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22 marzo 2011 2 22 /03 /marzo /2011 18:34

di Ninnj Di Stefano Busà

 

Un tomo corposo e compatto che mette in evidenza i tratti più salienti di un far poesia da una vita, quello che qui si va ad indagare. Un libro quello di Alberta Bigagli che stimola la lettura e si può considerare lontano dalle avanguardie e vicinissimo al sistema letterario di un modello moderno con ampie apertura verso un surreale in cui si compendia e si condensa tutto il lirismo di questa poetica.

Il vulume, va subito detto, presenta l'iter poetico di Alberta: un dribbling inventato ma non del tutto ermetico, che espone un modello linguistico di qualità nel denso e non sempre dichiarativo complesso letterario, un nucleo ispirativo denso e sagace, costruito intorno ad un patrimonio intellettivo d'illuminata saggezza e fruibilità.

La poesia attraversa il suo mondo dove il segno e le cicatrici prodotte dal tempo lasciano sul campo memorie e brandelli: " i millenni non hanno cancellato/ il riparo del portico in caso di pioggia/ né l'aula grande del raduboi dove/ fece comparsa la malinconia di un crocefisso/ messo nel centro e sollevato in alto./ Ma io so che devo morire. / Solo si consumano i tempi/ perché vado inseguendo con difficoltà/ il senso esplicito di una parola/ cangiante da eternità a infinito e viceversa". Ho voluto tradurre per intero il brano di questa poesia per penetrarne il nocciolo, il cui compendio fa capo a rarefatte parole che si vestono di garbo e di riferimenti, i quali ben sanno interpretare il sigillo e il linguaggio espressivi di una meditazione visionaria solo in apparenza, perché nella realtà si coniuga ad una sorta di unità tematica dell'intera raccolta. Alberta Bigagli estrinseca moduli linguistici suoi propri nel decifrare la "morte" come vicinissima alla parola "ultima" magari referente al nostro bisogno di Dio e di verità.

Una parola lungimirante che ha in sé il dono dell'attesa, dell'amore per il prossimo, dell'accoglienza dell'altro o dell'altrui; esibisce un punto di contatto tra la celebrazione della vita e il suo contrario, sceglie tra il detto e il non detto, quella verità "oltre" che coglie la profondità unica e indivisibile dell'essere.

Sicché quando le emozioni sono nostre, riusciamo a percepire anche il lato oscuro della vita, il suo compiersi, la sua estrema glaciazione che cogliamo in extremis e che ci orienta verso un trascendente della verità più profonda dell'esistere.

In questa raccolta (che ripetiamo è un compendio dell'intera produzione della Bigagli), vanno sottolineati: la compattezza analogica, la valenza dell'impegno espresso, l'estrema varietà dei metodi e dei risultati. Carlo Betocchi, a suo tempo, ha messo in evidenza i pregi di questa poetica, richiamandone l'attenzione sui moduli poetici che vanno ad intrecciarsi ad un modus prosastico di grande compiutezza e fruibilità. L'opera prima infatti prefata dall'autorevole e compianto Betocchi metteva in risalto taluni aspetti che hanno finito per determinare l'intera attività dell'autrice, il suo lungo itinerario compatto e solido si è avvalso sempre di una creatività tematica che è rimasta immutata e indiscussa. La sua biografia è stata un susseguirsi di rappresentazioni che sono andate via via avvicinandosi ai Canti Orfici di Campana. La lettura dei versi di Alberta Binagli offre sempre una strutturazione atta a recuperare l' -amore-  quella coscienza di sé che manifesta o non, assolve il sentimento della vita in maniera superiore.

La maturità è d'obbligo pertanto in un verso che evidenzia l'emozione di un sentimento così forte, ma che pure, ne ha ipotizzato qualche azzardo. Per il resto è sempre una poesia ferma ai suoi fondamentali criteri formali, una poesia fedele alle regole, pronta a captare i conflitti e le pacificazioni dell'animo umano, la brace dei fuochi fatui e di quelli divampanti, recuperare l'amore come fattore integrante di riconciliazione e di consapevolezza, che sa dare e imprimere sentimenti e suggestioni potenti, vibranti di messaggi e di doni come questo suo: " Eppure è morte. E' accoglimento/ nella futira dilatazione. / Io la nomino Grande Memoria/ e vi entrerò cantando a note alte/ all'apparenza solamente muta." (da: Ascoltando poeti giovani, pag260)

L'esistente in Alberta Bigagli appare come il vestito sul corpo, del tutto trascurabile la forma, l'apparenza, il taglio: quel che conta è in interiore, e di tale ampiezza il risultato, che stimola gli elementi decorativi ed estetici dell'intera esistenza, ne fa vibrare il mondo, senza vanificarne la creatura feconda che è in ciascuno di noi.

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