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7 marzo 2009 6 07 /03 /marzo /2009 17:27
di (Ninnj Di Stefano Busà)

La poesia di Lucio Pisani:lucida, coesa, marcatamente classica con quel quid di modernità che lo evidenzia come un acclarato modello verbale di ottimo livello, si delinea in tutta la sua ampiezza in questa sua ultima raccolta: De Senectude et ultra, la quale risuona di un'impronta testimoniale rappresentativa dell'atmosfera riflessiva sul tema:"del testardo anelito che inventa/ un labile futuro nel passato,/ solo un respiro che trasformi il rantolo/ in un'ansia di cielo che blandisce/ l'estrema velleità del "nulla eterno". (Il falso appuntamento).
Il libro appare come un pacato memoriale che, pur rievocando lusinghe e struggenze del passato, si avvia sul viale del tramonto in rapsodie di pudore, in dissolvenze di immagini e figure.Trattasi, a mio parere, di una presa di coscienza, un'accettazione senza smarrimenti, una calma e serena memoria ne derime tutto il repertorio dell'esistente, senza indugiare troppo in claustrofobie, episodi d'intolleranza senili che, comunemente, racchiudono i falsi ori dell'essere con l'afflizione che si addice a chi sta per perderli.
Non sono accenti di turbamento, ma vigorose sorsate di luce quelle cui Pisani aspira:"anche la memoria come l'occhio/ accoglie dissolvenze senza arresto./A ben pensarci, anch il fiore reciso, ad ornamento/ nel vaso di cristallo, è un fiore morto:/ ne evochi il profumo/ il colore che stenua, ma la vita/ è solo un ricordo che ci illude."(Dissolvenze)
Un grande libro, questo di Pisani, un consuntivo che del suo itinerario esistenziale va delineando tutta la saggezza, la filosofia, la dovizia dei particolari, senza quella febbre smaniosa che, non di rado, prende alla gola la vecchiaia e che insorge, si leva indignata e offesa dinanzi al delinearsi di Tenebra.
In questa raccolta vi ho trovato empatia, distacco misurato, non estraneo all'indicibile suggello, che pure chiude ogni anelito in previsione dell'ipotetico aldilà.
Si capta, invece,un che di accettazione calma, mentre: "S'avverte un che di estremo:/voci remote un senso capovolto/ dipassato in presente/.../e sei di qua, memoria,come un'eco/ liberata agli spazi di un abisso/ non più storia soltanto/.../ (Con me stesso). Vi sono accenti acuti di nostalgia, un imperturbabile rimpianto per quello che è stato, ma il tutto è affrontato con evidente capacità di rapportarsi alla chiusura del cerchio dentro un'ansia metafisica di sommessa quiescenza dagli affanni,dai tormenti, dalle conflittualità che la vita quotidianamente ci presenta, è vista in funzione di scansione reale. Per il poeta pare che alternativa alla vecchiezza sia non "rifiutare ogni forma d'amore".
In queste pagine vi è una straordinaria dovizia di metafore, di aperture, di ricchezza  di simboli, assonanze che ricorrono continuamente alla luce, per essere illuminati da un riflesso che li rende vivi e lucenti.
Una sorta di revival gli suggerisce l'arditezza delle riflessioni, gli mostra l'analogia fra il prima e il dopo:" "L'obligua nostalgia dell'esistenza/ che come un'onda tenera lambisce/ il provvisorio approdo della sponda/ e lentamente poi se ne ritrae."
Non è spalancata alla sua perdita stringente e ossessiva la dicotomia dell'assenza, dei recuperi memoriali:la sensazione del tempo che scorre e va, senza più affanno, scivola quasi, per accenni, fra le dita, si dilata e si contrae per enigmi, in relazione agli stati d'animo, alle temperie dela vita che si dileguano.
C'è da chiedersi se, trattasi di impressioni dichiarative, quasi testimoniali o di esperienze che, come lui afferma, la "testarda insipienza" va fomentando.
Lo scorrimento lungo l'arco temporale del proprio vissuto è per tutti di forte concentrazione emotiva.
L'ultimo scorcio di vita, soprattutto, ci fa divenire saggi, ci regala quel distacco un po' virile, un po' necessario, ad istruire nel pensiero una prova di sentenziosità, particolarmente rappresentativa di quelle che sono le situazioni reali, attraversate da atmosfere, emozioni, suggestioni, luoghi ed elementi che ne ravvisino il transito successivo, o come diremmo noi, -il varco-
Mi pare di poter affermare che la distanza che Lucio Pisani mette fra sé e il mondo e fra sè e l'aldilà riservi arditezza e assoluta trascorrenza delle ragioni consolatorie.
Trattasi, qui, di rappresentazione della forza spirituale che deve governare e rassiurare le memorie del tempo perduto, e farne episodi di coscienza, riferimenti di autoconsapevolezza, giammai di desolante abbandono o sfinimento.
Il poeta indulge in quel moto di nostalgia di fondo che è inevitabile in ciascuno, ma reagisce come può, al velo di nebbia che ottunde, alla ragna luce che si defila, e ci fa ombre fra le ombre, paesaggi demidiati in pallida dissolvenza.
Esplicativa appare questo testo:
"Eppure nell'aria,/ come vapore d'incenso/o il senso di una liturgia/ non espressa/ fluttua e si sperde/ un non so che di bene/ oltre i corrotti miasmi della fine./ E' questo il divenire/ (basta solo cercarlo)/ che va oltre l'evento:/ il vento raro che appena s'indovina/ quando non l'aria spira tra le foglie/ e il respiro di vita si fa cielo"
Una pacata mitezza fa da sfondo al greve, assilante frastuono del mondo, in cui si perde la consistenza dell'avere per perseguire la verità dell'essere, circoscrivendo il principio della fine ad una mera destinazione senza turbamento. 
Una fine temporanea, però,oseremo dire, una chiusura del cerchio di carattere fisico/matrico, perché il viaggio prevede ulteriori tappe, approdi, e l'esigenza di creare in noi le forze moderatrici della pietas, del perdono e di tutte le condizioni etico/metafisiche atte al transito.
Per Lucio Pisani non è vera frattura, vera morte, finché non si profila l'impatto col - disamore-, quello ci disorienta, ci estingue le risorse dello spirito, dell'amore, degli affetti; ed ecco il ricordo vivido del padre, la comunione col fratello, la contiguità coi morti..."Delle donne che amai/resta il giallo ricordo/ d'un cappello di paglia a nido d'ape/ o un intrico di mani a esorcizzare/il prossimo distacco."( la vita per accenni)
Infine vi sono :la confluenza con l'eterno, il dilemma dell'Oltre, l'enigma del silenzio metafisico a mordere la ricerca religiosa:" un ultimo filo mi tiene/ come tra sonno e veglia/ in attesa di ciç che mai/ saprai cosa sia."(Dal ponte). Lucio Pisani è in grado, con questa sua opera, di passare alla pagina della Storia Letteraria con un consuntivo di tutto rispetto.
Disincantata modernità lessicale, senza iperboli strumentali o sperimentali, simbolismi senza deformazioni cerebralistiche, analogie chiare e limpide, dentro l'alveo di una cultura umanistica che lo contraddistingue, sono in grado di dare il meglio di sé con interpretazioni personali che portano ad esiti felicemente risolti.
                                   Ninnj Di Stefano Busà 
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