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27 agosto 2014 3 27 /08 /agosto /2014 10:13

a cura di Ninnj Di Stefano Busà

 

Umberto Piersanti inizia in poesia con La breve stagione nel 1967 all'età di ventisei anni. Da allora si dedica con impegno alla letteratura pubblicando, oltre a diverse raccolte poetiche, testi di saggistica e anche di narrativa.

È presente in diverse antologie italiane e straniere tra le più prestigiose. Il suo nome è legato a premi di grande rilevanza come:

  • il primo Città di Pisa
  • il premio Camaiore
  • il premio Penne
  • il premio Caput Gauri,
  • il premio Insula Romana e ancora  il Mastronardi, il Piccoli, il Frascati, tutti di prima grandezza.

Nell'edizione del 2005 fu candidato al Premio Nobel per la Letteratura.
E' nato a Urbino nel 1941. Nel 1966 suoi scritti giovanili sono usciti nella cartella d' arte All'ora del crepuscolo (Ed. Svolta, Urbino). Ha pubblicato i libri di poesia: La breve stagione (Ad libitum, Urbino; 1967); Il tempo differente , (Sciascia, Caltanissetta, 1974), L'urlo della mente (Vallecchi, Firenze, 1977), Nascere nel '40 (Shakespere e C., Milano, 1981), Passaggio di sequenza (Cappelli, Bologna , 1986); I luoghi persi, (Einaudi, Torino, 1994), Nel tempo che precede (Einaudi, Torino, 2002), L’albero delle nebbie (Einaudi, Torino, 2008). Un' antologia di sue poesie è uscita in Spagna col titolo El tiempo diferente (Los libros de la frontera, Barcelona; 1989) Con Fabio Doplicher ha curato l'antologia di poesia italiana Il pensiero, il corpo (Quaderni di Stilb, Roma, 1986 ) Ha inoltre pubblicato i romanziL'uomo delle Cesane (Camunia, Milano, 1994), L’estate dell’altro millennio (Marsilio, Venezia, 2001), Olimpo(Avagliano, Roma, 2006), Cupo tempo gentile (Marcos y Marcos, Milano, 2012). Ha scritto tre volumi di saggistica:L'ambigua presenza (Bulzoni, Roma 1981 ), Poesia diffusa, insieme a Fabio Doplicher, (Shakespeare e C., Milano, 1982) e Sul limite d'ombra (Cappelli, Bologna 1989). E' autore del film L'età breve (1969) e dei film-poemi: Sulle Cesane(1982), Un'altra estate (1988) e Ritorno d'autunno (1988). Tre suoi testi filmici, L'età breve, Nel dopostoria, Sulle Cesane, insieme a numerosi interventi sulla sua produzione cinematografica, sono usciti nel volume Cinema e poesia negli anni '80, curato da Gualtiero De Santi (Cappelli, Bologna, 1985). Dirige la rivista "Pelagos", ha collaborato con "Tuttolibri La Stampa" e con "Il Corriere Adriatico".


 

poesie di Umberto Piersanti da “I luoghi persi” (Giulio Einaudi, Torino, 1994)

 

Nel tempo che precede

madre ch’eri fra tutte la più gentile
persa con le tue amiche in fondo al fosso
lunga la treccia sul tuo corpo snello
scende fino alla vita, nell’acqua chiara
hai camminato scalza, scosti le brecce
dentro la tana il gambero s’appiatta
d’intorno sono i colli che tu speri
di sorpassare un giorno, non sai la meta
guardi il greppo che pende e ti sovrasta

oggi Madìo ha preso con la vanga
il lepre nel trifoglio alla piantata
passano i merli dentro l’aria chiara
getta fuori il sambuco acini fitti
ma Celeste è lontano, presso i fili
dove muore chi è andato a far la guerra

scenderà questa notte giù dal cielo
- la tua fiaba narravi all’Elda attenta -
lo aspetto col cuscino presso il noce
c’è come un carro grande che vola sopra
per lui metto le viole nel bicchiere
ho tolto dalla cenere i lenzuoli

dopo scavò la terra proprio alla porta
dentro ci ha messo il noce, la rama chiara
consiglio della Fenisa quand’ha saputo
che è quella la pianta dove aspetta

scende nella divisa grigioverde
lento giù per la costa sullo stradino
e splende la sua faccia per la luce
come mai s’era vista dentro l’aria
sarà quella ragazza che t’aspetta
venire nella notte giù dal cielo
la prima che t’abbraccia sulla porta

prima che nascessi furono insieme
stavano tutti là presso l’aiuola
a pescare castagne nel caldaro
ora mancano tutti, manca una casa
solo prima di nascere l’ho avuta.

 

Il favagello

è d’un giallo squillante, nessun fiore
l’uguaglia anche se prendi l’anno intero
copre a febbraio i greppi
verdissima è la foglia
umida sempre un poco e immacolata
quando la neve cade che ritarda
il favagello resta sotto intatto

se sta sotto la neve tre giorni sani
e viene una ragazza che lo coglie
dinnanzi alla specchiera, in un bicchiere
col gambo dentro l’acqua poi lo mette
sale nel vetro l’uomo, sale le scale
bussa alla porta
e aspetta se lei apre.

 

 

 

 Incontro


il crepuscolo lungo
che si spegne,
dall'erbe e dalle macchie
fitte più di formiche
in processione
le rane nella strada
e contro i vetri,
sul cofano aggrappate
con rauchi gridi

ma non c'era un torrente
tutt'intorno,
neanche un fosso
il più scavato e perso,
non era quel cammino
così assurdo e irreale
e senza meta?

ma tacevano i lunghi
campi e freddi,
ottobre li bagnava
con la sua brina,
solo un grillo tenace
nel trifoglio
lo stanco canto
oppone
al primo gelo

chi non sa dove andare
meglio cammina,
nel buio che s'annuncia
conviene perdersi,
i sentieri tra i campi
sono infiniti,
la fonte sta dovunque
o in nessun luogo

scendono per i greppi
le rane a balzi,
forse non hanno meta
forse è smarrita,
tu le guardi,
pensi
quant'è dolce
perdere la strada

_____Maggio 2013

.

.

 


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25 agosto 2014 1 25 /08 /agosto /2014 18:09

a cura di Ninnj Di Stefano Busà

 

LORENZO SPURIO è nato a Jesi (AN) nel 1985. Laureato in Lingue e Letterature Straniere, è scrittore e critico letterario con all’attivo una serie di saggi pubblicati online, in rivista, in antologia e in volume unico, prevalentemente su autori anglosassoni.

Per la narrativa ha pubblicato le raccolte di racconti “La cucina arancione” (2013) e “Ritorn ad Ancona e altre storie” (2012 – coautrice Sandra Carresi).

Direttore della rivista di letteratura “Euterpe” fondata nel 2011, ha organizzato una serie di reading poetici e incontri tematici sul “Disagio psichico e sociale” che hanno toccato varie città per i quali ha poi curato le relative antologie dell’evento in collaborazione con la Associazione Culturale TraccePerLaMeta della quale è socio fondatore.

E’ stato ed è membro di giuria in vari concorsi letterari; è Presidente del Premio Letterario Nazionale di Poesia “L’arte in versi” e Presidente di Giuria del Premio di Letteratura “Ponte Vecchio” (Firenze) e del Premio “Città di Porto Recanati”.

La sua prima silloge poetica è “Neoplasie civili” (2014) una raccolta di liriche civili che si apre con la prefazione di Ninnj Di Stefano Busà.

 

 

 

 

 

 

L’AIUTO NON DATO (MAIDAN)

 

Rivoluzioni di provincia,

neglette reclusioni in

domini di regimi canaglia,

come sempre intimidiscono le stelle.

 

I comunitari se ne fregavano

beffando se stessi

in pensieri di fiamma,

spenti ed evacuati.

 

Cocci taglienti e scarpe spaccate

nella piazza centrale, assedio

contro un capo-cecchino

schifoso, come tutti i capi in guerra.

 

Del fuoco e dei vetri di piazza,

una neve non più bianca,

ma grigia di noia,

nera d’affanno

e prossima al rosso.

 

La battaglia si vince solo intentandola.

La vittoria è un tramestio di nuvole

e lacrime spente

mentre il giallo-blu del vessillo

si scioglie

in un verde opprimente

che fa sognare nei prati

di qualche fiaba tremenda.

 

 

NON PIU’ FAVOLE

 

Non era tempo per favole

e idiote freddure, quello.

Il sole riscaldava l’erba,

l’aria e il cemento,

ma non me.

 

Me ne andavo solo

riflettendo beota

mentre incespicavo

ai bordi di un marciapiede

spaccato.

 

Un gatto senza coda

correva baldanzoso

zampettando felice

in un prato

poco distante da me.

 

 

 

 

IL LAIDO TIMONIERE

(SEWOL INFILAZTO)

 

L’avventata decisione di solco

imprevedibile avvento di derelizione portò

nei mari avulsi da umana presenza

e regno dei flutti e scoramenti.

 

L’istruzione zuppa d’acqua,

incinta di un sale pungente

sdoganò la ratio

e l’oceano si mangiò se stesso.

 

Il fetido navigatore chinò il piglio.

Mi domandai se quei capelli fossero tinti.

Strozzai un bicchier d’acqua

e mi commossi.

 

Il comandante oceanico

rabbuiato per la sua colpa

accoltellava l’umanità di angoscia

con il traghetto-catafalco

esacerbando ferite profonde

fino all’osso.

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24 agosto 2014 7 24 /08 /agosto /2014 19:00

 

a cura di Ninnj Di Stefano Busà

 

Stefano Massetani  nasce nella “ fiorita collina tosca “del Carducci e cioè a S. Maria a Monte (Pi) nel 1959, assorbendone l'incanto poetico alimentato dai frequenti soggiorni presso la casa dei nonni paterni.

In giovane età si trasferisce a Pisa dove compie gli studi al “glorioso” liceo scientifico U. Dini. Si iscrive alla facoltà di Farmacia dell'ateneo pisano laureandosi nel 1983.

Da allora esercita a Pisa la professione di Farmacista ritagliandosi spazi per poter scrivere racconti e poesie seguendo quella che si può definire una tradizione di famiglia Massetani, iniziata dal nonno Nando e proseguita dallo zio Enzo.

“Farfalle e falene “Giovane Holden Edizioni Viareggio 2008 è il suo primo libro di racconti, mentre,“Amore imperfetto” Giovane Holden Edizioni Viareggio 2009 è il suo primo libro di poesie. “Fiore di vetro” Giovane Holden Edizioni Viareggio 2012 è la sua ultima raccolta di liriche. “Tutti i colori dell'autunno” Giovane Holden Edizioni Viareggio sono racconti che sarà presentato in anteprima nazionale al Pisa Book festival il prossimo 8 Novembre.

Primo classificato Premio Speciale Concorso letterario europeo di poesia e narrativa città di Montieri Circolo Culturale Mario Luzi di Boccheggiano 2010

Primo classificato al XV concorso nazionale di poesia L'Amore, Foiano della Chiana 2010

Primo classificato al Premio Nazionale di Poesia “Astrolabio 2010-2011” Pisa 2011

Primo classificato al Premio Poesia “una frase l'8 Marzo per la mia donna” on-line 2012

Primo classificato al 26° Concorso Letterario Internazionale"G.Gronchi" Pontedera 2012

 

 

 

TESTI

Fiore di vetro

 

 

E' come un fiore di vetro il nostro amore.

Delicato e fragile,pronto a sbriciolarsi

 in cento schegge,al soffio del tempo.

Schegge capaci di lacerare la carne e lasciare il segno.

Oggi,non ci sono più lacrime nei miei occhi,

mentre osservano le profonde cicatrici che porto sulla pelle.

 Stringo a stento fra le dita i resti di questo fiore di vetro,

che scintillava al sole del mattino ed ora,

 con le luci della sera,

appaiono opachi e smorti,

senza più quei riflessi d'oro e corallo,

che incantavano la mente e il cuore.

 

 

 

Sei

 

 

Sei la più bella poesia

che un poeta possa avere mai scritto,

capace di dare la pace

al palpito sordo di un cuore sconfitto.

Sei la più dolce melodia

ascoltata nei giorni di festa,

sei ciò che va via e ciò che resta,

al mattino al risveglio dal sogno,

sei ciò che mi spinge e mi arresta:

la sola di cui ho davvero bisogno.

 

 

 

Come pioggia dietro un vetro

 

 

 

Vorrei esser il tuo sole all'orizzonte,

ed esser capace ad incendiarti il cuore,

ma sono come pioggia dietro ad un vetro,

mi osservi,distratta,

ma non ti bagno,

mentre scivolo via,

goccia dopo goccia,

convogliato in mille rivoli,

che indugiano solo per un attimo

davanti al tuo volto,

quasi a volerne carpire il sogno,

prima di precipitare,

ormai indifesi verso il vuoto.

 

 

 

Donna sbagliata

 

 

Donna sbagliata,

te lo sei sentita ripetere fin da piccola,

così tante e tante volte,

che hai finito anche tu per convincertene,

ipotecando il futuro attraverso scelte sbagliate.

Gli uomini approfittano facilmente di una donna sbagliata,

perché una donna sbagliata è un fiore sbattuto dal vento, fragile e sola,

in compagnia soltanto dei suoi sensi di colpa.

Ma tu donna sbagliata, hai tanto bisogno d'amore,

quanto dell'aria chi è da troppo tempo sotto il pelo dell'acqua.

Lotti e ti dibatti,finché senza respiro,

sei costretta a riemergere, anche per un attimo soltanto,

infrangendo con impeto il guscio di spavalderia che ti ricopre,

per respirare con avidità e senza scelta,

quanto più amore ti è dato trovare.

Un amore che ti usa e t'avvelena,

per  lasciarti,alla fine, ancora una volta sola,

 senza mai darti, veramente, il tempo di amare.

 

 

 

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21 agosto 2014 4 21 /08 /agosto /2014 18:20

 

a cura di Ninnj Di Stefano Busà

Rosanna Di Iorio è nata a Chieti e vive e opera a Cepagatti (PE). Nel 2002 ha pubblicato la raccolta di poesie “Oltre lo sguardo”; nel 2005 “ Stelle del nulla misterioso”; nel 2008 “Con le nostre mani d’anime”, nel 2010 “Un groviglio di sentimenti” pubblicata come vincitrice del premio San Nicolò’ di Padova; nel 2011 “Sono cicala. Mi consumo e canto” pubblicata come vincitrice della XXXII edizione IL Portone di Pisa. Nel 2013 “Arianna e il Filo. Geografia di Sentimenti” Edizioni Kairos. E’ risultata nella terna vincitrice e tra i finalisti anche con alcuni racconti. E’ stata membro di Giuria del Premio Mimesis di Itri nel 2013.

Ha conseguito numerosi primi premi importanti. Finalista e segnalata in tanti altri.

 

 

UNA RAGAZZA ALLO SPECCHIO UNA SERA DI SETTEMBRE

 

 

 

Nelle serate torbide d’autunno

s’impara ad accostare piano piano

le porte delle stanze addormentate

dove non si dovrebbe entrare più.

 

Nello specchio si affaccia la ragazza

che di nascosto esercitava il suo

febbricitante corpo nello specchio

a mettere il vestito della madre,

ancora stanco di profumi forti

e di odori di corpi attraversati

da sapori e deliri della notte.

 

Poi voltandosi mostra una figura

che si piega in avanti con tremore

come a volersi opporre a una ventata.

 

Ma vento sulla scena non ce n’è.

 

Come dopo l’amore nelle ore

vuote del pomeriggio. Oppure come

quando si pensa a un viaggio che alle spalle

non lascia traccia alcuna. A questo punto

sono più i giorni attraversati intanto

che quelli che poi restano. E qualcosa

li sta riempiendo lentamente. Come

l’assordante frinìo della cicala

che sottovoce cantilena ai piedi

della vallata dietro i nostri volti,

le nostre ombre opache, i sentimenti

che scorrono atterriti, disattenti

lungo il sentiero senza suono solo

con passi lievi inesistenti. Quasi

come un nonnulla.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DI TUTTO QUELLO CHE HO VISSUTO

 

 

Di tutto quello che ho vissuto, Amore,

solo un groviglio di pensieri adesso

rimane con la polvere dei giorni;

qualche dolcezza consumata in fretta

nell’attesa di fragili finali.

 

Resta un eterno bacio alle illusioni,

un triste lacerarsi dentro il cuore

ai tanti addii passati sulla nostra

strada rovente di figurazioni.

 

Desideri, parole ricercate.

Altre scagliate come frecce ostili

e poi volute indietro per Amore.

 

Resta l’ansito triste delle angosce

la sera, la malìa di una canzone

che mi faceva supplice sognare

fosforescenti alberi infiniti

in una stanza viola con la voglia

rabbiosa di un abbraccio senza fine.

 

Questo rimane. Mentre scalza in punta

di piedi, saltellando, credo ancora

di vivere. Isolata, crocifissa

in un modesto grumo di esistenza

dove anche il filo sfugge alle mie mani.

 

E dove non riesco più a capire

persino il modo di parlare oscuro

dei miei nuovi padroni. Il senso e il verso

di queste voci atone, appassite.

 

Di questi sassi nelle tasche. Queste

notti d’inverno fredde e senza sonno

che scorrono nel fuoco di un delirio

febbricitante che sta macerando

i sentimenti miei. E ogni altra cosa.

 

Ti dico solo a questo punto ormai

la vita ci è sfuggita dalle mani.

E i resti abbandonati, spogli, sparsi,

cercano invano nuova umanità.

 

 

 

 

 

LA VOCE DELL'AMORE TRA LE MANI

(per una mamma non udente)

 

 

Ho visto le tue mani farsi voce

e gridare nel vento. E sulla fronte

fili di seta bianca, riluttanti

sfidare oltre le stelle, l’Universo.

 

Ho visto nei tuoi occhi sempre ardenti

fiumi di luce mite e imperativa.

 

E il pensiero si lega al gesto, il segno

al senso. Senza mai nessun bisogno

di inventarsi sirene. La dolcezza

delle tue dita elastiche e sottili

come un tam tam percuotere il silenzio

e farsi canto di contralto. E d’ombra.

 

Quanta forza nel fondo, senza orecchi

per udire la voce di tuo figlio

che solitaria canta nel tuo buio,

che non riesce a vincere il silenzio,

ma lieve sfiora le tue labbra mute.

 

Forse bisognerebbe saper dare

di più. Vorrei poggiare le mie mani

sullo schermo magnifico del cielo

vivendo sempre in questo mondo ostile,

così placando con la mia passione

la tua feroce dissonanza e darti

una rosa del mio muto giardino.

 

Perché io amo i balsami segreti

delle tue mani che sanno attenuare

le mie pene del vivere. Le tue

celesti dita che sanno cantare

sulle mie gote canti di innocenza.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

LE FORBICI DEL TEMPO

 

 

Per troppo tempo, amore, hai fatto finta

di non comprendere trafficando, spesso

in ginocchio, coi sogni e le parole.

 

Ma i sogni sono spesso senza fondo.

 

Su quest’ultima soglia, ora decisa,

pare che solo adesso tu ti avveda

del tuo volto allo specchio che la vita

ha deformato e il tempo incide. E quella

lacrima antica che scivola furtiva

dai tuoi occhi alla terra. Usuale.

 

Ora ti accade di guardare altrove.

Oltre il tuo freddo grigio conversare

senza costrutto, senza desiderio,

senza pietà né amore, oltre i giardini

che ci tolgono il sole. Oltre il passato,

l’ieri, i domani oscuri; oltre il segreto

del tempo. E ora ti pare di capire

che c’à qualcosa dentro il meccanismo

che ci uccide, una perfida rotella

che abbiamo conservato in una tasca

fin da dopo la nascita nascosta

nella nostra coscienza primitiva

e che ci ha per sempre avvelenato.

 

Ferma decisa sulla soglia, adesso,

credi di aver capito finalmente.

 

Ed aspetti qualcuno, qualche cosa

col sorriso stampato sulle labbra.

 

Annodi l’ora alla cupa stagione

e i giorni persi. E sembra che li scelga

scuotendo il capo, poi li culli appena

con rammarico freddo. Poi li conti

ad uno ad uno nel palmo della mano.

E poi li scruti per guardarvi dentro

e ti viene da piangere. Ora sai:

 

Troppo a lungo, per crescere, le tue

radici hanno piegato le tue ali.

 

 

 

LA NEBBIA QUELLA SERA ADDORMENTAVA

 

(per Alessandra I.)

 

 

La nebbia quella sera addormentava

la terra sul suo magico cuscino.

E il colore del cielo sarà certo

apparso differente alla tua vista.

 

Così sgomenta hai rigirato altrove

il tuo sguardo fingendo di cercarti

qualcosa nelle tasche che non c’era.

Ma tu cercavi inutili parole

capaci di riassumere un passato

che non sapeva dirti niente più.

 

Si sa, la giovinezza ha le ali mozze

e il vento intrufolandosi all’interno

gonfia speranze di futuri arditi.

 

Ma la vita ricerca braccia forti

e ricche di pazienze inesplorate.

 

Quella sera non c’era il vento buono.

Svelto fu il volo per la tua angosciata

anima frantumata clandestina

in un secco silenzio senza bene.

 

Pendono alla ringhiera le tue ali.

Le catene ha spezzato il tuo angioletto.

 

Il tuo sorriso eterno ora si è fatto

nell’abbraccio benevolo col cielo.

 

E il mare sotto il ponte più non s’ode.

 

Quietamente continua il suo cammino.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

IN UNO SPECCHIO

 

 

Guardandomi cadrò senza capire.

E lascerò il racconto mentre stavo

soltanto riflettendo sul da farsi

per resistere ai danni di ogni giorno.

 

Credo che sarà inverno, perché oggi,

adesso - e non è colpa della brutta

stagione se non so sentirmi viva -

mai niente mi è sembrato così triste;

la mia mano sprezzata dalla tua

fretta ingiuriosa, le parole, il cuore

ipotecato da tutt’altre cose

che me. Che non ci sono dentro te.

Il tuo passo, il mio passo disperato

sospesi sopra il ciglio di un abisso

lontano da ogni cosa: tutto questo

in un istante sparirà e spaurita

io sarò cancellata dalla carta

geografica del vivere. Una storia,

un desiderio di esistenza avranno

perduto ogni sostanza. Ogni pietà.

Nessuno saprà mai che una speranza

sacrificata di felicità

si sarà cancellata. E prima c’era.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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10 agosto 2014 7 10 /08 /agosto /2014 16:03

a cura di Ninnj Di Stefano Busà

 

Maria Luisa Spaziani nata a Torino, frequenta l'Università di Torino, facoltà di Lingue, laureandosi con una tesi su Marcel Proust. La cultura francese e la Francia con i suoi autori, in seguito sarebbero rimasti una sorta di stella polare nel suo immaginario e nel suo vissuto, con una serie di soggiorni a Parigi a partire 1953, anno del conseguimento di una borsa di studio.

Nel gennaio del 1949 conosce E. Montale durante una conferenza del poeta al teatro Carignano di Torino, e fra i due nasce, dopo un periodo d’assidua frequentazione a Milano, un sodalizio intellettuale caratterizzato anche da un'affettuosa amicizia.

Inizia anche la prima stagione poetica di Maria Luisa Spaziani, che  invia alla Mondadori una raccolta. Durante il soggiorno in Francia scrive nuovi testi, che vengono aggiunti all'opera. La  Mondadori pubblica nel 1954 :Le acque del Sabato, nella prestigiosa collana Lo Specchio.

Negli anni 1955 e 1957 Maria Luisa Spaziani insegna lingua e letteratura francese presso il liceo scientifico del collegio Facchetti di Treviglio. A tale periodo e a tali luoghi dedicò la poesia Suite per A. con la quale nel 1958 vinse il premio Lerici (presidente di giuria E.Pea).

 

Spaziani viene chiamata come docente all'Università di Messina lingua e letteratura tedesca fino a quando non si libera, nello stesso Ateneo, l’incarico di lingua e letteratura francese e proprio in quegli anni in ambito accademico cura volumi comePierre de Ronsard fra gli astri della Pléiade (1972) e II teatro francese del Settecento (1974). Fervida e proficua la sua attività di traduttrice dal francese, P. De Ronsard, Racine, G. Flaubert, A. Gide etc.

La statura intellettuale di Maria Luisa Spaziani supera i confini nazionali: nei viaggi in Francia e negli Stati Uniti ha tra l'altro modo di conoscere personalità di rilievo assoluto del Novecento letterario come Ezra Pound, Thomas Eliot, Jeam Paul Sartre.

Buona parte del libro di poesie L'occhio del ciclone (1970) è ispirato dalla sua esperienza vissuta in Sicilia, con i suoi paesaggi e il suo mare, cui fanno seguito raccolte sempre più "diaristiche" e "impure" come Transito con catene (1977) eGeometria del disordine (1981), che si aggiudica il Premio Viareggio per la poesia.

Nel 1979, del lavoro poetico di Maria Luisa Spaziani, autrice ormai affermata, con introduzione di Luigi Baldacci, viene pubblicata un'antologia (una seconda, ampliata sarebbe poi uscita nel 2000, e una terza seguì nel 2011) negli "Oscar" Mondadori. Presiede infine nel 1982, dopo esserne stata nel 1978 fondatrice, per onorare la memoria del poeta, il Centro Internazionale Eugenio Montale, ora Universitas Montaliana, e il Premio Montale.

Coronamento del percorso poetico dell'autrice è l'opera Giovanna d'Arco (1990), poema in ottave di endecasillabi senza rima, che corona un lungo interesse dell'autrice per questo personaggio. 

Spaziani ha scritto inoltre numerosi articoli apparsi su riviste e quotidiani, saggi critici ed una raccolta di racconti, La freccia (2000). È stata tre volte candidata al Nobel per la letteratura. 

Ha vissuto a Roma fino alla morte, avvenuta il 30 giugno 2014

 

La memoria

 

M'inselvo nell'odore di mia madre
(purtroppo è ancora un sogno). Sono nata
o mi rannicchio in lei? Ci starei sempre
(forse pensavo) rinunziando a nascere.

E tu che c'entri, tu sfida vivente
di una vita ben viva? La memoria
di te ha lunghe ali e si proietta
avida, oltre le lande del passato.

 

Nessuno dice mai
 
Nei miei vent’anni non ero felice
e non vorrei che il tempo s’invertisse.

Un salice d’argento mi consolava a volte,
a volte ci riusciva con presagi e promesse.

Nessuno dice mai quant’è difficile
la giovinezza. Giunti in cima al cammino
teneramente la guardiamo. In due,
forse la prima volta.

 

 

 

 

 

 

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9 agosto 2014 6 09 /08 /agosto /2014 18:37

 a cura di Ninnj Di Stefano Busà

Ettore Bonessio di Terzet è titolare della Cattedra di Estetica presso l’Università degli Studi di Genova, Dipartimento Dafist, Scuola di Scienze Umane e Filosfiche.

1980. Organizza il Convegno di Poesia Italo/americana Genova-New York.

Dal 1982 al 1992 dirige il Seminario Sistemi Video presso la Facoltà di Magistero, Università di Genova, insegnando Teoria delle comunicazioni dei mass media, realizzando oltre 100 video d’opere di

artistipoeti.

Dal 1990 è responsabile dei Seminari di Estetica dove intervengono artisti poeti filosofi italiani e stranieri.

Ha insegnato Estetica alla Facoltà di Architettura e Teoria della comunicazione e Teorie della critica artistica al Master di “Architettura dello Spettacolo”, Università degli Studi di Genova.

Ha curato la rubrica Artisti d’Oggi per la rivista Studi Cattolici, Milano.

Ha collaborato al settimanale culturale Il Domenicale, Milano.

Dal 1981 dirige iLCobold, rivista di estetica e spazi creativi, che dal 2009 è on line: www.ilcobold.it

Collabora a siti web tra cui www.vicoacitillo.it; www.poetrydream.splinder.com; www.gaudiaduepuntozero.blogspot.com; www.antonio-spagnuolo.poetry.blogspot.com; www.leriflessioni.it, www.uhmagazine.blogspot.it, www.pingapa.blogspot.it ecc.

1998. Fonda e dirige sino al 2001 la galleria d’arte Fitzcarraldo Spazio Arte.

Dall’agosto 2004 al dicembre 2005 cura la rubrica domenicale Poesia Superba, Il Giornale, Redazione di Genova.

Ha curato la rubrica Elisir Deliri sul sito www.leriflessioni.it

Ha diretto la collezione di poesia pittura pensiero, La Bicicletta D’Oro, Mimesis, Milano.

Ha collaborato con la rivista Yale Italian Poetry, Università di Yale, USA.

Sue opere grafiche (35 tra puntesecche, bulini, linoleumgrafie) sono ospitate presso il Museo Arte e Spiritualità di Brescia, che nella futura nuova sede di Concesio (BS) gli dedicherà una sala permanente.

2009. Cura le rubriche Baci Perugina e CoboldArte. Galleria d’arte contemporanea su: www.ilcobold.it

2010. Fonda e dirige, con l’artistapoeta LCerveglieri, l’Associazione Culturale Spazio Arte ilBoscoBlu/iLCobold con sedi ad Alessandria e Genova.

2014. Fonda e dirige la collana d’artepoesia, La Lente di Venere, Mimesis, Milano.

 

Opere

Autopresentazione a catalogo, galleria Il Gabbiano, La Spezia, 1969

Il Cantico di Loona, La Spezia, stampato in proprio, 1974

Solitudine e comunicazione estetica, Genova, Bozzi, 1976

Esperienza estetica e realtà, Roma, Città Nuova, 1976

La “morte dell’arte“ in Hegel e la poesia moderna, Roma, Città Nuova, 1976

L’esperienza dell’arte, Genova, Ed. Filosofia Oggi, 1979

Trittico Viennese, Roma, Ed. Stilb, 1983

Il pane e la festa, Cardiff, Cardiff University Press, 1984

Oltre l’immagine. Immagini di un mondo diverso, Genova, iL Cobold, 1985

L’arte come forma di sapere, Genova, Università di Genova, 1985

Il principio della parola, Roma, Japadre, 1988

Il rasoio di Ockham, Genova, iL Cobold, 1988

Infectious art, Genova, Neg, 1990

Configurazioni, Genova, Marietti, 1990

Del Frammento Organico. Per una teoria del discorso, Genova, Marietti, 1992

Lo splendore del vuoto, Roma, Pellicani, 1994

Occasioni di mito, Venezia, Marsilio, 1995

E. A. Poe, La filosofia della composizione, Milano, Guerini & Associati, 1995 (trad. e introd.)

La bagnante dorata e altri aforismi, Udine, Campanotto, 1997

Ordo Italicus, Genova-Napoli: due capitali della poesia, Napoli, L’assedio della poesia, 1999

Discorso dell’essere e della poesia, Yale, Yale University Press, 2000

Las botellas rojas, Valencia, Rialla, 2000

Grande Frammento, Udine, Campanotto, 2001

L’Origine e l’Inizio, www.vicoacitillo.net/Xenia, 2002

Il problema dell’arte, Milano, Mimesis, 2003

L’albero azzurro, www.vicoacitillo.it (pdf), 2004

I pesci gialli, Milano, Mimesis, 2005

Il labirinto di sabbia, www.vicoacitillo.it (pdf), 2005

Visioni del Viaggio, www.vicoacitillo.it (pdf), 2006

Il principio della parola (con Raffaele Perrotta), Roma, Aracne, 2007, 2° edizione riveduta

Il DND. L’arte che deve ancora venire, www.vicoacitillo.it (pdf), www.ilcobold.it, 2009, 2° ediz.

Titanic e (tra parentesi), www.ilcobold.it, 2009

Le stanze della luce, www.ilcobold.it, 2009

Per fiati e trombe, www.poetrydream.splinder.com, 2009

Cantico di Loona, www.ilcobold.it, 2009, 2° edizione riveduta

Sull’artepoesia, www.ilcobold.it, 2009

L’estetica non esiste, www.ilcobold.it, 2009

Aforismi della bellezza, www.ilcobold.it, www.poetrydream.splinder.com, www.vicoacitillo.it/Ekesi 2009

Visioni, www.ilcobold.it, 2011

L’utilità dell’artepoesia, Roma, Aracne, 2013

Pensando l’artepoesia, www.ilcobold.it, 2013

il Cuore la Vita (fr. 2012-2014), www.ilcobold.it, 2014

ll piacere dell’artepoesia, Milano, Mimesis, 2014

 

 

Mostre personali e collettive

 

Personali

1969 La Spezia, galleria Il Gabbiano di La Spezia, di cui è stato

co-fondatore nel 1968, autopresentazione a catalogo

1970 Savona, galleria Il Brandale, pres. Stelio Rescio

1972 Genova, galleria Il Vicolo, pres. Pier Paolo Ottonello

1979 Incisioni, Il Grillo Ed., Genova, pres. G. Beringheli, A. Cima, V. Faggi

1980 Cannes, Festival du Cinema, pres. Annalisa Cima

1982 Heidelberg, Goldene Sonne, pres. Ettore Brissa

1984 Genova, Palazzo Bianco, “Epifanie del segno”, pres. Renato Barilli

1984 Amsterdam, Istituto Italiano di Cultura, pres. James Coleman

1985 Munich, Istituto Italiano di Cultura, pres. George Noskov

 

Collettive

Amsterdam, Genova, Firenze, Roma, Milano, Torino, Nice, Bologna, Munich, Parma, La Spezia, Ancona, Bologna

 

 

 

 

 

 

 

 

 

a poche cantanti

 

l’urlo

i suicidi

macchiamo

di applausi

per dimenticare

il dolore di tutti

 

*

 

 

Giustizia dove scappi,

devo portarti in galera

arrenditi all’ingiustizia sancita

dal distintivo, non arretrare.

 

Io il fuorilegge ti seguirò

sino all’inizio del mondo

ti prenderò ti getterò tra

lurido letame, tra i topi.

 

Arrenditi ribelle giustizia

ti scoverò anche se ti nascondi

nel luogo più santo del cosmo e

sconterai il tradimento tra la melma.

 

 

*

 

 

ai caduti, da sempre

 

 

Almeno gli uccisi

dall’inizio del mondo

Padre salvali

dalla consumazione

rinati su verdi campi

santi per il loro martirio.

 

*

 

 

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6 agosto 2014 3 06 /08 /agosto /2014 20:21

 

Antonio Coppola è nato a Reggio Calabria vive a Roma dal 1970. Si laurea all’Università di Roma La Sapienza in Lettere Moderne, giornalista-pubblicista dal 1972: ha scritto su quotidiani Nazionali, quali: Momento sera, Avanti, Il Secolo, Giornale d’Italia, Giornale di Calabria e riviste: La fiera Letteraria, Il Veltro, Libri e riviste d’Italia, La Vallisa, Capoverso, Lettere Meridiane, Quaderni di Rassegna Sindacale e Medicina dei Lavoratori (editi dalla CGIL). Ha pubblicato Terre al bivio; Frontiera di maschere; (con pref. di Saverio Vollaro) in successione: Caro Enigma, A colloquio con il padre, La memoria profonda, Da Emmaus le parole, Morte ad Halabja, Gli angeli del Bonamico, La Poesia nella Scuola (incontro con l’autore), L’ombra dei gigli infranti, Nei vivai di Dio. Ha vinto dieci primi premi di poesia e quattro di giornalismo. Di recente (a cura di Coppola) esce La luce trasgressiva e, successivamente, Voci contro nella poesia contemporanea italiana e straniera. Ha fondato ed è direttore responsabile de I fiori del male prima “foglio di poesia” poi Quaderno quadrimestrale di Poesia Cultura letteraria e Arte. Gli sono state dedicate due monografie di approfondimento alla sua opera poetica, la prima di Maria Grazia Lenisa, l’altra, più recente, da Francesco Dell’Apa. Ha scritto saggi su autori italiani e stranieri. Della sua poesia si sono interessati: Gatto, Sinisgalli, Barberi Squarotti, Petrucciani, Ulivi, Grisi, Vallone, Matz, Machiedo, Mauro, Frattarolo, Manacorda.

 

 

 

 

 

Amare La Terra

Ancora più vicino il paradiso

voglio toccarlo nel suo essere

tra cielo e angeli, nella corsa o nel declino.

Amare la terra più del paradiso

è quello che mi sono prefisso

ora che i venti incrociano il mare in festa.

Voglio vederlo il paradiso per filmare

la polvere dal pendio dell’abisso.

Oh luoghi ameni di passi e meraviglie,

diverso era l’istante dove alte volano

le aquile a contatto con l’Iddio.

Cerco l’intangibile, la breve salvezza

O Mater itineris degli eterni silenzi.

 

Dove stai, in quale festa di angeli,

isolata nell’infinito? Tutto è luce, ti mostravi

sul leccio “mi dicesti: vengo dalla morte

quella morte non conclusa”, il paradiso

è il cielo dove vivo ora. Qual’erano i progetti,

la torre, le magnolie? Il paradiso non è

la semplice impalcatura dove abita la mente

ma il transito di quello che riusciamo a ricordare.

Guardami o Madre: risorgeranno i nostri morti?

In questo andare fuorimano tra rifiuti

di lamiere, per simmetrie di giorni dove

s’impazzisce e si brucia, quale oscuro presagio

m’attende dalla Terra inospitale?

 

 

 

L’amore è morto

 

L’amore è morto, steso come lenzuolo

dovunque va a morire non c’è posto

è caduto da uccello di passo, strangolato

a sangue freddo, proditoriamente.

L’amore è morto: in ogni istante i caprioli

hanno la morte sotto gli zoccoli;

non rovistate i nidi nascosti dagli alberi,

il sapore della vita appena nata.

 

L’amore è morto nelle mani, nei baci,

nel profilo di nebbia del tuo viso.

L’amore è morto ai poeti che impugnano

chitarre e cantano nenie al vento.

 

L’amore è morto ovunque andiamo

a cercare il sale di un oceano morto.

Chi ha ucciso l’amore, io sogni, mio Dio

di pace e solingo. L’amore è dunque insalvabile?

 

L’amore è morto per un istante eterno

così la prima volta Ahrs mi parlò: “l’amore

è la mia adolescenza che biancheggia remota

che passa da fremito in fremito fra i rami”.

 

L’amore è morto, è un rombo lontano,

sei tu quello che sanguina come icore

degli dèi che cola dalle crepe della Terra?

 

 

 

 

 

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3 agosto 2014 7 03 /08 /agosto /2014 20:52

di Ninnj Di Stefano Busà

 

Il bisogno di “intimità” insito in ciascuna coppia

Alcune riflessioni sulla psicologia dei rapporti uomo-donna  

 

La parola “intimità” non si esprime solamente col corpo e non prelude necessariamente a un comportamento sessuale. Vi sono impliciti tanti segnali di coppia, di relazioni, di segreti condivisi, di complicità, di sentimenti e di tenerezze che prolungano l’intimità, la manifestano su un piano alto di rapporti interpersonali, di condivisione, ponendola sul terreno di un grande incontro sentimentale con l’altro.

Il nostro “essere” ha un grande bisogno di intimità, ma allo stesso tempo non è sempre in grado di convogliarla nella maniera giusta e nella forma che gli dà soddisfazione spirituale. L’intimità di relazione altro non è che l’aderenza di noi stessi a un “corpus” in cui proiettarsi, dialogare con la parte più intima e profonda soprattutto della nostra spiritualità. Dal momento in cui cerchiamo di entrare in contatto con la vita segreta o interiore di un altro essere umano, noi apriamo una porta che ci fa scorgere un mondo da attraversare, con tutta una gamma di sentimenti da identificare, da privilegiare, da comprendere e assecondare, perché in intimità non si entra da soli…

Si deve necessariamente essere in due per provare le sensazioni di una concordanza affettivo-sentimentale, entro la quale è necessario mettere in gioco tutta la nostra aspettativa, che si consolida mano a mano che si entra sempre più in intimità con “l’altro/l’altra” e si manifesta in una dimensione di largo respiro, in una misura che ci fa sentire privilegiati in quel determinato rapporto, oppure alieni, estranei a noi stessi, prima ancora che a “lui”/“lei”, per il motivo che non ci sentiamo perfettamente a nostro agio. È fuor di dubbio che vi sia una differenziazione sostanziale alla base dell’intimità fra l’uomo e la donna nel momento di relazionarsi. Una visione contrastante, di solito totalmente passionale e fisica per l’uno, quanto emotivo-sentimentale con un’importante sfera affettivo-sessuale nell’altra.

Le due entità entrano in collisione se vi è troppa disparità di vedute, di educazione, di cultura, di mentalità e – perché no? – anche di sensualità, di emozioni. Spesso le coppie vanno in crisi perché non sanno gestire ed equilibrare le forze che sono all’interno di una relazione intima. Vanno in crisi perché alla base del rapporto vige imperante per “lui” la prerogativa di rapportarsi al corpo, in una dominanza fisica di forte impatto, mentre per “lei” al fattore sessuale fisico umorale e passionale è preferibile una più morbida e accattivante intimità affettiva, un dialogo interno, che la faccia sentire meno sola. Entrambe le necessità preludono poi al rapporto di coppia, che deve sfociare in una visione d’insieme che si compia in modo gratificante per entrambi.

È necessario allora essere elastici e assecondare la naturalità di entrambe le posizioni per compiere un atto condivisibile che porti il corpo e la mente a completare il giro d’orizzonte che li unirà in uno stretto legame di condivisione e di segreti, di complicità e di gioie possibili. Infatti bisogna conquistare giorno per giorno questi spazi ed entrarvi con le modalità che sono più adatte a stabilire un rapporto di coppia armonico. Spesso si creano malintesi sulle aspettative di intimità. L’intimità in sé implica una personalizzazione, un risvolto di premesse e di incognite che non utilizzino mai il privilegio di entrare in intimità per fini che sono estranei al rapporto di coppia. Vi sono interessi spiccioli, sentimenti di rancore, di astio, magari soffocati, forse sedati solo momentaneamente.

L’intimità, tuttavia, rinvia sempre a qualcosa di interiore, di “mentale” e non può rimanere isolata dal contesto. Erroneamente si crede che l’intimità subentri quando finisce la passione. Invece pare sia esattamente il contrario. Alcuni studi di psicanalisi sulle coppie hanno dimostrato che sono più felici e armonizzate le coppie che dialogano, che si fanno le coccole, che si misurano col lato più estroso e meno intransigente della loro passione: il corpo viene dopo. Risulta spontaneo e più sodale un rapporto che si crea e si riformula alla luce di una intimità che non mette al primo posto solo la corporeità dell’atto sessuale. 

Ci pare che oggi, in un mondo che sembra andare alla deriva, in mezzo al caos e alle temperie di una vita quotidiana difficile e implicativamente estranea al rapporto a due, vi sia più gente che inizia a capire che il corpo è fonte naturale di equilibri solo se rapportato a tutto il resto, ovvero alla poesia dell’intimità, che accresce la speranza e la condizione di vivere serenamente e con armonia un rapporto di coppia meno stringente, meno subìto e non squilibrato, né condizionato da fattori estranei all’amore.

 

 

 

 

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3 agosto 2014 7 03 /08 /agosto /2014 14:44

Soltanto una vita

di Ninnj Di Stefano Busà

Kairos Edizioni, Napoli, 2014

ISBN: 9788898029808

Pagine: 228

Costo: 14 €

 

Recensione di Lorenzo Spurio

 

Un messaggio di rigogliosa apertura mentale e di speranza è quello che fuoriesce dalla nuova fatica letteraria di Ninnj Di Stefano Busà, celebre poetessa che vanta di un curriculum letterario di tutto rispetto. La poetessa ha deciso di dedicarsi stavolta alla narrativa e lo ha fatto con grande padronanza stilistica e concettuale tanto che Soltanto una vita, questo il titolo del romanzo edito quest’anno da Kairos, può a ragione essere collocato in quel filone del romanzo tradizionalista che ha dominato per decenni la letteratura nostrana del Dopoguerra. Inutile dirlo, si avverte di continuo il tono lirico e appassionato, il coinvolgimento della scrittrice che narra, più che la consequenzialità dei nuclei d’azione, l’approfondimento dei caratteri e la resa dei relativi universi sensoriali e sentimentali. Un romanzo che copre un periodo di tempo abbastanza esteso e, proprio in ragione di questo, viene ad analizzare non tanto un personaggio calato nella sua dimensione sociale, lavorativa e affettiva, ma un’intera famiglia: come essa nasce dall’incontro accidentale immerso in uno scenario apocalittico di Julie e George, alla nascita della loro figlia che, poi, crescendo, darà origine a una sua famiglia.

Come si diceva, è il sentimento a dominare, l’esigenza di riscoprire la genuinità delle piccole cose, il ricorso necessario al colloquio, al confronto (ci sono molte parti dialogiche nel romanzo), l’intoccabile rispetto dell’altro, la fede in se stessi, la forza di volontà e il desiderio di accogliere l’esistenza come il bene più prezioso che va gioito, incarnato con ardore senza lasciarsi ammorbare dal buio che, pure, esiste.

La struttura del romanzo mi fa pensare a quei famosi “ribaltamenti di fortuna” dell’epica germanica (e poi anche delle fiabe grimmiane) dove a un periodo di tranquillità e felicità (l’incontro di Julie e George e il loro matrimonio) segue un evento infausto che obbliga le persone a rivedere la loro vita, a confessarsi con il Creato e il Creatore e a solidarizzare con la malattia (il tumore di Julie) o a soprassedere a una mancanza (la morte del primo bambino di Julie). E’ la forza di coraggio, l’amore, quel nutrimento fondamentale e necessario che va nutrito e coltivato e non lasciato stemperare nel tempo o lasciato ammorbare dalla tragedia a permettere di volta in volta quella risalita (a volte lenta e difficoltosa) che permetta un nuovo rinascimento. L’amore ne fuoriesce ancora più forte e la famiglia ancor più rinsaldata.

Non mancano in questo itinerario generazionale che la scrittrice ci fa fare, momenti di vera e propria devianza psichica e sociale che la scrittrice tratta con puntigliosa attenzione: dallo schizofrenico e pericoloso ragazzo di Julie all’apertura del romanzo, alla gelosa e caparbia prima moglie di George, personaggi che, pur localizzandosi in un prima temporale della coppia Julie-George lasciano di certo nei singoli personaggi una certa insoddisfazione e incredulità, addirittura una dilemma scoraggiante come è per George che dovrà, dopo anni e anni in cui la meschinità della ex compagna non ha conosciuto mai un addolcimento, riconquistare la fiducia del figlio allontanatogli mediante stratagemmi infami e che di certo hanno causato dolore anche al ragazzo.

La vita è fatta di luce ed ombre sembra dirci la scrittrice, ossia di piacere e dolore, di entusiasmo e scoraggiamento, di felicità e tragedia, ma sta all’uomo sapersi rialzare proprio grazie al suo spirito vitale improntato alla scoperta e alla conservazione del bene e al rigetto del vittimismo, dell’incupimento e della noia. Non sempre è facile, chiaramente ed è pure giusto osservare che non sempre una malattia può essere vinta riportando la famiglia alla sua serenità caratteristica prima della diagnosi, ma il messaggio di Ninnj Di Stefano Busà va oltre, analizzando con uno spessore psicologico impressionante cosa accade nei rapporti interpersonali quando subentra la minaccia, la sofferenza per la malattia, il timore di un lutto. A tutto ciò si contrappone un messaggio di speranza e di fede in sé stessi (che non necessariamente implica una fede anche in Dio anche se, come chiosa la scrittrice in chiusura, è bene non lasciarsi invischiare da pensieri ineluttabili quali il fatalismo anima).

Gli scenari esotici descritti con meticolosità tanto nella loro componente paesaggistica e silvestre quanto nelle loro caratterizzazioni climatiche, rendono questa narrazione ulteriormente speziata permettendo al lettore di non fossilizzarsi e attaccarsi mai troppo agli eventi contingenti quali può essere una vita consuetudinaria vissuta nella quotidianità della propria dimora, e di farlo spaziare, mettere in gioco, inaugurare una nuova dimora, viaggiare, farlo domandare e osservarlo da vicino come se fosse poi davvero un nostro parente con il quale soffriamo e gioiamo a seconda degli intervalli umorali che sono propri di quella esperienza sul mondo che la scrittrice condensa in quel “soltanto una vita” che poi, per ritornare alla vena poetica della Nostra, non è che un azzeccato ossimoro con il quale giocosamente e lucidamente ci consegna delle pagine di indubbia caratura letteraria e valore morale: “Viviamo l’amore! Non abbiamo molte vite, ce ne resta solo una, ed è molto breve!” (64).

 

                                                                                    Lorenzo Spurio

 

Jesi, 03.08.2014

 

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2 agosto 2014 6 02 /08 /agosto /2014 17:17

 

a cura di Ninnj Di Stefano Busà

 

 

Umberto Vicaretti, laureato in filosofia, nato nel 1943 a Luco de Marsi (AQ )dove è direttore didattico dell'Istituto comprensivo e Scuola media "Ignazio Silone". Scrive versi fin dal liceo. Discreto e riservato. Solo da qualche anno partecipa a concorsi di poesia, dove ha conseguito  molteplici e prestigiosi riconosciment. Ricordiamo: "S. Domenichino"; "Firenze Europa­Mario Conti"; "Pietro Borgognoni"; "Il Litorale"; "Aeclanum"; "Cinque Terre", " Guido Gozzano, etc. 
Presente nelle rassegne della collana "L'altro Novecento": La poesia etico-civile in Italia(Bastogi, 1997); La poesia centro-meridionnle e insulare (Bastogi, 1999), curate da Vittoriano Esposito;è presente nel prestigioso Documento Storico realizzato e curato da Ninnj Di Stefano Busà e Antonio Spagnuolo: L'Evoluzione delle forme poetiche (Kairos, 2013).

 

 

 


Tenacemente avvinto al girasole                           


 

         


 

Fu il torchio a dare al nettare misura
e il gusto dolceamaro
dei giorni consumati. 
Ecco perché
scordai quasi del tutto le conchiglie,
i papaveri l’erba il novilunio,
ma non potei scordare la partenza
per lontane stazioni di mio padre
(per gioco non rispose al mio saluto),
né il ritorno dai campi di mia madre,
stremata di fatica e di coraggio.

 
Lo so che pure il petalo (e perfino
l’oro del grano) ha vuoti di memoria;
ma Isacco non potrà dimenticare
il suo martirio, che non fu promessa
di supplizio, ma il Dio lungamente
indifferente alla sua pena.
                                             Ed io,
ostaggio consegnato al nuovo giorno,
anch’io, tradito, sconto la mia croce,
tenacemente avvinto al girasole,
e invano aspetto il polline nel vento
che insemini i miei grani d’utopia.

 
Già incombe un’altra notte,
con le rotte insensate della luna
e stelle intente all’ultima impostura.
Domani corpi accatastati e inerti
intralceranno il solito week-end.

 
Ci chiama l’alba a recitare un altro
assurdo e insano gioco delle parti.

 

 

 

 

                 

Uccello migratore perso al vento


 

La notte distilla silenzi e attese,
a guado, inquiete, tornano memorie.
Sul quadrante dell’orologio a muro
lente salpano le ore verso l’alba,
naufraghe al sogno di cobalto e luce.

 
Qui, tra pareti assorte e stupefatte,
come il ragno immemore e tenace
anch’io fallaci reti tendo ai sogni
e aspetto. 
                  Disdicono le farfalle
gli abbracci che promisero ai rosai,  
e inesorabilmente il tempo sfalda
certezze e accordi, calici corrompe.
Il giorno sarà sangue e lunghi artigli,
luce decomposta, disarmonia
che lacera presepi e redenzioni.

 
Ahi! fiumi, messaggeri della Terra,
dov’è ora l’Eden, e perché scolora
l’azzurro delle vostre vene in minio?
Bruciano le città del mondo e alti
crepitano fuochi e ampolle d’odio.

 
Già s’invera il presagio della notte
ed io ritrovo intatta la mia pena,
uccello migratore perso al vento,
straniero ai cieli ed alle rotte amiche.
Invano cerco approdi oltre le nebbie
e ignoti e incerti séguito orizzonti.

 
Confusamente stretto alla mia resa,
smarriti viaggiatori insieme andiamo.
E non sappiamo,
         non sappiamo dove.


 


 

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