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26 novembre 2010 5 26 /11 /novembre /2010 11:18

di Enza Sanna

 

Dopo "L'Assoluto Perfetto" un'altra forte prova di questa intensa e appassionata scrittrice dal linguaggio fortemente icastico, di potente evidenza rappresentativa nella ricchezza delle immagini, prive di ogni forma esornativa, ma tese piuttosto alla ricerca del segno verbale più denso di comunicativa. Anche in quest'opera di forte sensibilità lirica affinata dalla sofferenza del vivere, si coglie una potente nostalgia d'eterno, una fortissima percezione d'infinito, quando l'amarezza, la delusione per le povere cose del mondo annebbiano l'orizzonte e ostacolano i più alti aneliti dell'anima, nonostante la difficoltà di appartenere al cielo, che "non ci appartiene", pur nell'ostinazione di appartenervi/ad ogni costo" (Insostenibile distanza pag.14). Se è "impossibile possedere il cielo/ nell'unico tempo che abbiamo" (Viburno pag: 22) emerge la lucida coscienza della impenetrabilità del mistero che ci avvolge, "l'indecifrabile" che " ti sopravvive accanto senza conforto di stelle" (pag.15).

Meditazione profonda e sofferta che assume talora la connotazione di una confessione silenziosa che, pur senza approdi sicuri, ripercorre le vie infinite della ricerca di Dio e del senso del Tutto: " E tutto par nato dal piccolo giglio/ solitario ai pidi di una Croce" (L'Amore, pag.30).

L'Amore appunto. sentito e vissuto come unica possibilità di riscatto, come positività nel nonsenso della condizione umana, che è e rimane mistero a ciascuno: "Solo l'amore ci fa ricchi...come brezza all'alato la sua luce" (Il gioco resta gioco pag. 32). Nella stessa direttiva si pone il problema escatologico, il mistero della vita e della morte, quella cesura dolorosa e ignota che fa dire alla scrittrice. "il fossato che separa/ i vivi e i morti, pari a due rive esangui/ che non s'incontrano" (Un'altra storia, pag. 28.

E dunque è "sempre più silenzio alla tua riva/ pure se il cielo è a un passo/ e la ferita mai rimaginata" (Alla madre, pag55).

Ma "il traguardo è lì, / dove periscono tutte le cose/ Avverrà lì la metamorfosi" (Oltre quell0ora, pag. 64).

Perché "la vita è un transito di nuvole un po' redente, un po' svanite/ come nella memoria l'eternità dell'addio" (Il calice d'assenzio, p.80). Approdo sicuro di salvezza offre però la poesia a illuminare il buio del cammino quotidiano:

"Poeta t'inventasti la vita/ dall'impasto verbale del suo nulla,/ fosti per tutti l'infinito barlume/ della luce che tocca il mondo" (Poeta, p.53) e che non a caso, dà titolo all'intera silloge. Nell'originale tecnica compositiva emana dalla parola poetica una ricchezza tematica di natura fortemente introspettiva, connotata da una dolente compartecipazione al dramma esistenziale. E' nello scorrere dei versi un'esigenza di chiarezza che affonda nel coacervo di dolori che segnano la vicenda umana, per chiarire a sé e agli altri il mistero che tutto circonda. Pensiero talora non facile da cogliere nella sua interezza, nella trama sottile, in ogni sua minima sfumatura, ma certo coinvolgente. Efficacia e lo spessore di ciascuna cmposizione di questa raccolta unitaria e compatta pur nella divisione delle parti, inducono il lettore alla riflessione, alla meditazione, a porsi domande. E nell'inquietudine del mondo contemporaneo, nel materialismo dilagante, in tempo di omologazione questa è lirica che induce a rivalutare il mondo dello spirito con umiltà, e potremmo dire anche in un viaggio di Fede accessibile a tutti.

Mi piace pertanto concludere questo breve commento con la forte invocazione della Storia: "Signore, Fratello di Misericordia,/ angelo caduto sugli altari/ per un pugno di nequizie./ Le Tue piaghe tendevi/ al privilgio dell'Immensità, /alla perfezione della Resurrezione./ Mentre il cielo inceneriva/ i gigli del Tuo cuore,/ Tu perdonavi le iene dal peccato./ Ora è assenzio dei credenti la croce./ Si dilava il gemito del vento,/ nella sapienza della Trasfigurazione" (Fratello di Misericordia, p.83).    (Enza Sanna)

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