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6 maggio 2011 5 06 /05 /maggio /2011 08:40

di Ninnj Di Stefano Busà

 

"Su il sipario" è un titolo che si attaglia bene al Teatro umano, al modello esistenziale di un'esplorazione mai passiva, mai pavida, dimessa o insicura. Vi è forza in questa poetica, una forza semplice e schietta, quasi primordiale e naturale, che fa da sfondo ad un sistema di specchi rifrangenti, tra l'io e il suo non essere, tra la realtà e il sogno, tra la vita e la morte.

Percorrere fino in fondo il mistero dell'esistente vuol dire donarsi a se stessi, alle proprie facoltà introspettive, ai pensieri che germogliano dal cuore e dalla mente in gioiose aspettative, ma anche in ansiose e deludenti contraddizioni, delusioni, perché la vita ci riserva spesso un destino amaro, quasi avversando ogni nostra più gioiosa attesa, ogni nostro barlume di felicità. percezioni o suggestioni, emozioni e sentimenti ci sorprendono in un ritmo incalzante, quasi da tragedia greca.

Perciò, "Su il sipario" mi sembra il più indicativo di un travaglio umano che trova la percorrenza sui binari del dubbio, dell'inesplicabile, dell'irrangiungibile. L'uomo spesso, pur sapendo che sulla sua strada troverà molti ostacoli, vuole cimentarsi nel superamento di essi. una sfida a contrastare l'incognito, il non detto, il profano e tutta la vasta gamma dei suoi punti di contraddizioni, di paradossi. di nequizie che ogni azione umana porta con sé.

La vita è una lotta! Val la pena prendere spunto da alcune precise e puntuali parole di Oliver Wendell Holmes jr: "La vita è come dipingere un quadro, non come tirare una somma." Parole concise che ben si adattano al palcoscenico dell'esistenza.

Per individuare il filone da cui si snoda e prende origine la scrittura della Iannantuoni; intendo "scrittura" come accezione più generalizzata e non solo di poesia, poiché essa ingloba entrambe: poesia e narrativa in un poderoso e immaginifico filo conduttore che tira le somme di questo scrivere. Una poetica scarna e matura, senza orpelli, concretamente originata  da una vena ispirativa che ascolta le voci dell'anima.

L'autrice sa che la vita di ogni individuo coglie le due estremità del percorso vitale e v'innesta tutto ciò che secondo una finalità logica è da addebitare alla vita stessa, alla sua fatica di viverla, subordinarla, attraversarla con la corazza di un'inesauribile "volontà" di farcela,  riscattarla onorevolmente, pur se permane un progetto  -pro tempore - che non esclude mai il malessere, il disagio, la pena, il tormento, la sofferenza, tutte forze negative che possono essere mitigate con le risorse indefettibili del cuore, con la speranza e il coraggio di combattere, mai di sottomettersi al male. Un concetto mai avulso dalla Iannantuoni che interferisce come in una  "piece" di teatro, una recitazione dal vivo, direi quasi dal fondo di un contraddittorio che bisogna accettare come destino umano, ma tentando di derimerlo, di ammorbidirlo, come transito necessario tra "un inizio e una fine" pag.103, pag. 82. Bellissimo ad es. questo frammento-epigrafe pag.29

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