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10 dicembre 2011 6 10 /12 /dicembre /2011 10:45

di Tiziana Faoro

 

 

D: quale collocazione intellettuale dà alla Poesia la società di oggi?

 

R. la rappresntazione che in ogni epoca storica credo abbia dato, ovvero, indica uno spartiacque, tra l'affanno e la tregua, tra l'essere e il divenire, tra il bene e il male, tra il reale e il sogno. Certo nella società del postmoderno la Poesia si sente un po' fuori luogo, è una campana stonata, perché altre sono oggi le priorità: oggettive prioritarie: lo stravolgimento dell'economia mondiale con la conseguenza dell'impoverimento per metà del pianeta, la lotta per la sopravvivenza, per la vita in un mondo ormai sovraccarico di scorie venefiche, di individualismo, di libertarismo esasperrato, sentinelle di sventura, una società sull'orlo di una recessione mondiale, con interi Paesi allo sfascio, le rivoluzioni del nord Africa per la libertà dei popoli dalle dittature etc, parlare di Poesia può apparire blasfemìa. Eppure, è quasi certo che proprio quando le risorse umane vengono meno, ci si attacchi alle ragioni del cuore per resistere, e la poesia è la ragione prima, la sola in grado di garantirci un po' di tregua, in un panorama arroventato dal malessere. Antropologia docet. Ogni epoca martoriata ha avuto i suoi poeti, e proprio in funzione di essi si è ricreata quella continuità di legame tra il passato e il futuro, in un contesto che supera ogni diatriba, ogni sventura umana.

 

D: Lei, oggi, è tra le più interessanti e rappresentative figure del diorama lirico contemporaneo. La sua vocazione al magistero della poesia è datata. Bisogna indare molto indietro nel tempo per ricercare la sua vena artistica, supportata da decenni di esperienza, di laboratorio scrittorio, di tirocinio e di messa in opera? o è frutto di una innata e particolarissima predisposizione all'arte del linguaggio?

 

R. credo di averne avuto capacità d'intuizione in età scolare. Poi i fatti della vita, le situazioni possono ritardare l'aspirazione a scrivere. Io ho iniziato piuttosto presto (13 anni) ma non c'è un'età precisa per scrivere poesia, essa si manifesta quando vuole, s'instaura nel nostro essere, malgrado noi, è una cellula del nostro genoma, che può comparire in qualsiasi momento, in ogni luogo, e parla, e ci narra la sua necessità di culto, la sua verità letteraria, in un dialogico sistema di piani alterni: intendo dire che si può anche arrestare per un certo tempo, ma inevitabilmente, chi nasce poetà vedrà risorgere, (pure dopo un lungo silenzio o arresto) la sua vena in modo inaspettato.

La poesia è inspiegaile, ha dalla sua la carica del suo mistero imponderabile, la bellezza e la grazia di una tendenzialità a mettersi in gioco, perchè parla al cuore del mondo, ed è il pregio essenziale, il valore assoluto  della poesia. Parafrasando Dostoevskij si può dire che: "la poesia non salverà il mondo", ma: "il mondo dovrà salvare la Poesia" se vorrà sopravviverle e salvarsi dai falsi miti, dalle temperie mistificatorie del suo delirio.

 

D: a quale tipologia di simboli corrisponde la Sua poesia?

 

D: Non c'è alcun dubbio e di tipo antropologico-filosofico, magari un po' a sfondo orfico, perché vede nel ripetersi dell'avventura umana l'esigenza di legarsi al passato e al futuro, di essere il traino per le generazioni del domani di una sua storia personale che guarda oltre lo steccato del "piccolo orticello", per agganciare l'immenso che è in noi.

 

D: pensa che i giovani di oggi siano interessati alla Poesia?

 

R: come addetta ai lavori da vari decenni, (giurie, convegni, recitals, fiere letterarie) vi è un numero sorprendente di autori giovanili, (s'intenda trentenni o superggiù) che introducono un genere poetico minimalista, portato a una revisione totalizzante della pagina letteraria che istruisce un filone scarno, dissanguato. La new age è fatta di giovani con tendenze scrittorie scarnificate, senza orpelli. Ma è pur sempre una scrittura che viviseziona l'intelletto, lo interroga, lo stimola a dare di sè un quid che lo collochi nella Letteratura,  alla Storia di un popolo. Non dobbiamo sorvegliare il metodo, né pretendere che il modello culturale sia eguale a quello classico dei nostri padri. Ogni epoca ha i suoi cultori, bisogna sorvegliare le finalità, i suoi contenuti logici, il suo linguismo, le caratteristiche che ne originano e ne dominano il suo "iter". Il suo valore intrinseco, il confronto tra le epoche, i modelli, i significati lasciamoli al giudizio della Storia.

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9 dicembre 2011 5 09 /12 /dicembre /2011 09:54

di Fulvio Castellani a Ninnj Di Stefano Busà


La poesia: la seconda pelle di Ninnj Di Stefano Busà

La poesia muove il vivere stesso di Ninnj Di Stefano Busà, fa parte del suo io più recondito e solare, vive in lei come un elemento inscindibile, naturale. Questo emerge, del resto, dal complesso della sua ormai note vole e prestigiosa biblioteca di momenti lirici, di ritorni all'ieri, di tuffi nel presente, di letture che si proiettano dentro e oltrè, il finito e l'infinito.

E' stato evidenziato, a più riprese, come nelle sue opere (non soltanto di poesia) sia sempre presente un risoluto recupero memoriale, e questo come fonte di emozioni che si rinnovano e che diventano, o ridiventano, illuminanti scoperte. Per rendersi conto di un tanto, è sufficiente entrare nei perché che fuoriescono dalla silloge Adiacenze e lontananze, che, pubblicata nel giugno 2002, contiene un prezioso e simultaneo altalenarsi di situazioni, di atmosfere, di negazioni e di attese, di visualizzazioni, di assoli, di scavi psicologici e di spazi ampi che, forti di un'armonia creativa ormai consolidata, determinano l'essere e il divenire in un gioco quasi misterioso di suggestioni e di richiami.

Da ciò si ha modo di capire il perché Ninnj Di Stefano Busà (che ha visto tradotta la sua opera letteraria in diverse lingue e che già nel 1990 è stata insignita di un diploma di benemerenza per meriti letterari da parte della Società Argentina degli Scrittori) venga considerata una voce di primo piano nel contesto del diorama culturale dei nostri giorni. A lei, inoltre, sono stati dedicati saggi e studi monografici da parte di critici di indiscutibile serietà e autorevolezza, come Carlo Bo, Antonio Piromalli, Giuliano Manacorda, Aldo Capasso, Geno Pampaloni, Mario Sansone, Elio Filippo Accrocca...

"Dai capricci e dal sogno dei poeti – ha scritto Antonio Coppola nella monografia dedicata di recente a Ninnj Di Stefano Busà – noi possiamo aspettarci di tutto, ma mai che questo sogno rimanga solo in funzione teoretica o leziosa: sovrastruttura a sovranità territoriale". E proprio per entrare nel "cuore" del suo essere donna e poetessa non ho rinunciato all'idea di rivolgerle alcune domande, di obbligarla, come si suol dire, a mostrarsi con il volto suadente che fa parte della sua solida, e sempre efferve scente carta d'identità.

Cosa significa per lei scrivere, e in modo particolare scrivere poesia?

Spero non me ne voglia chi non è d'accordo con me, e non appaia retorico che allo scrivere io voglia dare lo stesso significato che respirare. Del resto, quando una cosa ci è congeniale non facciamo nessuna fatica a realizzarla. Per me, ma, suppongo anche per tutti quelli che nella scrittura credono come ad un atto incontro vertibile della loro identità, scrivere può significare amare, donarsi in quell'atto di solidale accezione quale è quello della poesia, identificandola come la più dolce delle passioni umane, perché è estremamente verosimile che chi tenta la scrittura poetica voglia identificarsi al sogno, alla vita come Ente di appartenenza, come episodio imprescindibile di una facoltà che ci pone al livello più alto del pensiero e, dunque, della storia, se per storia è intesa quella pagina culturale viva e indiscutibile che ci coniuga all'essere e al divenire, in progress, esulando assolutamente da noi e che però da noi prende l'avvio per divenire meno episodico il cammino dell'uomo, meno relativista e precario il destino dellinguaggio e della propria coscienza di umani. Identificarsi con la storia, capire il significato ultimo della vicenda umana, l'imponderabile mistero che l'avvolge, diventa allora una personale sintesi, un percorso che vuole realizzare se stesso dentro il fatto testamentario del proprio bisogno, non solo fisico, ma soprattutto spirituale. Questa, in breve, la mia opinione per chi, come me, crede e ha fede nel principio della vita e della facoltà del proprio pensiero illuminante.

Il suo dire, come ha felicemente scritto Fulvio Tomizza, sfocia. sempre "in visioni di spazi dilatati, amplificati fino allo stremo". C'è un modello che lei va seguendo o al quale si ispira per raggiungere un tale risultato?

Il caro Fulvio Tomizza che ebbe a cuore la mia poesia, mi diceva sempre che la mia scrittura poetica possiede gli spazi dilatati del tempo e della storia, perché non segue le mode, ma gli impulsi autentici della propria condizione ispirativa. Vi è, a suo dire, nei miei versi la condizione primaria della realtà e dell'esistente dentro un ampio respiro immaginifico che permea la materia vitalistica dei miei versi. Quanto egli ebbe a precisare per quanto attiene alla mia poetica è vero, suffragato poi da altri innumerevoli e autorevoli critici che ne hanno espresso giudizi similari. Quello che influenza la mia poetica non è mai un episodico atto di scrittura a sé stante, un fatto isolato dal contesto, ma una presa di coscienza, la consapevolezza che noi vivia mo al cospetto dell'Eterno, al quale dobbiamo gli atti più precipui della nostra identità che determina e attua i referenti.

Perché ha scritto che "il mio peccato è quello di voler trovare il sole | dopo fitta pioggia o l'uragano"? Cosa sottintende tale immagine?

Trovo che il mondo è privilegiato, malgrado tutto, e per luce in tendo la Felicità di un'apertura nell'aldilà, che non abbia trucchi o furberie, astuzie né malizie a deturpare l'ardore spirituale. Seppure talvolta siamo oscurati dagli uragani e travolti dalle nefandezze del quotidiano, vi è un punto che esalta la nostra crescita, ci fa probabili fruitori di un mondo migliore. Tutte le ipotesi si ricollegano al vertice di una ragione possente e onnipresente quale la Fede. Per tutti può sorgere un altro giorno. La mia è un'apertura alla speranza, vuole essere un'esortazione allo stupore nuovo di un'alba prima, cioé alla luce primordiale di un fantastico itinerario nella consapevolezza dell'esistente e di quanto tale luce interiore sia l'inesuaribile fiamma che ci illumina. Se si vuole percorrere fino in fondo il sentiero lungo e tortuoso di un destino difficile come quello umano, si deve intervenire sulle risorse dello spirito o di quella facoltà superiore di cui siamo dotati. Se parlo di "peccato", mi riferisco al modo piuttosto insano, troppe volte molesto e irriverente con il quale ci si rapporta al senso del divino. Ricercare la salvezza e ogni resurrezione possibile nell'immediatezza di un esistente martoriato e sconfitto è facile, ma non individuarla dentro il caos e non subordinare le nostre azioni al compimento del bene è quel "peccato" cui accenno, è quel corrotto modus vivendi che mi lascia perplessa. L'avventura umana si compie nei fondali melmosi, dentro un buio fitto e impenetrabile; lì il cammino si fa difficile, occorre la lanterna della sapienza e della saggezza per poter navi gare a vista, senza bussola né periscopio. Dove le acque sono in torbidite da nefandezze, il peccato resta infisso al peccatore, ovvero a chi non sa più risalire dal male verso quella Luce cui si accenna; ecco perchè "peccato", in senso biblico. Questa è la mia visione del processo di realizzazione dell'io nei confronti di un atto apparentemente irrazionale che è la scrittura. Se dal nulla cui siamo destinati riusciamo a carpire anche pochi attimi di luce da quell'avventura indicibile che è la vita, credo sia valsa la pena di viverla e di soffrire. Anche il dolore ha il suo atto catartico.

Lei ha una cura del tutto particolare nella scelta della parola al fine di creare un linguaggio fluido, coinvolgente, ricco di immagini, di suoni, di voci. E' una sua scelta oppure ciò le nasce in maniera spontanea?

La mia è stata sempre una poesia-ricerca, una poesia che ha saputo cogliere qualche consenso proprio in virtù di questo tentativo di scendere negli abissi più fondi per risalire mondati (idealmente, si fa per dire) alla luce di una purezza anch'essa rivisitata in chiave storica, ontologicamente storica, cioé libera dal peccato originale. Noi, per nostra stessa natura, non possiamo escluderci da esso, come non è possibile raggiungere la perfezione cui tendiamo. E' un fatto prevalentemente di origine: la nascita prevede e precede la morte, la vita innesca e partorisca il dolore, il lutto, l'assenza... tutti episodi su cui riflettere, scrivere, dissertare. La mia poesia risente molto di una condizio ne filosofico-storica che la racchiude. Non mi relaziono a nessuno in particolare, anche se Montale è il poeta a me più congeniale per quel suo memorabile "mal di vivere", che orienta e convive con la sua storia personale, che in definitiva. è quella stessa di tutti noi mortali. Ammetto che uno dei miei difetti è proprio la ricerca infinita della parola più vibratile, più incisiva e idonea a dare il massimo della potenza al verso, però non me la sono mai imposta, non la perseguo con accanimento, a tavolino, a freddo, perciocché la mia scrittura risulta impegnata nei due versanti: la versatilità e l'ispirazione. Predomina, qua si sempre, poi, un terzo elemento che va a intrufolarsi fra i due e ne determina il risultato; l'azione è volta a dare alla poesia la fluidità, da cui si determina la ricchezza formale, da cui scaturisce tutto il resto, che a suo dire istruisce e amplifica i significati, fino a dilatarli, come già osservava Tomizza. Voci, suoni e parole vanno poi a coincidere in un mosaico di rilevante coinvolgenza che io non preparo mai in anticipo, né tantomeno prevedo che accada. In ciò forse sta la mia spontaneità. Faccio poesia da quando avevo dodici anni, oggi le mie primavere sono tante ma mi approccio alla poesia con lo stesso stupore aurorale del primo giorno. E' questa la mia attitudine, non potrei fare diver samente: ne sono convinta.

Fra i tanti ed importanti critici che si sono occupati della sua poesia, chi è riuscito maggiormente ad entrare nel cuore del suo essere donna e poeta?

Fra i numerosissimi critici (nella maggior parte anche autorevolissimi) che sono stati miei lettori di poesia, non posso dire quale abbia penetrato più profondamente la mia anima. Ognuno di loro ha apportato nel mio palmarès il giudizio esegetico più avvertito. Ringrazio tutti, perché sempre la critica ha voluto privilegiarmi del criterio discernitivo più valido e preparato. Tutti mi hanno donato qualcosa, incoraggiata a tirare fuori il meglio di me. A ciascuno di essi vada il mio riconoscente pensiero.

Lei si dedica, a sua volta, anche, alla critica letteraria scrivendo saggi, prefazioni, recensioni. E' più facile essere poeti oppure leggere criticamente quanto scrivono gli altri?

Ho prefato innumerevoli libri (un centinaio, e forse più), mi sono interessata di recensioni,di saggistica, di critica letteraria con "pezzi" su Croce, Pavese, Michelstaedter, Pirandello, D'Annunzio, Raboni, Flaiano... per giungere anche ad autori esordienti, autentici nessuno che, se sanno scrivere poesia, per me contano moltissimo: ad essi rivolgo spesso la mia personale cura e attenzione, perché faccio questo lavoro con autentica preparazione, senza infingimenti o speculazioni di sorta. A tutti ho cercato di dare risposte e, ove possibile, incoraggiamento, senza svilire mai il prodotto poetico che deve restare lontano dal 'populismo da strapazzo', o dal 'pressapochismo'. A me scoprire un vero poeta dà una gioia immensa. Posso dire di aver scoperto numerosi poeti, di averli esortati a credere in se stessi. Per molti di loro ho intuito un futuro che si è puntualmente realizzato. In ogni caso per me il poeta è sacro e va rispettato nelle sue intenzioni senza stroncarlo sul nascere. Per quanto attiene al fatto di emettere giudizio su una buona poesia, mi riesce meglio che scrivere su poesia mediocre o scarsa. Credo sia che merito chiami merito, e la valorizzazione dell'oggetto poetico riesce a coinvolgere di più se la poesia è di alto livello. Ritengo sia dovuto al fatto che un poeta-critico possa penetrare meglio il territorio in cui si muove la poesia, e diffido un po' dai critici che non hanno mai scritto versi. Personalmente sono interessata ai diversi campi dell'attività letteraria. La mia è una ricerca di studio, un eser cizio interdisciplinare senza sosta. Mi occupo anche di Estetica. Ho pronto un lavoro di grande impegno sull"'Interpretazione antica e moderna del Bello", che abbraccia l'intera concezione teoretico-filosofica della Bellezza, dall'antichità fino ai nostri giorni. Credo fermamente nelle capacità di intendere il concetto degli al tri attraversando le innumeri ipotesi del mio percorso culturale. Non saprei escludere dalla mia vita la poesia. Così come la critica, la saggistica, tutte le discipline concorrono a dare completezza al quadro intellettuale della mia crescita, fanno parte del patrimonio linguistico e della mia preparazione. In altro modo non saprei come spiegarlo.

In quanto Presidente del Centro Iniziative Letterarie e componente o organizzatrice di varie giurie di premi in tutta Italia, ha avuto modo di conoscere diversi poeti contemporanei. Tra gli emergenti c'è qualcuno che ha veramente le carte in regola per guarda re lontano?

Devo ammettere che vengo a contatto con tanti poeti, leggo un variegato prodotto lirico e anzi, a tal proposito, vorrei dire la mia opinione sui meriti di tanti poeti emergenti. Vi è una tale affluenza nella poesia odierna da far intendere che la poesia non verrà mai soppiantata dall'informatica, come da più parti si ventila. Invece, a mio avviso, è la critica ad essere latitante; non si vuole fare a nessun costo un bilancio, una scelta dei nuovi nomi emergenti, che, per il processo storico cui accennavo all'inizio, devono di necessità andare a sostituire i tre nomi storicizzati : Montale, Ungaretti, Quasimodo. Sarebbe auspicabile il ricambio generazionale, ma questa pagina di letteratura deve essere ancora scritta, non se ne avvertono esigenze o tentativi d'attuazione a breve scadenza, non vi è nessuno che prenda in esame, in maniera congrua e corretta, l'imprescindibile e non più rinviabile riammodernamento epocale con uno studio dei fenomeni linguistici secondo la loro evoluzione temporale. Antologie e Storie delle Letterature non ne prendono in considerazione l'aspetto diacronico e dunque slittano sui fondamenti dell'equità del giudizio storico, senza valorizzare in nessun caso esordienti di spicco. Fuori dalle regole resta Luzi, che è l'unico a essere riconosciuto fra i poeti più rilevanti, non certo fra gli emergenti. Gli altri, tutti gli altri, restano "lettera morta" che un futuro estre mamente lontano valuterà.

Che importanza ha un editore nella diffusione del prodotto-libro e nella valorizzazione di un autore?

Si, tanta importanza soprattutto se trattasi di editore autorevole, i mostri sacri : Mondadori, Garzanti, Rizzoli certamente hanno importanza nella diffusione del prodotto-libro, specialmente riguardo alla poesia e alla narrativa. Ma quanti hanno facoltà di giungere a questi ? La verità è che si pubblica più poesia di quanta siamo disposti a leggerne. Il mercato è saturo; volendo fare una speculazione in termini pratici agli editori di spicco converrebbe fare una carellata di nomi apprezzabili, perché ve ne sono a centinaia (anche di buon livello), ma la realtà è che l'editoria non vende il libro poetico, o così crede, o vuole, per sua scelta restare elitaria, non vuole mettersi in gioco con pletore di poeti della domenica che pure sarebbero disposti a levarsi il pane di bocca per giungere alle redazioni di tali case editrici. Eppure, molti emergenti avrebbero le carte in regola per onorare la pagina letteraria che conta, per traguardare la Storia. Però finiscono per entrare nella tana del lupo, sobbarcandosi le spese di pubblicazione; così fioriscono e prolificano sottoboschi editoriali, a tiratura ristretta, che tentano di colmare la grande disattenzione dell'editoria di prestigio.

Servono a qualcosa le antologie?

Anche le antologie sono specchietti per allodole, non hanno nessuna rilevanza culturale, perché spesso dentro vi è di tutto e di più, senza la logica dell'apparato di selezione che decide il referente; ogni autore presente o assente torna a essere la nullità del fatto poetico, non vi può essere misura di contenuti, né rigore né equità nel fare di tutte le erbe un fascio. Da qui la frustrazione che ha del paradosso, a volte chi vale non rientra nell'elenco e chi non vale è portato all'apogeo da fattori contingenti, che nulla hanno a che vedere con la validità dei meriti effettivi.

Se "la vita è oltre il suo epilogo", come lei vorrebbe essere ricordata?

Sì, è vero, credo di intravedere "la vita oltre il suo epilogo", questa conduce ad un tal sentiero che non vede soluzione di conti nuità, interruzione, o defezioni. La vita è quello che è, inesauribile nella sua scontentezza, nella sua relatività e precarietà, ma se si riesce a individuare uno spiraglio dì luce oltre quel tunnel, l'estremo limite si dilata, va a congiungersi in un'ideale "escalation" a quelle misure, a quelle superiori entità che si relazionano all'eterno, e nel gioco delle parti nulla si esaurisce se non la fisicità/materica. Permanendo nell'orbita di un dettato spirituale che va ben oltre il nulla, i poeti tentano di entrare nella Storia, superando la parabolica curva della nascita per la morte. Intendo che vi siano una resurrezione e tante epifanie che presuppongono un cammino di speranza. Per quanto mi riguarda e attiene alla mia persona, non credo di rientrare nel novero dei poeti storicizzati, non sono autolesionista fino a illudermi di essere ricordata. E se mai lo facessero, vorrei essere ricordata come qualcuna che amava la poesia al di sopra di tutto, tanto da ritenerla la sua seconda pelle.


 

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9 dicembre 2011 5 09 /12 /dicembre /2011 09:47

a cura di Andrea Ballerini della Rivista Expolatinos

 

 

 

 


“Finché esiste un uomo sulla terra, esisterà la poesia”

intervista a Ninnj Di Stefano Busà

in: Expolatinos.com

Il Ceac, Centro Ecuadoriano di Arte e Cultura, molto attivo nella programmazione di eventi culturali, ha organizzato la presentazione di due libri di poesie, tra i quali Quella luce che tocca il mondo, l'ultima opera di Ninnj Di Stefano Busà, una delle figure più rappresentative nel panorama letterario femminile di oggi. Expolatinos ha incontrato la poetessa con la quale è nata una piacevole chiacchierata sulla poesia, sulla cultura e sull'essere poeti oggi.

L'incontro Ninnj Di Stefano Busà è stato affascinante e l'intervista si è trasformata in una bella riflessione sull'essere poeti oggi e sulla difficoltà del fare cultura oggi, ma allo stesso tempo la forza, la passione, il credere, che questa donna, che ha pubblicato diciotto libri di poesie, più altri di critica letteraria e saggistica, lascia trasparire dalle sue parole e dal trasporto emotivo nel parlare di ciò che rappresenta da oltre 40 anni la sua vita. Le sue raccolte sono state tradotte in diverse lingue e le sono state dedicate tre monografie.

Nella sede del Consolato dell'Ecuador a Milano, grazie all'amicizia che ci lega a Guaman Allende, scrittore, poeta, responsabile della sezione letteratura e vice presidente del Ceac, abbiamo potuto incontrare la poetessa prima della serata di presentazione della sua ultima opera, fare qualche domanda, ma soprattutto ascoltare.

Scrittrice, giornalista, saggista, critica, promotrice di premi letterari, un'attività intensa è dir poco. Dove trova l'energia per dedicarsi a tutto questo?

Sono 45 anni che mi dedico alla letteratura e di conseguenza ho molta esperienza nel campo. E' una cosa che mi appassiona e mi prende e quindi lo faccio volentieri e non vedo come possa cambiare modello di vita ed escludere la Letteratura. Per me è diventata una questione vitale la cultura anche perché non è un optional come si pensa attualmente, ma è qualcosa che ci investe all'interno e, secondo me, la cultura è quello che può salvare la situazione in questo momento.

Una cultura che qualcuno vorrebbe 'far scomparire'...

Si', come qualcuno vorrebbe, perché stiamo decadendo giorno dopo giorno fino ad arrivare allo sfacelo, per cui la cultura e, secondo me, anche un briciolo di saggezza, potrebbero salvare qualcosa di salvabile, almeno lo spero...

Esiste ancora il giusto spazio per la poesia nel mondo della comunicazione multimediale di oggi?

Finché esiste un uomo sulla terra, esisterà la poesia. Non è solo quella che vediamo come scrittura e quindi 'subiamo', ma secondo me qualcosa che internamente ci coinvolge e in fondo in fondo, se vogliamo esaminare bene, è la nostra anima. Quando noi diciamo poesia, oggi come oggi, ne parliamo quasi in modo astratto perché non ci coinvolge più, perché abbiamo dato grande spazio all'informatica, a internet, insomma a tutte le cose che danno l'immagine immediata senza la riflessione. Invece la poesia, la vera poesia ti inchioda ad una riflessione, perché ogni persona che legge ha bisogno di capire quello che sta dicendo l'altro ovvero di interloquire con l'autore.

Quindi questo spazio c'è ancora?

La tecnologia, l'informatica ha e dà dei messaggi completamente opposti alla poesia perché la poesia esige una ponderatezza, una riflessione, una comprensione e il mondo informatico questo non lo dà, ragion per cui noi abbiamo sempre bisogno di poesia che è una sorta di conforto in questi tempi così difficili, così angoscianti, così affrettati, così alieni da qualsiasi spiritualità. Ci dà il senso di essere con noi stessi, il senso del dialogo con gli altri e ci arricchisce, anche senza volere.

Poesia come investimento su sé stessi.

Io, vede, ho insegnato tanti anni all'Università della Terza Età e ai miei corsi venivano inizialmente scettici oppure speravano, anche in massa, di fare subito poesia, poi si accorgevano che la poesia non è uno scherzo. Ti investe molto, devi dare molto di te, devi avere una certa capacità espressiva, di linguaggio. Devi avere in mano il lessico. Il concetto che vuoi esprimere lo devi fare in una maniera ben precisa, non puoi derogare.

Esistono precise regole?

Certo, esistono delle regole e bisogna seguirle, perché altrimenti non è poesia, sono parole in libertà che non hanno senso. Questo messaggio che vuoi lanciare lo devi incanalare in modo che venga compreso e arrivi al lettore. Quindi c'è ancora margine per poter fare e rappresentare poesia questa umanità che sta per...estinguersi.

A proposito della sua ultima opera, la si deve considerare una sorta di viaggio continuo rispetto al suo lavoro precedente?

Si', la mia è una poesia che continua nel tempo e non è un percorso accidentato che nasce e si interrompe, come ho visto accadere a molti. Io sono stata fortunata perché l'ispirazione non mi è mai mancata; posso stare dei mesi senza concepire un testo, poi inevitabilmente c'è il fiume in piena e non le nascondo che nel giro di due o tre settimane riesco a fare un libro, a volte anche con due, tre, quattro, sei testi al giorno, intendo poesie. Non mi manca l'ispirazione, non sono mai ripetitiva e in ogni raccolta sono sempre un po' diversa dalla precedente.

Il poeta deve avere comunque un metodo, un'allenamento continuo.

E' chiaro che c'è uno sforzo come il ginnasta o il calciatore o il ciclista che deve allenarsi. La poesia è una palestra, è un modo di vivere. Non è una cosa astratta che tu la fai, non la fai, è una cosa in cui credi e nella quale investi tutta te stessa. E' la vita. Invece di parlare in modo, diciamo comune, a volte scialbo, parli in modo elegante e in questo caso intendo il linguaggio della poesia. La scrittura deve essere come la vuole sentire il lettore, perché se è una vera poesia il lettore dice 'come vorrei averla scritta io'.

Come nasce una poesia di Ninny Di Stefano Busà?

Il mio modo di fare poesia non è 'da tavolino', la mia poesia viene da un'ispirazione interna che è come se mi dettasse qualcosa, non so come spiegarlo, mentre la scrivo, il giorno dopo l'ho già dimenticata e se dovessi dire di ripeterla, è come se non l'avessi scritta io. Certe volte rileggendo alcune poesie delle mie raccolte, mi sorge il dubbio di averla scritta io. Mi estraneo a tal punto che che non la riconosco quasi più, ma allo stesso tempo sono uniche e non copiabili e qui sta la bravura di un poeta, nel non ripetersi ed io cerco nei limiti del possibile di non ripetermi, usando sempre termini diversi e di dare maggiore rappresentatività ad un linguaggio che non è comune con ricercatezza nei termini, perché è molto importante. E anche i miei critici, che sono autorevoli, dicono che io, da una raccolta all'altra, riesco a rinnovarmi e trovo che le ultime sono sempre migliori delle prime. Non mando in stampa una raccolta se non l'ho tritata in un modo osceno.... Sono molto esigente, lo ero con i miei studenti, ma sono soprattutto esigente con me stessa. Non voglio che la parola sia asfittica o sovrabbondante di aggettivi, voglio che sia il tanto che basta, come una ricetta con gli ingredienti giusti.

Ci troviamo 'in casa' di una paese latinoamericano, c'è qualcosa che la lega a questo mondo culturale?

Noi abbiamo molto in comune con il mondo latinoamericano. La nostra matrice è di per sé una matrice comune. Ci somigliamo moltissimo, anche nelle tradizioni, nel modo di vedere e concepire la vita, poi bisogna capire quali affinità trovano le varie persone e in ogni caso il linguaggio della poesia è davvero universale.

 

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9 dicembre 2011 5 09 /12 /dicembre /2011 09:43

a cura di Don Santino Spartà

 


Intervista a Ninnj Di Stefano Busà

rivista "Dossier"
Lei è poetessa, critico, saggista, giornalista, quale di questi ruoli ritiene più cònsono alle sue capacità interpretative nel versante di oggi?

E' difficile immaginarmi in un ruolo ben conchiuso e definito o definibile, io sono come il Condor, amo le aree libere del cielo. Tutti i ruoli assolvono per me carattere di comunicazione col mondo. Mi ritrovo in essi con la finalità di dare un contributo umano e culturale alle varie discipline, senza prevaricazione né prioritarie scelte di campo.
Ogni aspetto d validità o meno dei ruoli prescelti credo vada a raggiungere fatalmente il fine ultimo che è quello di dare secondo le indicazioni di Dio o secondo le proprie predisposizioni da Lui infuse, ciò che si possiede, a seconda delle capacità del proprio sentire, della propria intelligenza e del proprio destino, nel saper trasmettere valori e significati alla vita. Sicché, sono vari ruoli quel che Dio mi ha destinato, forse anche un "tramite", null'altro che un mezzo di creatività e un tentativo di conoscenza possibili.

Quali tematiche si stagliano nella sua Poesia?

Risposta: In quanto alle tematiche, credo e mi auguro di non essere monocorde, la mia visionarietà spazia tra filosofia, cosmogonia, metafisica con un senso di religio che vibra sempre attraverso le infinite verità possibili che perseguo e che, (a quanto affermano i miei critici), danno alla mia Poesia il fascino di una scrittura insolita, riconoscibile per il timbro personale e, (bontà loro) molto apprezzata e seguita: "rendendo come veramente è giusto, la consacrazione delle mie tante "anime" come afferma Giorgio Bárberi Squarotti, mio amico da lunghisso tempo.

Fino a che punto vibra nella sua poetica l'afflato religioso?

E' quello che si dice l'origine-causa del mio linguaggio. Dio è imprendibile e io cerco di sfiorarlo come posso, inducendomi a pensare che Egli sia più vicino a me attraverso la Poesia. Perciò, è una ricerca incessante, continua, a volte visibile, altre solo intuibile, ma sempre dietro l'urto dirompente della scrittura, io urlo il Suo nome, verifico la Sua possibilità di essere ascoltata, la capacità escatologica della ricerca, mi porto più vicino al Grande Mistero del Trascendente, come tentativo di avvicinamento e di suggello della Sua Presenza- Intuizione

Come considera le monografie che le hanno fin qui dedicate? mi pare tre, nelle quali lei viene esaminata da diverse angolature e fotografata a 360°.

I miei critici danno giudizi molto belli nei miei riguardi. Spero che siano dettati da competenze autorevoli di grande levatura e non piuttosto da affinità elettiva che può accomunare intelletti di pari dignità.
L'impressione che ho ricavato dal loro racconto esegetico sulla mia persona è lusinghiero. Dire se tutto quanto affermano sia vero  e non piuttosto il frutto di convinzoni persnali non sta a me dirlo. Il tempo farà giustizia da sé, sempre che il mio modo di rapportarmi alla Poesia sia verificato anche da altri illustri che man mano seguiranno, consentendomi di passare "la frontiera" e chiedere quel diritto d'asilo di cui pochi responsabili unici detengono il potere per la Storia della Letteratura Italiana.

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9 dicembre 2011 5 09 /12 /dicembre /2011 08:57

Sono Ninnj Di Stefano Busà: scrittrice, giormalista, critico, poeta,

 

Mi cogliete in un momento di grande sconforto per quanto attiene la situazione italiana di questo momento.

 

Per ora non si delineano fattori di ripresa o di crescita. La situazione è di stallo.

Vi sono miei interventi su FACEBOOK.

Essere italiano in questo periodo storico vuol dire “arretratezza strutturale, formale, e di pensiero: lo schema è piuttosto piatto, non si notano scatti d’ala, dovremo aspettare i risultati di quest’ultima pletora di burocrati e tecnocrati per visualizzare un qualche movimento che regoli il meccanismo inceppato. Troppo e per troppo tempo, abbiamo sottovalutato le inadempienze, le incongruenze, la burocrazia, l’inefficienza del sistema-.Italia. Abbiamo perso il treno. Per il momento siamo fermi sul binario in attesa che ne passi un altro. e questa volta, badare bene di non perderlo, perché sarebbe la fine.

Restare al palo per un popolo di creatori, estrosi, fantasmagorici cultori (del fai da te) è certo umiliante, ma sapremo cavarcene fuori. La verità è che non si affrontano i problemi dal lato strutturale, non si aggiustano le situazioni, non si effettuano tagli equi, si fanno arrangiamenti che toccano solo le tasche dei poveri cristi, sempre gli stessi, in barba ai miliardari che hanno patrimoi ingenti e godono anche dello “scudo fiscale”. Come dire: invitiamo Dracula a fare da crocerossina. Ci berrà tutto il sangue, ci svenerà, senza concludere niente. Perché le cose non si aggiusteranno, svendendo i figli. E ogni buon padre di famiglia lo sa, i nostri Governanti dovrebbero essere i nostri padri (?), coloro che devono fare i nostri interessi. Lo saranno? c’è da chiedersi in un momento così drammatico, in cui ne va di mezzo l’esistenza dell’Italia, la sopravvivenza di un popolo, sapranno i ns. eroi rimettere a dritta la barra?

 

Per me, l’orgoglio di essere cittadina italiana si è andato stemperando, ormai siamo incorniciati come un popolo di mentecatti, di buonisti ad oltranza, di succubi. La parte migliore di noi ci dice di non arrenderci, ma sarà sufficiente dire no e basta, ma poi a chi lo gridi? nessuno ci crede più, a chi rivolgi il tuo NO.

Fin’ora ogni governo ha fatto la sua strage, il suo danno irrimediabile.

Saprà questo Governo provvisorio, fatto ad hoc per la circostanza, venuto dal nulla (alieno alla politica ufficiosa e spocchiosa, alla casta disonorata e corrotta (molti deputati inquisiti o finiti nelle maglie della giustizia), scendere dai Monti (si fa per dire) al mare e programmare un capovolgimento di situazioni ataviche, di immobilismi secolari, di veti incrociati, di congreche cronicizzate,  di malavita, di corruzione, di malagiustizia?

 

Molte, troppe cose deludono di questa Italia indolente, pasticciona, inerte, arretrata, fatalista (ha sempre creduto che i problemi li risolvano gli altri? o peggio si risolvano da soli?).

 

Essere Italiani oggi non è un vanto.

Ma ci tocca sperare! sperare! la speranza non muore, si piega, ma non si spezza, Traduciamo, dunque il pessimismo in moderato ottimismo, guardiamo al bicchiere mezzo pieno, anziché a quello mezzo vuoto. E che Dio ci aiuti, ce la mandi buona.

L’uomo poco prima di sprofondare ha sempre fatto un passo indietro per non inabissarsi. ...Staremo a vedere...

 

Noi italiani abbiamo troppe colpe, forse anche quella di non esserci resi conto in tempo in quali acque annegavamo. Ora siamo agli sgoccioli, il tempo ci è nemico, corriamo sul filo di lana...

Ma siamo vivi e il ns. è un paese meraviglioso invidiato da tutti, (disprezzato, magari, dai più che non hanno le nostre stesse qualità, fantasie, bellezze...): Siamo un popolo grandemente solidale, tollerante e generoso e su queste formule dobbiamo riappropriarci della ns, vera identità, rifarci il buon nome sbiadito e tirare innanzi, ancora una volta, come se fossimo usciti da un’altra grande guerra, questa volta quella economico-finanziaria-  fatta di Bpt. di Bond, di Spread, una finanza in mano ai magnati, alle banche, ai grandi speculatori, ai poteri occulti.

 

In quanto a consigli ne avrei tanti, una delle ricette possibili è quella di rimboccarsi le maniche, non essere schizzinosi coi lavori più umili e comuni, amare la terra e i suoi derivati (quindi un ritorno magari parziale a coltivare la terra degli antenati., per non farci sovraffollare il territorio da una pletora sempre più enorme di immigrati, che aggiungono la loro miseria alla nostra, portando i loro guadagni fuori dall’Italia, alle famiglie lontane. E questo decentramento di capitali e un decentramento e squilibrio per tutto il sistema Italia che si avvale di mano d ‘opera straniera perché non si vuole sporcare le mani con lavori pesanti che ritiene umilianti. Ma i tempi sono finiti, le vacche sono state munte a tal punto da non avere più le mammelle. A buon intenditore!...        

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8 dicembre 2011 4 08 /12 /dicembre /2011 16:48

di Ninnj Do Stefano Busà

 

Quando si parla di Poesia c'è il dubbio che si parli di qualcosa di assolutamente astratto che ci commuove o ci sommuove, ci spinge a cercare dentro o fuori di noi la Bellezza che manca nel mondo.

E infatti, sono convinta che il poeta sia tra gli esseri umani il più "imperfetto", il più lacunoso e incapace di trovare la perfezione che disperatamente cerca.

Ha uno strano e ambìto progetto il poeta, che è quello di perseguire la perfezione ovunque essa si annidi, nel mentre la cerca, essa gli sfugge, si allontana da lui, in una sorta di sortilegio che lo fa essere sempre altrove, da dove essa si trovi, altrove da sè, altrove dai luoghi, dalle cose che egli possiede e ama.

E allora per quanto la evochi, per quanto desideri raggiungerla, essa è sempre lontana o pare allontanarsi sempre più dal suo progetto iniziale.

Vi sono due tipologie di poeti. chi scrive per se stesso, inseguendo il modello di bellezza che ha dentro di sè, che lo ispira e gli fa immaginare una bellezza "superiore" a quella che lo circonda, e quella di chi scrive a tavolino, direi <a freddo>, per immettersi in un mondo, che gli consenta il protagonismo intellettuale, pirotecnico, (e spesso illusorio), le luci della ribalta, la popolarità e il successo.

La poesia invece ha tempi lunghissimi, è qualcosa che origina da molto lontano e va verso territori inimmaginabili. Se tutto va bene, trasferisce il progetto poetico oltre noi, oltre il momento, in una dimensione storica che può collocare il poeta nella pagina letteraria del futuro come un vate.

La dimensione irreale che è perennemente sul punto di implodere al di dentro, esplora emozioni "altre", che le restituiscano la funzione del Bello che in sé non possiede.

E' come se al poeta mancasse il terreno sotto i piedi, più corre per inseguire la perfezione, più quest'ultima si allontana, rifugge da lui, si estranea o si mescola con la realtà cruda del quotidiano, impedendogli di vedere oltre la cortina di nebbia del suo osservatorio privato.

Il rischio peggiore per un poeta è quello di sapere che non troverà mai la perfezione che cerca, ma si dovrà accontentare del <perfettibile> che lo surroga almeno in parte.

La poesia, infatti, nella sua vera accezione, è un conto aperto con l'anima  di chi la scive. 

Ogni poeta sa che si può estinguere in ogni momento, ma al contempo è cosciente che della sua essenza e superba bellezza non può più fare a meno fino alla morte.

Se è toccato dalla poesia, difficilmente rinuncerà a cercare dall'abisso fondo del buio le parole atte a comunicare con essa, (poesia) in quanto il tentativo per innescare un verosimile dialogo resta sempre un po' incerto e incapace di aprirsi del tutto. Perciò, spesso si dice che "la poesia più bella è quella che un poeta ancora non ha scritto".

Per il fatto che è induttiva e inebriante o esaltante essa trova molti fautori, ma con la consapevolezza che: chi scrive poesia è solo il guardiano del paesaggio interiore, semmai l'interprete, il transfert qualche volta, ma mai padrone di ciò che crea, perchè una volta creata la parola diventa di tutti, inibisce la proprietà di ciascuno che diventa ascoltatore di sè stesso. E come un teatro il cui palcoscenico è attraversato da tanti attori, tutti con ruoli diversi, ma compresenze di una stessa scena, una "piece" teatrale  che è quella del mondo, dove trionfa il segno architettonico dell'avventura universale, ma non il tutto, come dire una pagina non l'intera rappresentazione.

La poesia è uno di quei disegni che sfugge ad ogni interpretazione o intuizione umane.

La poesia vive di se stessa, e cerca in se stessa la sua ragion d'essere, è biografa e registra ogni vibrazione dello spirito come se fosse il primo segnale del mondo, non si può coattare, nè impedire che venga fuori, d'improvviso, quando meno il poeta se l'aspetti. Sarà condivisione "dopo", ma al momento del poiein il poeta è solo, come una madre che sta per partorire, in quel preciso momento la natività della parola è slancio, idealmente assolve il compito di neutralizzare le brutture, del mondo, rendersi perfettibile, compartecipe alle sue straordinarie manifestazioni scrittorie, ai suoi panorami intellettuali, alle sue emozioni e suggestioni. In un secondo momento la poesia sarà amore, sarà tendenza all'eterno, forse tendenzialmente votata ad essere altro da sè, ma lucidamente, prioritariamente anche del mondo.

 

 

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7 dicembre 2011 3 07 /12 /dicembre /2011 15:48

di Ninnj di Stefano Busà

 

INGREDIENTI: 300 gr. di tagliatelle fresche, 1 trota da 200 gr. 1 limone, 200 gr. di polpa di melone, 1 ciuffetto di erba cipollina, 2 foglie di basilico, 1 spicchio d'aglio, olio extravergine di oliva, sale

 

Cuocete al dente le tagliatelle in acqua bollente salata. Pulite bene la trota, lessatela in acqua acidulata con limone per 7 minuti. Ricavatene dei filetti dalla polpa ed eliminate il resto. Frattanto, in una larga padella antiaderente con 4 cucchiai d'olio fate rosolare l'aglio sbucciato e schiacciato, (che poi toglierete), aggiungete la polpa di trota a pezzetti, e fatela insaporire con l'erba cipollina tritata e le foglie di basilico. Scolate le lasagnette al dente, versatele in padella col condimento, aggiungete la polpa di melone tagliuzzata a dadini e fate saltare il tutto per qualche minuto. Servite caldo con un Tocai. 

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7 dicembre 2011 3 07 /12 /dicembre /2011 15:08

di Ninnj Di Stefano Busà

 

INGREDIENTI: 300 gr. di spaghetti, bottarga di muggine 25 gr. 1 cipolla rossa di Tropea, 4 filetti di acciughe sgocciolati, 1 ciuffo di prezzemolo, 1 cucchiaio di olive nere grosse, olio extravergine di oliva, sale.

 

La bottarga si ottiene dalle uova di pesce (muggine e tonno) salate. Oggi è un raffinato condimento per la pasta, basta grattugiarla come il parmigiano.

 

Mettete sul fuoco l'acqua salata per lessare gli spaghetti. In una larga padella antiaderente con 2 cucchiai d'olio, fate rosolare la cipolla tagliata sottile, aggiungete le olive tagliuzzate e i filetti di acciughe sgocciolati. Scolate al dente gli spaghetti, versateli nella padella e mantecate bene col condimento. Trasferite in un piatto di portata, cospargete di prezzemolo molto tritato, spolverate abbondantemente con la bottarga grattugiata e servite caldo. Vino un Lagrein dell'Alto Adige.

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7 dicembre 2011 3 07 /12 /dicembre /2011 14:53

di Ninnj Di Stefano Busà

 

INGREDIENTI: 350 gr. di riso, 200 gr. di pistacchi sgusciati, 1 cipolla, 1 spicchio d'aglio, 6 dl. di brodo vegetale1 rametto di prezzemolo, 1 nocetta di burro, 80 gr, di provola affumicata grattugiata a scaglie, olio extravergine di oliva, sale

 

Mettete la nocetta di burro e 2 cucchiai d'olio nel fondo della pentola a pressione, fatevi rosolare la cipolla e l'aglio tagliati finemente, versatevi il riso e fatelo insaporire e mantecare per qualche minuto. aggiungetevi tutto il brodo vegetale (anche dado), aggiustate di sale (tenendo conto se è dado). Chiudete la pentola a pressione e regolatevi a 7/8 minuti dal fischio. Intanto, pestate i pistacchi con un goccio d'olio, l'aglio sgusciato e schiacciato e continuate a pestare finché risulti una salsa densa, se vi risultasse troppo densa, aggiungete 2 cucchiai di latte (o di yogurt). Aprite la pentola, versate il risotto in un vassoio, cospargetelo con il trito fnissimo di prezzemolo, con provola affumicata grattugiata a scaglie e servite caldo.Vino consigliato un Biferno rosato.

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7 dicembre 2011 3 07 /12 /dicembre /2011 14:37

di Ninnj Di Stefano Busà

 

 

SEMPLICE E GUSTOSO PRIMO PIATTO, VELOCE E NUTRIENTE

 

INGREDIENTI: 300 gr. di sedanini, 120 gr. di feta, 5 pmodorinidatterini, 1 cipollotto, 2 cucchiai di olive nere (taglia grossa), 1 limone, origano, olo extravergine di oliva, sale, peperoncino rosso piccante

 

Lavate e asciugate i pomodorini, eliminate i semi e tagliateli a dadini. In una grande padella antiaderente con 4 cucchiai d'olio fate rosolare il cipollotto tritato, aggiungete le olive, la dadolata di pomodorini, il succo di mezzo limone, il peperoncino tagliuzzato finemente. Fate appena cuocere per non essere crudo del tutto (1 minuto. Aggiustate di sale, spolverate l'origano. Scolate la pasta al dente versatela nella padella e fate insaporire a fuoco spento al condimento, versate la feta tagliuzzata a piccoli dadini. Versate il tutto in un piatto di portata e condite con un filo d'olio e fettine sottili di limone per guarnizione. Servite caldo.

 

 

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