada della vita che è percorso nel Silenzio . Ostinata nella ricerca  dell’armatura di chiave per dare corda a un orologio di battiti umili , ma perseveranti . Si procede nell’ascesi in chiave in “re”  e il deserto si presenta con la sua flebile sabbia, il vento è silente e la neve avanza nel lento canto di gigli.

Dove va il Poeta?

Nel mercato dei giorni, nel lungo filo della memoria , nelle stimmate di una processione solitaria, nel solitario ripetersi dell’atto doloroso della via crucis dell’esistenza confusa con quella di Cristo. Il Poeta può innalzarsi a un colloquio preferenziale , può chiedere a Cristo ragione del dolore, esaminare la cancrena del male e rimanere in attesa della salvezza.

La parola poetica si muove sulle note di un pentagramma triplo su un rigo musicale adiastematico, capace di contenere il singhiozzo. Lei parla a Cristo con voce bassa , ma alla pari il “Tu”  nasce dalla comune croce portata con grande fatica.

E’ un pentagramma per archi e fiati che nella notte riporta la strada del nulla per poi fiorire in neve candida in note semplici per voce umana.

Il Poeta centellina, ma avanza ,c’è un fine preciso: l’incontro con Dio.

Tutta la raccolta vive questa meta, la racconta giorno dopo notte e vulnera i cieli stellati e le notti senza luna, le appaia in percorsi di silenzi che sono l’unica strada che La porta all’altare di Dio.

La morte lucida osserva implacabile anche lei il percorso e sembra procedere di pari lena verso l’attesa del compenso. Finalmente: sudato meritato, lavato di dolore.

Ed ecco le noti gravi della pedana, l’organo ha musica d’accompagno, si aprono in chiesa gotica i canti del Poeta e dell’uomo che chiede a Dio la casa della luce e il distacco non fa più male.

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7 gennaio 2012 6 07 /01 /gennaio /2012 14:02

 

a cura di Ninnj Di Stefano Busà

 

 Una raccolta compatta e armoniosa, come solitamente sono tutte le sillogi poetiche di Maria Luisa Spaziani. La poesia dell’autrice si snoda attraverso itinerari di luci e ombre e s’incanala in una metafisica che ha le caratteristiche di una filosofia del cuore.

La ricca produzione poetica ne è  una dimostrazione di fede, sempre fedele al filone del neorealismo romantico che ha segnato tanta parte della sua carriera letteraria.

La poesia di questa raccolta è incentrata sul mare, sulla natura, sui miti di una trasposizione lessicale che hanno determinato e resa celebre la sua vicenda culturale e umana.

Una poesia la sua, che sarebbe alquanto limitativo definire o etichettare come poesia di un solo “filone” letterario, Maria Luisa Spaziani ne compendia molti e tutti interessanti, tutti percepiti all’insegna di un linguaggio scarno, coerente, molto vicino alla intelligenza del cuore, pure se la ragione o la filosofia della vita vi fanno capolino in una indiscussa parabola di tempo, di scienza e fantasia. L’immaginazione della Spaziani è figlia del suo tempo, ne umetta episodi di luce, ne persegue punti ineludibili di religioso stupore, di riflessione, di appassionato fervore lirico.

Il mare come tema della ciclicità risorgente, delle maree del cuore, della trasformazione e rinascita, della purificazione, della contemplazione è l’argomento dominante di questa sua ultima raccolta. In esso va riletto l’eterno ciclo vitale, che ridisegna la ricchezza dei valori perenni, racchiude l’evento evocativo in una parabola di vita, di avventura, di suggestione. Vi sono pagine di grande conciliazione fascinosa e lirica, ascrivibile all’endecasillabo a cui spesso l’autrice si ispira in una trasparenza quasi religiosa che sostanzia e fortifica il grande mistero della natura-madre-serena.

Ne “La radice del mare” si avverte il linguismo della Spaziani, a cominciare dal suo gioioso canto che introita nella natura stessa il suo apogeo referente e assorto, indicativo di una rinascita, quale è sempre il flusso e il riflusso della sua poetica.

A mio giudizio, però, in quest’opera c’è un sommovimento d’anima che dà vigore alle immagini, le fa vorticare in un turbinìo d’ali di alto lignaggio lirico, proprio come si addice ad una veterana  della poesia quale è la Spaziani.

Il verso è come sempre sciolto e sonoramente raccolto in un alveo di biografismo lessicale ricercato e felicemente risolto. L’esito finale di ogni testo è perfetto, come in tante altre opere precedenti, In scansioni rapide e chiare, quasi fulminanti, come si caratterizzano da sempre, nelle numerose sue opere, a cominciare da “Le acque del sabato” 1954, a “L’utilità della memoria” 1966, a “L’occhio del ciclone” 1979, “Geometria del disordine” 1981; La stella del libero arbitrio”, 1986; “La luna è già alta” 2006; per giungere a questo suo ultimo lavoro che ridefinisce il suo lungo percorso letterario con una strategia lessicale di indiscusso valore.

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5 gennaio 2012 4 05 /01 /gennaio /2012 17:43

di Ninnj Di Stefano Busà

 

  Il consenso frettoloso quanto inspiegabile a Mario Monti è certamente il risultato  di un rigetto viscerale alla politica berlusconiana, una sorta di esorcizzazione e di riadattamento all'idea di poter contare su una politica seria del  -fare-  tanto ventilata e opportunamente motivata da Berlusconi (prima versione).

 

L'Italia aveva (ha tutt'ora) un grandissimo bisogno di adeguarsi alle riforme, di fare misure di emergenza che ci allineassero alla stramaledetta Europa,(dei nani e dei parassiti), aveva l'esigenza  di un nuovo riscatto morale, di un salto di qualità, di una marcia in più, che potesse riscattare la politica divenuta marcia e collusa, dopo l'afflosciamento e il galleggiamento degli ultimi tempi dell'esecutivo Berlusconi.

 

Pur di mandare il Cav. a casa, i partiti di sinistra e la stessa destra dell'ottimo Fini avrebbero venduto l'anima al diavolo. Oggi, bisogna leggere in chiave di avvicendamento fisiologico: l'entrata in scena di Monti è una sterzata a sinistra per evitare il vecchio governo, ma bisognerà valutarlo nei fatti, non nella fantomatiche speranze, giudicarlo dalle azioni di governo e non mi sembrano affatto mosse ben azzeccate, sin dal suo primo esordio parlamentare: tutte le sue manovre, le sue intraprendenti risorse vertono a schiacciare l'Italia più di quanto immaginiamo. Questo personaggio, scevro dall'avere il responso delle urne, agirà indisturbato e frantumerà quel che resta dei pochi brandelli. 

 

Intanto, l'secutivo Monti, con tutto il suo enturage riflette un atto di illealtà verso il popolo italiano, verso l'elettorato che si era democraticamente espresso,  il cui voto già espropriato del suo diritto di scelta da un metodo poco ortodosso di veti incrociati, di congreghe tra capi-gruppo arbitri decisionali degli eletti e di sotterfugi interscambiabili e di malapolitica perpetrati ai danni del popolo, (vedi) il "porcellum" espresso più volte dal suo stesso firmatario, si è visto ora espropriato del suo sacrosanto diritto di eleggere, per scelta e non per imposizione.

 

La ragione per cui Monti ha tutto questo credito tra i vari orientamenti di partiti è presto detto, ed è soprattutto di ordine psicologico. Dopo quasi un ventennio di berlusconismo portato alle sue estreme conseguenze, principalmente negli ultimi tempi, da un ostruzionismo di carattere patologico e paranoico spesso esacerbato da contrasti, da virulenti episodi di odio e di ferocia verbali, di giustizialismo ad oltranza, quanto inficiato nelle forme di legalità istituzionali, (inammissibili da parte di un alleato come Fini, eletto tra le fila del PDL, poi staccatosi per fondare il FLI) ha tradito l'elettorato in pieno. L'esecutivo di Berlusconi navigava in brutte acque, sul "filo del voto",ormai impossibilitato a svolgere le sue funzioni di tagli alla spesa pubblica, di riforme richieste dalla U.E, di modifiche strutturali per la crescita e il lavoro, il sistema pensionistico etc, il precariato etc. era divenuto una roccaforte contro il giustizialismo forsennato della magistratura di sinistra, inceppato già dai mille divieti bossiani, che nutriva una coalizione d'interesse esclusivamente federalistica, in funzione del voto della prossima campagna elettorale che gli avrebbe fruttato altri voti.

 

Infine l'odio viscerale verso il cittadino di status mediocre, (il borghese, di ceto medio Berlusconi) che dal  -nulla-  si era portato alle alte quote fino ad essere il 2° uomo più ricco d'Italia, avevano ingenerato calunnie, malumori, invidie, odi, contrasti, polemiche a mai finire. Tutti sappiamo quanto l'odio sia meschino e crudele, mai obiettivo, nei confronti di un uomo che seppure impedito nell'espletamento del suo ruolo, tuttavia, in tempi non sospetti ha dato il meglio di sé. Ma tant'è, si vede solo il brutto degli ultimi tempi e si inneggia al tecnocrate Monti quale "salvatore" dell'Italia, ma di quale Italia stiamo parlando? Allo stato dei fatti, sta facendo le medesime mosse, attingendo nelle solite tasche, introducendo le stesse tasse e vessazioni di un qualunque precedente esecutivo di governo, in dispregio alle regole e alla decenza, all'equità e alla giustizia sociali. Non porta avanti nulla dei tagli alla politica, ha escluso, anzi, eluso, volutamente glissando sulla patrimoniale, (non l'ha posta tra le priorità), non effettua la strategia di utilizzare l'etere, i canali digitali televisivi, istruendo ad es.bandi pubblici, che vengono concessi a titolo gratuito; non sta facendo tagli alla politica, non colpisce le fasce alte dei redditi o patrimoni immobiliari megagalattici, non ha messo imposte patrimoniali su altissime rendite, non fa pagare l'ICI al megastratosferico patrimonio immobiliare di proprietà della Chiesa, non tassa in maniera adeguata (anche se c'è stato un accordo in proposito, si può obiettare sul fatto del tentativo di frode fiscale che è un REATO, se andava bene, costoro avrebbero occultato ingenti ricchezze, il che potrebbe essere passibile di galera, si poteva fare subito un decreto -legge lampo al riguardo. Inoltre, il rientro dei capitali dall'estero, è tassato al misero 1,5% perché è egli stesso un magnate, come può colpire i suoi simili? Tassa il popolo e i pensionati, allunga e strozza la povera gente, i cassaintegrati, gli operai con mestieri usuranti, che devono raggiungere un sistema pensionistico egalitario a regime contributivo per tutti a 65 anni e solo per contributi versati, aumenta le accise della benzina, che è giunta alle stelle (fare un pieno è come andare da un gioielliere). In poche parole, sta facendo tutto quello che avrebbe potuto fare Berlusconi o chi per lui. Dov'è la differenza? se non avesse dovuto scontrarsi coi divieti di Bossi, il quale vede il territorio come suo terreno di caccia al voto, sperando di inaugurare la stagione delle vacche grasse, anche per il tanto sospirato "federalismo", (ora caduto in disgrazia insieme al governo uscente), anche Berlusconi avrebbe potuto operare in tal verso e lo avrebbe fatto, se avesse avuto ancora la maggioranza.

 

Dunque, apriamo gli occhi, giungiamo al nocciolo, guardiamo la realtà, che è quella di voler vedere a tutti i costi il bicchiere "mezzo pieno", perché assediati e insidiati, quasi perseguitati da una sete irrefrenabile, che è quella della speranza, quella della fiducia cieca ed esasperata in "qualcuno o qualcosa" che ci dia una mano a salvarci dal baratro.

 

Ma non sarà Monti, per quanto si cerchi di farlo passare per un salvatore della patria, un governo tecnico, quindi non costretto a passare sotto la mannaia dell'elettorato, (si dice), ma quando mai in Italia chi ha gustato la caramella, se ne è allontanato? il potere attira troppo, il potere è la fonte di tutti i guai dell'umanità. Sicché, non ce ne libereremo più, ce lo ritroveremo...vedrete, vedrete...e non potremo più fare la battaglia dell'odio personale verso il ricco, verso colui che si fa le leggi "ad personam" verso il dittatore, il mafioso, il libertino.

 

Calunnie a mai finire. So per certo che Berlusconi ultima maniera si era afflosciato, si era snaturalizzato, si era estraneato dal suo fervore iniziale. Ma sfido chiunque nei suoi panni: con le sentenze passate ingiudicate presso le preture di mezza Italia, con la giustizia che le dà la caccia come a un malfattore, per infliggergli l'ultimo colpo letale, chiunque si sarebbe arenato nelle strettoie e nei labirinti subdoli di un potere occulto pronto a denigrarlo, a fare carte false per demolirlo nella sua integrità morale, nel concetto di giustizia politica, di lungimiranza istituzionale. Berlusconi, è vero, colpe ne ha a iosa. Non sarò qui a difenderlo, avrebbe dovuto avere più coraggio, più fiuto e non imbarcare un camicia nera che poi si è trasformato in un serpente "rosso". ma tant'è col senno del "poi"...vedrete anche noi non ameremo più Monti, che non sarà affatto diverso dal precedente premier se non nel fatidico "bunga bunga" tanto vituperato e irriso ai quattro venti da suoi avversari politici, che lo hanno messo alla gogna mediatica.

 

Monti non è un patriota, non è un Santo, non sta fcendo quasi nulla per la povera gente, non mettiamolo sull'altare, prima constatiamone la validità e mi pare che come inizio non c'è malaccio...tutte tasse, tutti sacrifici per il popolo e nulla che sia il corrispettivo per i più abbienti, se questo doveva essere il suo rimedio, mi pare siamo messi piuttosto male. Non solo non rimedierà nulla, ma peggioreranno molte, troppe cose, perché il buon giorno si vede dal mattino, e la pelle dell'orso non vorrà significare che sotto c'è l'agnello. Non dimentichiamo che proviene dall'elite, è anch'egli uno che si schiera per le fasce alte... non difenderà mai le fasce più deboli della società, perché le sue motivazioni sono connaturate con lui e non sono certamente di ceto basso

 

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